Spazi liberi
Una delle eredità più complicate che Giuliano Pisapia lascerà alla città riguarda l’uso di alcune aree urbane: ma non quelle dell’Expo. Si tratta delle erigende moschee, che fin dall’inizio sono state un obiettivo di programma della sua giunta. Lunedì scorso il comune ha finalmente pubblicato la “determina” di assegnazione degli spazi da destinare “all’utilizzo per finalità religiose”. Sono tre: l’Associazione islamica di Milano avrà l’area dell’ex Palasharp (per cui esiste già un fantasmagorico progetto architettonico) e la Casa della cultura musulmana per il lotto di via Esterle, cui si aggiunge la Chiesa shalom gospel church, chiesa evangelica della comunità srilankese, che avrà uno spazio in via Marignano. Sembra fatta, c’è chi avanza dubbi sul fatto che il bando comunale abbia prodotto buoni risultati. Alcune associazioni islamiche escluse – tra cui il Centro islamico di Milano, che dal 1988 gestisce a Segrate la prima moschea italiana con minareto – sono pronte a ricorrere al Tar. Soprattutto, noti esponenti dell’islam moderato milanese, come l’imam Yahya Pallavicini, della Comunità religiosa islamica (Coreis) e l’antropologa di origine somala Maryan Ismail, che fa pure parte della della segreteria metropolitana del Pd, paventano che si sia lasciato troppo spazio ad associazioni ritenute non particolarmente moderate.
L’Area C, introdotta nel 2012, ha fruttato al comune 70 milioni di euro in multe, da aggiungere ai 20 milioni di ticket pagati. Una manna. O forse “numeri impressionanti”, secondo Riccardo De Corato, storico esponente della destra meneghina (ora Fratelli d’Italia), che dimostrerebbero che “Palazzo Marino fa cassa sulle spalle dei cittadini”. Il tutto però, racconta De Corato, senza miglioramenti dell’inquinamento (lo scopo dell’area a traffico limitato e della “carbon tax” è ufficialmente quello di aumentare la salubrità dell’aria), perché secondo l’International Institute for Applied System Analysis lo scorso inverno l’aria di Milano è risultata tra le più inquinate d’Europa. Fatto che desta qualche domanda sull’efficacia della limitazione del traffico. A meno che la maggioranza dei milanesi che sono entrati nella cerchia dei Bastioni non fosse alla guida dei famigerati diesel della Volkswagen.
Il writer che disegnava Corto Maltese sui muri della Darsena l’hanno beccato, è un ragazzo di 23 anni e ora rischia di beccarsi lui 5.000 euro di multa. Si sa che “il cuore tenero non è una dote…”, come cantava quello, nemmeno di fronte all’arte: è accusato di “imbrattamento aggravato”. Accusa burocratica e volgare, perché i suoi graffiti in bianco su muro grigio sono davvero belli, e l’ossessione per l’eroe di Hugo Pratt dovrebbe valere al merito. Malinconico paradosso: il muro su cui è comparso il volto del Marinaio è quello su cui da settimane si discute, destra sinistra e cittadini, perché la giunta Pisapia vorrebbe autorizzare il rifacimento di un murales opera dei centri sociali in memoria di Davide “Dax” Cesare, il ragazzo ucciso dai neofascisti nel 2003, e che era stato distrutto durante i lavori di rifacimento della Darsena. E quello sì, significato a parte, era brutto forte. Forse, il gentiluomo di fortuna Corto Maltese fungerebbe da miglior monumento a giovinezza e libertà.
Come è andata a finire (per dirla alla Gabanelli) sull’Autodromo di Monza. Come promesso da Bobo Maroni per salvare la squattrinata gestione del Gran premio di Formula 1, messa in mora dalle esose richieste di Bernie Ecclestone, la regione Lombardia entra nella proprietà del Parco di Monza, proprietario dell’impianto, a sua volta per metà di proprietà del comune di Monza (l’altro socio è quello di Milano). La regione investirà 70 milioni di euro per la manutenzione, senza la quale addio motori. Se basterà a salvare il Gp, non è sicuro. Ma dovrebbe.


Il Foglio sportivo - in corpore sano
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