Chinatown
Nel 1931 Milano era una città in grande crescita. “Taxi, Sciur Cines? El me faga vedée… Sì, l’è al Burg di Scigulatt”. Così il signor Wu arrivò in via Canonica, allora il “borgo degli ortolani”, fuori le mura, tra l’Arena e il Monumentale, il cuore di quella che oggi, pur molto cambiata rispetto al degrado di qualche anno fa (la contestatissima, allora operazione di Letizia Moratti), è la Chinatown di Milano. In una corte di ringhiera di via Canonica il signor Wu incontra un compatriota: gli avrebbe fornito le prime cravatte in conto vendita, un posto letto e due pasti al giorno, per il lavoro nelle strade porta a porta. “Clavatte due lile” è ancora un modo di dire tra, i milanesi, per indicare un certo tipo di commercio al dettaglio e all’ingrosso asiatico, e pazienza se i puristi del linguisticamente corretto se la prenderanno.
Matteo Demonte è il nipote di Wu Li Shan. E’ uno studioso di lingua e cultura cinese, e con Ciaj Rocchi, produttrice di fiction, documentari e animazioni ha scritto e disegnato una graphic novel, “Primavere e autunni – Vita e imprese del signor Wu”, per le Edizioni Beccogliallo (162 pagine, 18 euro), che con semplicità didascalica, ma con un certo indiscutibile sapore dell’atmosfera, dei luoghi e dei fatti, di una lingua che era dialetto e si fa negli anni koinè italiana per comunità diverse, vuole essere “la storia di mio nonno è la storia delle origini della comunità cinese di Milano”, il cui primo nucleo data dagli inizi degli anni 20. C’è anche la storia della Cina da cui scappa Wu, dopo l’ultimo imperatore e Chang Kai Shek e Mao Ze Dong, fino al trionfo della Rivoluzione culturale e alla definitiva rottura dei rapporti tra la diaspora cinese e la patria perduta. Nel 1931 anche Giulia Bazzini era nuova di Milano, lei arrivava con la sorella dalla campagna cremonese. Arriva e va a fare la lavandaia all’Acqua Marcia, la fontana pubblica dietro l’Arena. Diventerà la moglie (matrimonio cattolico, famiglia cattolica) di Wu. Verrà il laboratorio di cravatte e abbigliamento, verranno gli Anni 50 in cui i cinesi prenderanno una sorta di monopolio sulla pelletteria. Verrà l’imprenditoria moderna, l’orgoglio di essere italiani. La storia di “Primavere e autunni” è anche una breve storia per immagini di Milano, della sua economia, delle sue ripetute trasformazioni, vista attraverso gli occhi dell’immigrazione extra-europea più antica e radicata.
La moda cinese è stata l’indiscussa protagonista, immagine e business, della recente Fashion Week. In questi giorni China entrepreneur club, potentissima associazione economica della Cina (il fondatore di Alibaba, Jack Ma, tra gli altri) è transitato da Milano per un’operazione di diplomazia economica, complice Expo. E’ un debutto, che serve pure a sottolineare il ruolo dell’imprenditoria cinese in città.
Come è andata a finire (Gabanelli style). Il Giardino dei Giusti di Monte Stella, “patrimonio di tutta la città e non di un singolo quartiere”, verrà riqualificato secondo il progetto presentato alcuni mesi fa, e oggetto di alcune contestazioni da parte di vari esponenti del mondo culturale milanese. Pisapia ha firmato.


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