Luisa Todini - Foto LaPresse

Un Cav. di nome Luisa

Marianna Rizzini

Vita da gaucho, pampa argentina, sole e vento, vacche, cavalli e campagna brulla: questa è anche la storia di una ragazza che a un certo punto è finita in Argentina a seguire mandrie per diventare forte e dura come suo padre, un padre contadino e poi imprenditore delle costruzioni, amatissimo e inarrivabile per rigore, da ascoltare la mattina presto davanti al lavabo mentre si fa la barba, e da seguire anche quando non c’è, perché tanto quello che ha detto vale per sempre, anche se lì per lì non eri d’accordo.

Vita da gaucho, pampa argentina, sole e vento, vacche, cavalli e campagna brulla: questa è anche la storia di una ragazza che a un certo punto è finita in Argentina a seguire mandrie per diventare forte e dura come suo padre, un padre contadino e poi imprenditore delle costruzioni, amatissimo e inarrivabile per rigore, da ascoltare la mattina presto davanti al lavabo mentre si fa la barba, e da seguire anche quando non c’è, perché tanto quello che ha detto vale per sempre, anche se lì per lì non eri d’accordo. Ma oggi la storia è soprattutto un’altra, perché Luisa Todini, imprenditrice, ex eurodeputato e neo consigliere nel cda Rai in quota Pdl-Lega, ha già fatto tutto quello che suo padre Franco sconsigliava (la politica, in primis) e al tempo stesso ha anche fatto tutto quello che il padre Franco consigliava (seguire l’azienda punto e basta: strade, ponti e viadotti in Italia e nel mondo, dalla via Pontina all’Ucraina al medio oriente all’Africa all’Azerbaigian). E poi stavolta non è andata come al solito, con qualcuno che fa il nome di Luisa Todini – bella imprenditrice quarantacinquenne, benvista in area Pdl ma non malvista nel centrosinistra – e dice che “andrebbe bene per questa o per quella poltrona di prestigio”, e poi all’ultimo momento Luisa Todini dice “no, grazie” (sempre che la ragion politica non faccia avanzare altri nomi in extremis). Stavolta Luisa Todini, imprenditrice benvista in area Pdl ma non malvista nel centrosinistra, è davvero diventata consigliere di amministrazione nel cda Rai (quota Pdl-Lega), dopo aver lambito, in anni diversi, la presidenza della regione Lazio, quella della regione Umbria, qualche sottosegretariato e il posto da ministro del Claudio Scajola dimissionario.

Luisa Todini stavolta non si è mostrata ritrosa, e anzi è andata a Radio 24, a “La Zanzara”, a dire che sì, lei non ha “competenze dirette” in campo televisivo ma ha studiato molto per averne, e sa di sicuro leggere un bilancio, guardare i numeri e metterli in fila, e ha letto molto e conosce molti contenuti. D’altronde la tv è stata per anni, in famiglia, il pane quotidiano: il suo ex marito Luca Josi, l’uomo che da ragazzo, tra il ’93 e il ’98, è rimasto vicino a Bettino Craxi quando quasi tutti gareggiavano a non dirsi craxiani, è il presidente della Einstein Multimedia, la società che ha prodotto “Passaparola” e altri quiz e programmi di successo – e in un ritratto scritto molti anni fa per questo giornale, il suo amico Filippo Facci lo descrisse nel passaggio tra la sua prima e la sua seconda vita, tra la vita che contro ogni aspettativa non aveva più avuto e quella che doveva ancora avere dopo il suo sofferto passo indietro, dopo il funerale di Craxi, dopo che molti di quelli che erano fuggiti avevano ricominciato a dirsi in qualche modo craxiani. Luisa Todini arrivò a un certo punto, verso la fine della prima vita di Luca. Anche lei aveva vissuto sulla sua pelle le conseguenze di Tangentopoli, sebbene non dal lato politico come il futuro marito: sospetti sull’azienda Todini, un processo, Franco Todini che lotta per il nome dell’impresa e dapprima non vuole che Luisa vada all’Europarlamento (a 28 anni, nel 1999, per Forza Italia) e poi la aiuta dicendole: per la campagna elettorale prendi la vecchia macchina scassata del cantiere, non girare con l’automobile da ricca, sennò nei paesini non ti vota nessuno. E quando arrivò il proscioglimento da ogni accusa con tante scuse a Franco Todini e a lei, Luisa, che all’inizio era stata interrogata da Antonio Di Pietro, ormai era troppo tardi, e Franco era già morto. (Capriccio della storia, oggi Luisa Todini siede in cda Rai con uno dei protagonisti degli anni di Tangentopoli, Gherardo Colombo).
“Ho girato il mondo”, ha detto Luisa Todini non per vanteria ma per fornire ai suoi intervistatori radiofonici la patente di competenza “altra” di chi, dopo essere diventata eurodeputato con suo padre che dice “nella vita bisogna vincere ma non stravincere”, ha affrontato in vita sua talmente tante riunioni, discussioni e fusioni (come il cosiddetto “matrimonio” tra il colosso delle costruzioni che porta il suo nome e il supercolosso di nome Salini, con cessione del 60 per cento dell’azionariato Todini) da non essere certo spaventata dallo stato delle cose in Rai. E insomma l’investitura al settimo piano di Viale Mazzini, dice un amico di Luisa Todini dal Pdl, è una piccola “nemesi” per chi si era speso per lei due anni fa e ancora la ricorda alla cena ufficiale per Renata Polverini presidente della regione Lazio, nel 2010, “radiosa con i ricci neri e gli orecchini tintinnanti”, a sostenere l’amica sindacalista di destra per il posto che tutti sapevano destinato inizialmente a lei – solo che poi altri giochi politici si erano messi in mezzo (lei, come sempre dopo il 2001, anno in cui la morte del padre l’aveva riportata all’azienda di famiglia, si era sfilata: ho una figlia piccola, aveva detto, e gli affari [con Salini] da seguire in tutto il mondo. L’azienda è l’azienda, la mia vita è questa).

E in molti ora si chiedono che cosa infine abbia vinto la resistenza di Luisa, già presenza brillante ai dibattiti televisivi, da “Ballarò” a “Piazzapulita” all’“Annozero” dei tempi duri Santoro-Rai – una volta fece arrabbiare Giulio Tremonti (“Che c…o dice?”, si lasciò sfuggire quando Luisa Todini se ne uscì con una frase che significava “sì all’eliminazione delle province”) e un’altra volta discusse educatamente con Marco Travaglio (“A volte anche uno preparato come lei può sbagliare”, disse). Qualcuno, in Rai, vede nell’elezione al cda di Luisa Todini – in tempi montiani, ma con il beneplacito della Lega – il frutto dei suoi buoni rapporti con l’entourage dell’ex ministro e attuale segretario della Lega Roberto Maroni (ha sempre pubblicamente elogiato Maroni come “miglior ministro” del governo che fu ed è amica della plenipotenziaria portavoce Isabella Votino). Qualcun altro vede nella poltrona un sogno del Cav. che con ritardo si avvera: Todini donna “con le palle”, dice un berlusconiano, “che incarna il berlusconismo delle origini, con l’imprenditore che mette il suo know-how al servizio del paese”. E però Luisa Todini, diceva la stessa Todini al Corriere della Sera qualche anno fa, era stata cercata da “entrambi gli schieramenti”. Todini, dicevano gli intenditori di trasversalismi, era “stimata da Enrico Letta e Giovanna Melandri”. (Ieri, comunque, sul Fatto, l’elezione di Luisa Todini in Rai veniva salutata con un titolo antipatizzante – “L’imprenditrice che non imprende” – e con qualche paragone con l’epoca di Walter Veltroni che, a suo tempo, si era “commosso” per gli “imprenditori annoiati” Massimo Calearo e Matteo Colaninno).
Fatto sta che Luisa Todini ci tiene ad apparire “imprenditore solidale”. Quello che costruisce autostrade ma va alle conferenze su Kyoto e poi investe nell’eolico, quello che fa affari ma vuole anche insegnare un mestiere a chi non ce l’ha in Asia o in Africa, e sa che costruire dighe significa anche “colata di cemento”, ma “bisogna vedere l’Africa dall’alto”, ha detto in un’intervista, “il continente più buio di tutti”, e allora la grande diga, oltre al cemento, va vista come grande portatrice di energia elettrica. Luisa Todini ha presieduto a lungo il forum di dialogo Italia-Russia e in Russia ha portato anche i vari post boiardi Enel-Eni e Finmeccanica (e anche Romano Prodi) e poi però ha progettato strade con l’ex primo ministro ucraino e leader dell’opposizione Yulia Tymoshenko, prima che finisse in carcere per motivi politici. Il mondo ex sovietico se l’è proprio preso in casa, Luisa Todini, accogliendo due volte l’anno una ragazzina bielorussa, Yulia, con l’idea di farla un giorno studiare in Italia, e intanto di farla giocare con sua figlia Olimpia.

Poi però si scopre che Luisa Todini oggi l’Italia non la vede come un buon posto per studiare, per “l’inefficienza” e “la mancanza di prospettive”, come ha detto a Fabrizio Roncone su Io donna soltanto un mese fa: quasi quasi emigro, ha detto, “io, che investo e cerco di dare lavoro”. Non fosse intervenuta la questione Rai, magari Todini sarebbe emigrata davvero, chissà, ma intanto ha ribadito quello che aveva detto in un’altra intervista a Io donna, due anni fa: che lei lotta “da quando era bambina”, che è partita da zero assieme alla sua famiglia, dalla casa di pietra vicino a Todi, tutti attorno all’unico braciere, tutti a scaldarsi prima di mettersi sotto le lenzuola gelate, tutti felici quando si macellava un maiale eppure atterriti per il suo urlo quasi umano. Sembrava di stare nell’“Albero degli zoccoli” di Ermanno Olmi, con i vecchi saggi e i bambini attorno al tavolo della cucina con i muri spessi: cose che non si dimenticano, e infatti Luisa a Todi ci va appena può, nel casale con il piccolo zoo di animali esotici (“da proteggere”, dice un amico) e le colazioni sull’erba per gli amichetti di sua figlia (durante le quali gli adulti, immancabilmente, ha scritto Maria Corbi sulla Stampa, parlano di qualche poltrona cui Luisa è candidata).

Non è più tempo da albero degli zoccoli ma Luisa Todini dice sempre “so di essere una privilegiata, so da dove sono partita”, e si capisce perché l’abbia affascinata, nei primi anni Novanta, il berlusconismo che a ogni comizio puntava sul “self-made” proiettato in campo pubblico. E oggi l’ex ministro Stefania Prestigiacomo, amica di Luisa Todini da vent’anni, la definisce “gagliarda” e racconta che nel ’94, quando erano in Confindustria giovani, le aveva magnificato la nascente Forza Italia al punto da farla invaghire del progetto. Tanto che Luisa scrisse una lettera di presentazione a Gianni Letta per entrare nelle liste delle elezioni europee. Fu quello l’inizio di tutto e anche la fine di tutto, perché dopo quella prima campagna vittoriosa (novantamila preferenze partendo dal penultimo posto in lista) e quel primo mandato a Bruxelles (“ero digiuna di tutto ma ho imparato molto”, ha detto), Luisa la politica l’ha lasciata perdere senza mai davvero lasciarla perdere, ché ha sempre fatto parte del suo giro di conoscenze romane, da cui Todini entrava e usciva tra un viaggio di lavoro e l’altro: una sera tre cene di seguito, tutte interrotte a metà (“Scusate devo andare”), un’altra sera a casa col pigiama a vedere un film sul divano con sua figlia. Luisa Todini “fa la manager ma anche la mamma e la padrona di casa e la cuoca con modalità ed energia da donna bionica e determinata, solida e con valori sani”, dice l’amica dei tempi della scuola Simonetta Giordani, sua compagna al liceo Massimo, quello dei gesuiti, quello di Mario Draghi e Luca Cordero di Montezemolo, dove Luisa divenne nota per il musical amatoriale in cui ballò e cantò.
Ci furono giorni in cui una Luisa Todini quindicenne si tagliò i capelli a zero per assomigliare al padre, ma poi deve avere assimilato la lezione del femminismo della differenza, parità nella diversità, e da allora non ha più abbandonato le abitudini da ragazza bella che ci tiene: ginnastica al mattino, cibo sano, diverso taglio di capelli quando le circostanze della vita fanno pensare che il cambiamento deve pur iniziare da qualcosa, tacchi alti e vestiti rossi che spiccano nelle foto delle serate più ambite della capitale. E capita che Luisa Todini, quando va a “Porta a Porta” a parlare di donne e lavoro, attiri le simpatie trasversali delle ragazze che condividono il suo trasecolare davanti all’ospite che dice, come fosse normale: “Oggi in molti hanno una doppia vita, e quando fai gli inviti a cena devi chiedere ‘con chi vieni, con la moglie o con l’amante?’”. “Sarò retrograda”, diceva Luisa Todini, scuotendo la testa come chi in vita sua ha molto amato, e quando si è innamorata dell’ex marito, tanti anni fa, ha sentito il bisogno di dirlo prima di tutto a suo padre, per cercare consiglio, conferma, spinta verso quello che sentiva essere “l’uomo giusto per lei”, e nella sua vita da madre separata, oggi, che può avere storie oppure no, non si nasconde dietro un “evviva la solitudine”, ma sinceramente ammette che “nella vita da soli non si sta bene”, e fa dondolare la testa di ricci sciolti o legati come quando qualcuno parla male delle donne in gruppo – rivali per forza – e lei dice “no, scusi, io questo non lo vedo, io questo non l’ho mai pensato”.

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.