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Coia e il degrado del mercatino della Befana

Nathalie Naim

Il comune ha reputato opportuno togliere la competenza dell’organizzazione della tradizionale festa al primo municipio, facendola propria. Un regalo ai soliti bancarellari

Nel nuovo regolamento per il commercio proposto dal consigliere Andrea Coia (M5s) il comune ha reputato opportuno togliere la competenza nell’organizzazione della tradizionale festa della befana al primo municipio, facendola propria. Il Campidoglio ha giustificato questa decisione sostenendo che la festa, in questo modo, sarebbe migliorata e addirittura sarebbe completamente cambiata. E invece adesso scopriamo che la festa è ben poco cambiata. Basta infatti scorrere i fogli con le graduatorie appena pubblicate relative ai nomi degli aggiudicatari dei banchi commerciali per scoprire che questi vincitori sono sempre gli stessi. Sempre gli stessi di prima, sempre le stesse persone, molti dei quali appartenenti alla cosiddetta “famiglia” (allargata) dei Tredicine, già possessori di centinaia di bancarelle, camion bar, caldarrostari, etc etc…

 

Questa infausta e per certi versi scandalosa evenienza era del tutto prevedibile, poiché nell’assegnazione delle bancarelle è stato utilizzato il criterio preferenziale dell’anzianità: chi ha il banco da più tempo ha più diritto a riaverlo. Un sistema che in tutta evidenza aggira lo spirito della direttiva Bolkestein, direttiva europea che prescrive la rimessa a gara per la concessione degli spazi pubblici secondo un criterio di interesse pubblico e senza nessun vantaggio per chi già aveva un banco.

 

L’aggiramento della direttiva Bolkestein è stato reso possibile, anche a Roma, per via di una perniciosa intesa stilata nel 2012 tra lo stato e le regioni sui criteri in base ai quali fare i bandi. Un’intesa che contrasta con la legge nazionale e con quella europea, in evidente violazione della gerarchia delle fonti giuridiche. L’autorità per la libera concorrenza l’anno scorso aveva infatti già stigmatizzato il contenuto dell’intesa applicato da alcuni comuni facendo così annullare i bandi. E insomma, il comune di Roma ha così potuto fare lo slalom sulla legge nazionale e su quella europea ottenendo il risultato – a differenza di quanto dichiarato – di riassegnare i banchi agli stessi soggetti privati che li detenevano in precedenza (e per quasi dieci anni!).

 

Inoltre, come nel vecchio bando del 2002, quest’anno non è stato imposto ai vincitori del bando il preventivo obbligo di allestire a Piazza Navona il cosiddetto “banco tipo”, ovvero un banco uguale a tutti gli operatori e corrispondente a criteri di decoro approvati dalla Soprintendenza come invece era stato previsto dal I municipio lo scorso anno. Nel 2016 le postazioni erano state dimezzate e i banchi erano tutti uguali e approvati dalla Soprintendenza.

 

Ci sono dunque, purtroppo, g a caratterizzare la manifestazione. Ma la nostra sconfortata considerazione si può estendere ulteriormente. L’esempio di Piazza Navona permette infatti di capire come in tutta Italia, sistematicamente, se si applicheranno questi criteri, i bandi per l’assegnazione degli spazi pubblici (di ogni genere: dalle spiagge fino alle bancarelle) verranno vinti da coloro i quali ne sono già titolari. Questo non lascia spazio alla possibilità di incentivare il miglioramento dei servizi, secondo regole di mercato e di concorrenza, e di fatto trasforma lo spazio di tutti in una proprietà privata che può addirittura essere venduta assieme all’azienda.