(foto Ansa)
Le reazioni
Zaia ridà speranza agli ex leghisti contro Salvini: “Ora abbia coraggio”
La vittoria in Veneto, il sondaggio che va volare il Carroccio. Nell'universo leghista della prima ora sono a favore del regime change: "Ma Zaia deve decidere cosa fare"
“Io sono tra quelli che si sentono orfani della vecchia Lega Nord. E chissà che con Zaia non sia rinata una speranza”. C’è una frase dell’ex presidente del Veneto che a Roberto Castelli, uno dei volti storici del leghismo oramai in rotta con la Lega di Salvini, ha colpito particolarmente. “Quando dice che qualcosa ora farà, lascia intendere di voler far valere il suo peso elettorale. Lui dalle elezioni in Veneto esce rafforzato. Con questa vittoria pone un tema evidente di riscatto del nord. Ma certo andrebbe capito quanto possa valere al di fuori del Veneto”, argomenta l’ex ministro della Giustizia. Come raccontiamo oggi sul Foglio, una Lega a guida Zaia, secondo un sondaggio YouTrend, può pescare persino nel campo largo. E’ il momento del regime change? “Ha preso tantissimi voti e sono contento per lui”, nota Giancarlo Pagliarini, ex ministro e deputato del Carroccio. “Per noi leghisti della prima ora quel che conta è tornare all’idea di un’Italia federalista, molto diversa dall’autonomia differenziata di Calderoli. Se con Zaia sarebbe più facile arrivare a una riforma in tal senso? Ne sarei felice”, prosegue Pagliarini, secondo cui la leadership salviniana è oramai esautorata anche in ragione di una lontananza sempre più forte dalle rivendicazioni settentrionali. “Anche se io rifuggo dall’idea che Zaia dovrebbe guidare un ‘sindacato del nord’. Non c’è bisogno di sindacati né del nord né del sud, ma semplicemente di un paese che funziona meglio. Col federalismo la sovranità non è dello stato ma è degli enti territoriali”.
Tra chi ha accolto favorevolmente il successo elettorale di Zaia in Veneto c’è anche Paolo Grimoldi, portavoce di Bossi e da anni animatore del Movimento “Patto per il nord”, che mira a recuperare l’eredità della Lega dispersa in questi anni di salvinismo. “La domanda non è se Zaia abbia le qualità, il carisma e il riconoscimento per essere il leader della Lega, tutte caratteristiche che gli appartengono. La vera domanda è: perché non ha sfidato Salvini prima”, analizza Grimoldi. “Che in Veneto sarebbe tornato a raccogliere percentuali molto importanti lo avevano capito tutti. E’ ovvio che con questo successo avrà un peso contrattuale, ma visto che il congresso si è tenuto pochi mesi fa e Zaia ha evitato di dire la sua, non avrà alcuna possibilità di sfiduciare Salvini, di metterne in discussione la leadership”. Il modello propugnato da Zaia, peraltro, aggiunge ancora l’ex deputato, “è qualcosa che io vedo favorevolmente da tempo. E cioè la divisione tra un soggetto più nazionale e uno più territoriale, sull’esempio della Csu tedesca. Anche perché è sempre più evidente che la Lega nazionale, ridotta a sposare una linea assistenzialista, ha fallito”.
Un altro pezzo di questa storia è che la vittoria di Zaia, rilanciando la Lega dei territori, potrebbe far reclamare alla Lega anche la Lombardia, sebbene ancora ieri Salvini abbia detto “se FdI ci propone candidati validi li valuteremo” (mentre i Giovani leghisti con uno striscione esposto a Milano hanno chiesto che la Regione resti al Carroccio). “Io spero che la Lega, alla luce del risultato di Zaia in Veneto, possa ottenere la candidatura anche qui. Abbiamo dimostrato con i numeri che il nostro radicamento è più forte degli altri partiti”, ragiona l’ex deputato e già coordinatore della Lega in provincia di Bergamo Daniele Belotti. “Se Zaia può finalmente sostituire Salvini? Ha il carisma, le qualità e le capacità per farlo. E’ uno che pur potendo andare altrove ha sempre rispettato il mandato dei cittadini. E questo lo rende sicuramente una delle personalità più apprezzate all’interno della Lega”, dice ancora Belotti. Chi invece continua a credere che la leadership di Salvini sia al tramonto (“ha preso casa a Roma e ha compiuto una romanizzazione completa”) ma che Zaia abbia sbagliato i tempi è un osservatore del leghismo attento come Gigi Moncalvo, storico direttore della Padania. “Era più forte da governatore che da consigliere. Ora deve decidere cosa fare: se brigare per far cadere la giunta Stefani e ricandidarsi presidente. O se finalmente tirare fuori gli attributi e sfidare Salvini. Io però temo che abbia perso la gondola o il vaporetto”.