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Preghiera

A Lavello insultano i vini lucani

Camillo Langone

La Terrazza Bellavista promuove vino bresciano, condannando i vini lucani e apuli a un’eterna inferiorità di immagine e di prezzo. Un apartheid enologico

Dal vostro inviato a Lavello. Il caro Renato Farina mi rimprovera il giustizialistico allineamento alla direzione antimafia di Potenza nel caso San Barbato (il resort di lusso che i magistrati ipotizzano sia stato costruito con i valori dei portavalori assaltati dai banditi di Cerignola). Turbato, ritorno dunque a San Barbato di Lavello. E riconosco di aver esagerato, scrivendo di “piccola Las Vegas”: adesso che guardo meglio è una Las Vegas microscopica, può sembrare sfarzosa solo grazie all’estrema modestia del contesto (“la Lucania legata alla sua sconsolazione”, come dice Franco Arminio). E comunque il cattivo gusto architettonico non è un reato.

Stavolta però noto qualcosa a cui in passato non avevo prestato attenzione, la presenza di una Terrazza Bellavista, un locale che promuove vino bresciano (anzi franco-bresciano, essendo lo chardonnay vitigno francese). All’interno della doc Aglianico del Vulture, a pochissimi chilometri dalla Canosa del greco Diomede e dalla Venosa del bacchico Orazio, una simile insegna è un insulto ai vini lucani e apuli, così condannati a un’eterna inferiorità di immagine e di prezzo, relegati al consumo indigeno, apartheid enologico. Pertanto accuso il San Barbato Resort non di complicità criminale (grazie a Dio non sono un giudice) ma di complicità coloniale. E da Lavello è tutto.
 

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  • Camillo Langone
  • Vive tra Parma e Trani. Scrive sui giornali e pubblica libri: l'ultimo è "La ragazza immortale" (La nave di Teseo).