Materia puritana

Guido Ceronetti
Uomini di lettere, escogitatori di voluttà, arrendetevi: non varrete mai come una macchina a vapore.

    […] aveva gli occhi bendati da un materialismo di bassa lega, da manuale scolastico. Non vedeva altro al mondo che i soldi, e le macchine a vapore. Non sapeva cosa si potesse intendere con la parola felicità. Aveva dimenticato le emozioni semplici della fanciullezza, e forse mai provato le gioie dell’esser giovani. Credeva nella Produzione, quell’inutile finzione della economia, come se fosse la sola realtà; e la produzione, purché non fosse di pregiudizio agli alcolici, era il suo Dio e la sua guida. Un giorno ebbe da ridire con me che la letteratura era pagata troppo! Gli uomini di lettere, diceva, erano più pagati degli operai; eppure l’operaio faceva le trebbiatrici e le zangole per il burro, mentre l’uomo di lettere, a parte qualche utile manuale, non faceva niente di buono. Produceva solo beni voluttuari. L’idea che Mac Kay si era fatta del libro corrispondeva al Measurer di Hoppus. Io ho un tempo posseduto, e perfino studiato, quel libro: ma se domani fossi abbandonato sull’isola di San Fernàndez, non è certo il libro di Hoppus che sceglierei per farmi compagnia.

     

    […] Trasudava fanatismo, insieme a una vera passione per lo scontro intellettuale. Tutto ciò – qualunque cosa fosse – che gli sembrava potesse danneggiare la produzione, continua e appassionata, di grano e di macchine a vapore era per lui una cospirazione contro il popolo. E così, quando io, perorando la causa della letteratura, dissi che solo nei buoni libri, e nelle buone compagnie, l’uomo può trovare un aiuto per la propria condotta, egli dichiarò che noi due appartenevamo a due mondi diversi… c’è una cosa, in verità che non s’impara in Scozia, ed è come essere felici. Eppure è questo che sta alla base della nostra intera cultura e della nostra morale. Non sarà forse che l’educazione puritana, separando l’uomo dalla natura, limando i suoi istinti ed imprimendo un marchio di condanna su intere sfere dell’attività e degli interessi umani, porta direttamente, alla fine, all’avidità per i beni materiali?

     

    Robert Louis Stevenson, “Emigrante per diletto” (1879) a cura di Giovanna Mochi (Einaudi 1987)

     

    Il filosofo ignoto