"Al caffè", E. Manet, 1878 (Wikipedia) 

preghiera

Per Verlaine, il passaporto è contrario di felicità. Chissà il green pass

Camillo Langone

Sulla certificazione verde hanno parlato i filosofi, hanno taciuto i teologi, ora tocca ai poeti. Intanto, rileggendo quelli del passato, si capisce già come la pensavano quando si moriva di tifo e di tisi come mosche

“L’allegra Locanda con Felicità per insegna. / Vino scuro, pane fresco, e niente passaporto”. Hanno parlato i filosofi (non come avrei voluto ma come hanno potuto, e però meglio che niente), hanno taciuto i teologi (se non mi sono perso qualcosa), ora mi piacerebbe che di green pass ne parlassero i poeti. In attesa dei vivi rileggo Verlaine che scrisse “L’auberge” (“La locanda”) nel 1884. Nel sonetto è deliziosamente tratteggiato un ostello della campagna francese denominato “Bonheur” dove si beve, si mangia, si fuma, si canta, si dorme, e non soltanto si dorme siccome l’oste e l’ostessa sono allietati da dieci bambini. In un tempo, fra l’altro, in cui le persone morivano di tifo e di tisi come mosche, Verlaine dichiara il passaporto contrario di felicità. Dunque il green pass è sinonimo di tristezza, l’Italia odierna è “la triste Società con Controllo per insegna”. Vino scuro per tutti.

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  • Camillo Langone
  • Vive tra Parma e Trani. Scrive sui giornali e pubblica libri: l'ultimo è "La ragazza immortale" (La nave di Teseo).