Madri e feste
Il grande evento della rentrée milanese, nell’aria tiepida e ancora un po’ sonnacchiosa di una città animata solo dai turisti (tanti, vedremo) è la grande mostra che ha aperto il 25 agosto a Palazzo Reale con un titolo e un tema inusuali, in tempi di mostre-shopping e di eventi-vetrina: “La Grande Madre”. Concept e impresa dell’allestimento (29 sale, 400 opere di 139 artiste e artisti provenienti da 20 musei del mondo) è la Fondazione Trussardi, la cui attività si concentra da anni proprio sull’arte contemporanea. Autori e opere sono di gran livello, qualcuno ha parlato di “un museo”, per quanto temporaneo. Anche se Massimiliano Gioni, curatore della mostra e direttore artistico della fondazione, vuole che il lungo percorso dell’esposizione “è come sfogliare un album di famiglia”, o entrare in una “casa di bambola”. Madre, nutrice. E via con tutti gli archetipi profondi (e junghiani) che rimandano come in uno specchio, con evidenza e intelligenza, al gran tema milanese del momento, quello di “Nutrire il pianeta”. Così che la mostra vale anche, in parte, da gran chiusura culturale dell’Expo. Il cammino è vario. Ci sono le opere raccolte dagli anni Trenta da Olga Fröbe-Kapteyn – migliaia di immagini femminili di madri, matrone e divinità preistoriche. Ci sono foto che valgono un’icona come la “Migrant Mother” di Dorothea Lange (1936). Ci sono opre di Umberto Boccioni e Filippo Tommaso Marinetti, le donne “meccaniche” e “automatiche” del Dadaismo, le macchine celibi di Marcel Duchamp, le bambole meccaniche di Sophie Taeuber-Arp. Ci sono i 50 collage originali da “La donna 100 teste” di Max Ernst, c’è la fotografia di Freud in posa accanto alla madre Amalia. E poi Dalì, Fontana, Koons, Cattelan, Frida Khalo e persino Yoko Ono. Godersela.
Siccome a Milano le belle idee (e i soldi) per l’arte ce li hanno soprattutto gli stilisti, la Fondazione Prada ha trovato un guizzo per chiudere la sua prima, lusinghiera estate. E si è inventata il “disallestimento” di una mostra come evento aperto al pubblico. Lunedì 24 ha chiuso la mostra l’applaudita mostra “Serial Classic” (curata da Salvatore Settis e Anna Anguissola). Da oggi, grazie a due passerelle esterne lungo le pareti vetrate, i visitatori potranno osservare i lavori di smontaggio dell’esposizione. Per chi l’avesse persa.
L’altro evento (politico) del dopo ferie è ovviamente la Festa nazionale dell’Unità, decollata martedì 25 con madrina Debora Serracchiani e lo slogan “C’è chi dice sì” ai giardini Montanelli di Porta Venezia. Il gossip politico dietro le quinte per ora ha fornito un solo piatto gustoso, per quanto ripassato al microonde: il possibile ripensamento di Giuliano Pisapia sulla candidatura a sindaco del 2016. E’ stata proprio Serracchiani a lasciarsi sfuggire (lasciarsi sfuggire?) che la probabilità che il sindaco che fece in primavera il gran rifiuto sia “molto più che fondata”. Magari sfruttando l’idea di un mandato breve (due anni) in attesa dell’elezione diretta per il sindaco della Città metropolitana, che potrebbe scattare nel 2018. nel frattempo, il ritorno di Pisapia sarebbe anche la soluzione migliore per evitare senza traumi le primarie, croce e delizia del Partito democratico, pure a Milano.
Ieri all’Expo è arrivato Bibi Netanyahu, in visita privata con la moglie Sara. Il premier israeliano non è l’ultimo dei big internazionali che in questi sei mesi hanno fatto e faranno passerella a Milano, spesso anche approfittando per incontri politici di alto rango. E’ un segnale positivo, da affiancare – dopo lunghe e sospettose polemiche – ai dati sugli afflussi. Agosto, nonostante il caldo impossibile, è stato un gran mese. 910 mila biglietti staccati nei primi dieci giorni, boom da centomila ingressi a Ferragosto, altre 855 mila presenze la settimana successiva. Le code ai tornelli hanno addirittura imposto di anticipare l’orario d’apertura, ora si comincia alle 9 del mattino. Curiosamente, però, il buon andamento delle cose non buca più di tanto la comunicazione nazionale. Per mesi, prima, abbiamo vissuto nella bolla mediatica dei “nulla è pronto” e “faremo la solita figura barbina”. Ma ora che la figura è dignitosa, chi ne parla più? Molto milanese, of course.
Non è una città per studenti. La Statale e il Politecnico festeggiano il record di nuove matricole (più 2.500 e più 1.000 rispetto allo scorso anno), il sistema universitario milanese si sta muovendo verso standard europei di offerta che possono competere con altre piazze universitarie straniere, attirando anche giovani dall’estero. Poi, però, non si sa dove metterli a dormire. Secondo i dati appena pubblicati di una ricerca privata (Immobiliare.it), Milano rimane la città italiana più costosa per gli studenti fuori sede, con prezzi in crescita rispetto al 2014. Per una stanza singola servono in media 490 euro, un prezzo maggiore del 28 per cento sulla media; una camera doppia costa 335 euro, e un principino che volesse una singola in centro deve prepararsi a sborsare 600 euro al mese. Il dato non sorprende, in generale. Ma a complicare la situazione (e rendere meno appetibile Milano) c’è la scarsità strutturale di offerta da parte degli atenei di alloggi e college studenteschi. Per il dopo Expo, si parla molto del nuovo campus universitario che lì potrebbe sorgere. Tenerlo presente.


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