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Preghiera

In difesa dell'appropriazione culturale

Camillo Langone

Non si mantengono attuali i grandi autori mummificandoli, ma usandoli liberamente, tenendolo solo ciò che è buono. Si può fare con i vivi e con i morti 

Sono un appropriatore culturale e me ne vanto. Come conservatore mi sono appropriato innanzitutto di Pasolini, fieramente dichiarandolo al convegno organizzato da Francesco Giubilei e Fondazione An al Senato, appunto “Pasolini conservatore”. Utilizzando il metodo paolino (vagliare tutto, tenere ciò che è buono) e il metodo poundiano (giudicare le idee una alla volta), ho estratto dai testi pasoliniani l’abbondante conservatorismo, lasciando ai progressisti i rimasugli. Con i grandi autori, con i classici, bisogna fare così: non si mantengono attuali mummificandoli bensì usandoli liberamente, e questo me lo ha insegnato Carmelo Bene.

Per non dare l’idea di approfittarmi soltanto dei morti, impossibilitati a replicare, si sappia che mi approprio anche dei vivi. Aggirandomi dalle parti della sinistra, mi approprio ad esempio di Giorgio Agamben, siccome ha scritto: “La differenza tra l’animale e l’umano, così decisiva per la nostra cultura”. E di Leonardo Caffo, siccome ha scritto: “Io non credo si possa fare proprio nulla per salvare l’ambiente, che si salverà da sé eliminandoci”. E di Maurizio Ferraris, siccome ha scritto: “La decostruzione e l’indebolimento non possono durare in eterno. Prima o poi un qualche fondamento bisogna trovarlo”. Sono un appropriatore culturale e son contento.
 

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  • Camillo Langone
  • Vive tra Parma e Trani. Scrive sui giornali e pubblica libri: l'ultimo è "La ragazza immortale" (La nave di Teseo).