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Basta un francobollo

Camillo Langone

Inviare lettere non si usa più? Ma “la ritualità è veicolo del sacro”, scrive Gómez Dávila

E’ morto il genitore di un amico e anziché telefonare, ingombrando orecchie già provate dai preparativi del funerale, anziché scrivere una mail evanescente o ancor peggio un insignificante messaggio app, ho vergato un biglietto di condoglianze. Non lo fa più nessuno? Benissimo. Dopo averlo chiuso nella busta sono andato dal tabaccaio che, alla richiesta di un francobollo, mi ha guardato come fossi un marziano. Pur essendo il commerciante poco meno vecchio del defunto mi ha dato l'impressione di non capire di cosa stessi parlando. Forse se l'era dimenticato. E’ dovuto intervenire il tabaccaio figlio: niente francobolli, arriveranno domani. Ciao. Un secondo tabaccaio (una tabaccaia, per la precisione) mi ha risposto con meno stupore e più prontezza ma pure lì i francobolli erano finiti. Ri-ciao. Il terzo tabaccaio finalmente ne aveva, in un formato lenzuolo che mi ha costretto a coprire una parte, non essenziale, dell’indirizzo (nemmeno le poste credono più nei biglietti di condoglianze, necessitanti, siccome piccoli, di francobolli piccoli). Alla fine il biglietto è partito. Mi risulta sia perfino arrivato. “La ritualità è veicolo del sacro”, scrive Gómez Dávila. Si abbia pertanto la consapevolezza di vivere in tempi sotto certi aspetti facili, in cui basta pochissimo, un pezzo di carta, una penna, per elevarsi dalle masse digitali e divenire sacerdoti.

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  • Camillo Langone
  • Vive tra Parma e Trani. Scrive sui giornali e pubblica libri: l'ultimo è "La ragazza immortale" (La nave di Teseo).