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In coda lungo la Salaria per comprendere il modello Raggi

Giuseppe De Filippi

Il limite a 30 all’ora mette al riparo il dirigente e l’assessore, in omaggio a due “de”: la decrescita e la deresponsabilizzazione

La sorpresa è nel percorso netto: neanche un colpo di clacson o di abbaglianti ricevuto percorrendo, nel pieno rispetto dei limiti di velocità, la Salaria in entrata verso il centro e di seguito la tangenziale in direzione San Giovanni. E neanche un insulto, che, nel moto uniforme a 30 all’ora (o a 40 per la tangenziale) e nel silenzio di un’automobile a motore ibrido, sarebbe arrivato integro e scandito. Non che gli altri vadano a quelle velocità ciclistiche, tutt’altro, ma è come se avessero imparato a gestire “il solito scemo che fa quello che rispetta i limiti”. Il sorpasso avviene fluidamente. Sulla Salaria, con poco margine a destra, ti passano morbidi a sinistra, dandosi il passo con chi arriva già dalla corsia di sorpasso e senza contenziosi, in tangenziale, ma sempre senza strappi e senza cafonate sull’acceleratore, ti passano anche a destra. Questo avviene in orari da trasferimenti di lavoro, quando sulla strada ci sono gli habituées, mentre forse più avanti nella giornata, all’arrivo di utenti occasionali, qualche nervosismo può emergere.

   

Ma tu guidi tranquillo, stai nel tuo mondo slow, che esige quasi più concentrazione di una corsa da pilota sportivo. Andare a 30 all’ora è difficile e, una volta raggiunta la velocità di crociera, c’è da mantenersi desti senza farsi distrarre dall’osservazione di fenomeni naturali come la crescita delle piante, la gemmazione primaverile, o la rifrazione della luce. La Salaria (assieme alla Cristoforo Colombo) prevede il draconiano contenimento dell’accelerazione, in omaggio a due “de”: la decrescita e la deresponsabilizzazione. Perché correre se vogliamo che il Pil sia stabilmente inferiore a quello dell’anno precedente in modo da realizzare il sogno di un mondo che non si piega all’efficientismo capitalista? E pensate quanti vantaggi per l’ambiente. E poi perché correre rischi se l’amministrazione può liberarsene con una semplice regola e qualche cartello? Il limite a 30 all’ora mette al riparo il dirigente e l’assessore: la strada dissestata a quel punto non può fare male a nessuno e se arriva il guaio è colpa di chi guida (che certamente stava sopra al limite prescritto) e non di chi amministra. I due “de” si alleano: decrescita e deresponsabilizzazione sono una coppia potentissima, perché l’una rafforza l’altra.

  

E di tanto in tanto ci scappa anche qualche introito per il comune, col semplice piazzamento di un rilevatore di velocità. Ma, anche se fioccano le leggende nere su centinaia di multe e anche un po’ di fake-news su nuovi e misteriosi strumenti per comminare l’infrazione, non si esagera neppure nella repressione. Il Campidoglio, messosi al riparo dal vero timore che è quello di dover rispondere penalmente degli incidenti causati dal fondo stradale, si fa bonario e ci va piano pure con le multe, perseguendo a quel punto un micidiale mix al ribasso tra consenso, ipocrisia e sciatteria. Compromesso ancora più frustrante quando sopravviene il traffico.

  

Sulla Salaria, nel nostro esperimento, abbiamo lasciato poco dopo aver superato la sede di Sky il brivido dei 30 all’ora per passare a un incolonnamento semi-statico. Sulla tangenziale i 40 li abbiamo archiviati appena saliti sulla soprelevata e fino a Piazzale Appio. Col tratto finale molto peggiorato, paradossalmente, dopo la riapertura di Via La Spezia: non c’è più possibilità di scorrimento veloce (almeno il tentativo di farlo) e si viene appunto indirizzati sulla via orgogliosamente riaperta, ma a prezzo di due o tre semafori prima e altri due o tre per superare il Piazzale. Nel bel tratto finale, quello che costeggia all’esterno le mura aureliane e inquadra nella loro marcia celeste i santi di travertino sopra a San Giovanni, i 40 all’ora restano un sogno. Ma l’osservazione laterale facilitata dalle soste mostra una robusta crescita, intorno al metro, di una selva di loglio, detto anche zizzania, appunto. Sotto già tante carte e plastiche, materia per la prossima disfida tra maglie gialle e, in omaggio alla tenuta degli addetti Ama, guardie rosse.

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