
pulci di notte
Latinorum zoppicanti e calabroni in vacanza
Tra apostrofi obbrobriosi e congiuntivi imperfetti ecco le notti insonni di Lorenzetto a far le pulci ai giornali
- Scandala. “A La Stampa temiamo il giorno in cui quelle immagini smetteranno di farci effetto. Di scandalizzarci. ‘Oportet ut scandal eveniant’. ‘È necessario che gli scandali avvengano’, recita il vangelo di Matteo”, scrive Andrea Malaguti, direttore del quotidiano torinese, nell’editoriale di prima pagina. Invece i lettori della Stampa temono i direttori che usano il latino senza conoscerlo. (La frase evangelica è “Oportet ut scandala eveniant”. L’inglesorum è fantastico). [24 agosto 2025]
- Calabroni. Titolo dal sito della Repubblica: “Punta da un calabrone in vacanza, va in shock anafilattico e muore”. Anche gli insetti hanno diritto alle ferie. (A corredo della notizia compare una foto con due vespe comuni, che in redazione hanno scambiato per calabroni). [23 agosto 2025]
- Clandestinità. Massimo Fini afferma in un articolo sul Fatto Quotidiano che “al Giambellino ‘del Cerutti Gino’” vide “la Dolce vita di Fellini, in piena clandestinità a dire il vero, perché allora il film era vietato ai minori di 14 o 16 anni, non ricordo bene, e io ne avevo sicuramente di meno”. Spiace dover demolire l’immagine trasgressiva che Fini coltiva di sé, ma dobbiamo deluderlo: era sicuramente in regola, da bravo ragazzo. La prima di La dolce vita (non “Dolce vita”) andò in scena il 5 febbraio 1960 al cinema Capitol di Milano. Il film era effettivamente vietato ai minori di 16 anni. Ma il liceale Massimo, essendo nato il 19 novembre 1943, ed avendo goduto dello spettacolo in periferia (in una sala di terza visione, come ha specificato), andava per i 17 o forse li aveva già compiuti. Pertanto, nessuna furtiva clandestinità. Peccato. Qualcuno che lo rilegga in redazione, per evitargli figure da bauscia, non c’è? [28 agosto 2025]
- Ex. Titolo dal Corriere.it: “Minneapolis, spari nella chiesa della scuola cattolica: uccisi 2 bimbi, altri 14 in ospedale. Morto il killer, era un’ex studente dell’istituto”. Benché si sia poi scoperto che l’assassino è un transgender, studente resta un sostantivo di genere maschile, quindi l’articolo un apostrofato come se fosse una è un obbrobrio. [27 agosto 2025]
- Consigli. Maurizio Belpietro, direttore della Verità, nell’editoriale di prima pagina: “No, il ministro non voleva che si alimentassero dubbi e dunque spronava i tecnici a essere uniti, a difendere le scelte prese in precedenza, anche se settimane prima del decesso di Camilla, alcuni ‘esperti’ tra i quali Sergio Abrignani consigliassero prudenza”. Premesso che la solita virgola (stavolta dopo “Camilla”) è superflua, oppure ne serviva un’altra dopo “anche se”, il congiuntivo “consigliassero” è sbagliato. Quando “anche se” introduce una concessiva reale, serve l’indicativo; quando introduce una ipotetica o una irreale, il congiuntivo. Belpietro riferisce un fatto realmente avvenuto (gli “esperti” hanno effettivamente dato il consiglio), perciò la forma corretta doveva essere: “Anche se, settimane prima del decesso di Camilla, alcuni ‘esperti’ tra i quali Sergio Abrignani consigliavano prudenza”. [24 agosto 2025]
- Tutti. Tonia Mastrobuoni, inviata della Repubblica a Kiev: “Da sono tutti uomini liberi, tornati dopo tre anni tra le braccia dei loro familiari grazie a uno scambio di prigionieri tra Ucraina e Russia”. Tutto chiaro. [25 agosto 2025]
- Teofilo. Per indicare Teofilo III, patriarca greco-ortodosso di Gerusalemme, la zelante Lucia Capuzzi su Avvenire lo chiama “Teophilus III”. Non pretendiamo che sul quotidiano “di ispirazione cattolica” il greco, madrelingua del patriarca, sia di casa e che la giornalista scriva di conseguenza il nome traslitterato come si deve, e cioè Theóphilos III, ma francamente ci saremmo almeno aspettati il nome in italiano, perché Capuzzi dovrebbe sapere che alle orecchie greco-ortodosse suona poco gradito il latino Theophilus III. Chissà se è per questo che ha coniato il maccheronico Teophilus III, così piaciuto in redazione da finire anche nel titolo. [27 agosto 2025]
- Substandard. “Però, se come sembra, il Pd e i suoi alleati vanno dietro alle ipotesi di questa inchiesta, allora facessero una giunta con i magistrati, invece che con Sala”, dice Carlo Calenda a Maria Teresa Meli, che lo intervista sul Corriere della Sera. A parte la virgola mancante dopo il “se”, l’uso del congiuntivo imperfetto (“facessero”) al posto del presente (“facciano”) in frasi con valore esortativo fu etichettato dal linguista Luca Serianni come “tipicamente romanesco e meridionale” e da considerarsi “ai margini della norma italiana”. Anzi, “substandard”, secondo Paolo D’Achille, presidente dell’Accademia della Crusca. Essendo il Corriere pubblicato a Milano e rivolgendosi all’intera Italia, sarebbe lecito aspettarsi che si attenesse alla norma, correggendo, all’occorrenza, gli intervistati romani. [1° agosto 2025]
- Tac. Serenella Bettin sull’Espresso si occupa del carcere di Gazzi a Messina e fa dire a Lucia Risicato, garante dei diritti dei detenuti, che in “un cantinato maleodorante” giace “una Tac da 30 mila euro, nuova”. Assurdo. Un’apparecchiatura simile costa, nuova, da 250.000 a 1,2 milioni di euro. [1° agosto 2025]
- D’Alimonte. Il professor Roberto D’Alimonte in un editoriale sul Sole 24 Ore: “Per tanti osservatori della politica italiana, giuristi e non”. Aridaje! L’avverbio negativo olofrastico – così chiamato perché, da solo, costituisce un’intera frase – è soltanto no. Quindi l’illustre politologo avrebbe dovuto scrivere: “Giuristi e no”. Come fece Elio Vittorini per il titolo del suo romanzo Uomini e no. [3 agosto 2025]
- Concordanza. Incipit di G. O. sul Corriere della Sera: “Gli Stati Uniti, con un gruppo di Paesi alleati, ha diffuso una dichiarazione”. Complimenti per la concordanza. [1° agosto 2025]