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Decongestionare Roma, il modello “ring” di Berlino

Manuel Orazi

L'anello ferroviario che manca alla Capitale e il problema culturale: i romani tendono a considerare l’automobile necessaria per i propri spostamenti urbani, e vivono ogni lavoro stradale per favorire gli altri modi di trasporto come un intralcio

Un paese razionale costruisce anelli, circoli o cinture intorno alla propria capitale. Figure perfette e razionali ma anche simboliche, su cui hanno scritto migliaia di pagine scrittori come J. R. R. Tolkien o filosofi come Enzo Melandri, per riunire con una grande circonferenza le periferie più estreme e dare una base logica ai problemi che, da che mondo è mondo, si circoscrivono, appunto. E’ successo a Parigi dove fra il 1852 e il 1869 sono stati posti in opera i 32 km della Petite ceinture, ma anche a Londra dove fra il 1853 e il 1884 si autorizzò e realizzò la Circle line della tube. E’ successo anche a Vienna nel 1865 con la celebre Ringstrasse, voluta da Francesco Giuseppe non senza scontri con l’amministrazione comunale, ma da allora la capitale austriaca ha una strada circolare dove affacciano gli edifici pubblici che formano oggi il volto dell’ex Impero absburgico. E’ successo poco dopo anche a Berlino dove in soli dieci anni venne costruita la Ringbahn originariamente per il trasporto merci integrato negli anni Trenta con quello passeggeri, e oggi in un’ora esatta si può compiere il giro completo esterno della capitale tedesca, ma si dirà che tutto questo è naturale nel paese dove tutto ciò che è reale è razionale e viceversa. Non così a Roma, ça va sans dire, capitale di un regno illogico o meglio ideologico che dagli anatemi pontifici del papa re contro il treno figlio del demonio è passata direttamente ai sogni pindarici di improbabili funivie urbane. Echi simbolici e irrazionali sono del resto presenti perfino nel cognome dell’ingegnere responsabile del Grande Raccordo Anulare costruito solo per le automobili nel dopoguerra, Eugenio Gra, o nei lavori per la metro che puntualmente dissotterrano vecchi fantasmi prima che resti archeologici. Il risultato è la paralisi e non si capisce perché, ad esempio, se proprio è impossibile costruire metropolitane a Roma, non si parli mai di tram.

 

Secondo l’esperto di trasporti Silvio Nocera, professore di economia applicata all’Università IUAV di Venezia, in generale il trasporto su ferro viene considerato positivamente dagli utenti quando a esso vengono associati degli standard di qualità elevati. “La scelta modale degli utenti si rivolge tipicamente verso il treno o il tram in presenza di alta frequenza, comfort elevato e tariffe competitive. Inoltre, c’è un altro aspetto intangibile che lascia favorire i modi ferroviari rispetto a quelli stradali: chi viaggia in treno o in tram si sente maggiormente protetto dai ritardi. I dati ci dicono che non è sempre così, ma è certo notevole il successo di due linee recenti di tram come quella di Padova o Firenze – utilizzato anche dal presidente Mattarella due anni fa per inaugurare la scuola superiore di magistratura di Scandicci, ndr. Sulle distanze medie, inoltre, l’alternativa su gomma viene considerata poco attrattiva: quanti di noi, a parità di tariffe, preferirebbero un viaggio in bus a uno in treno per una distanza superiore ai 30 km? C'è ovviamente un problema di allocazione dei fondi relativi alle infrastrutture: quando intorno all’anno 2000 studiavo in Germania, i miei amici bavaresi mi prendevano in giro perché a Norimberga avevano già costruito una linea della metro in più rispetto a Roma (tre contro due), mentre a Monaco all’epoca erano già arrivati a otto linee. Il problema è anche culturale: i romani tendono a considerare l’automobile come vettore primario per i propri spostamenti urbani, e vivono pertanto ogni lavoro stradale per favorire gli altri modi di trasporto (corsie preferenziali, piste ciclabili, binari di tram) come un mero intralcio al traffico. Nell'esperienza di Berlino, probabilmente paradigmatica nel senso opposto a quella romana, la rete dei trasporti su ferro è stata in grado di superare perfino la divisione politica della Guerra Fredda: costruita nei primi del Novecento e sviluppatasi fra le due guerre, con la divisione fra Est e Ovest i tracciati vennero ovviamente spezzati in due, ma la rete non venne smantellata. Nel 1989, fu dunque talmente semplice ristabilire il traffico dei treni sotterranei e di superficie che i Berlinesi attraversarono il vecchio confine in treno prima ancora che venissero riaperte le strade e smantellati i check point”.

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