Il racconto
Meloni teme la “palude” di Salvini e i "giochi di palazzo" di Franceschini. Schlein la sfida per bruciare Conte
Una manovra difficile, Salvini che promette lealtà ma sabota la legge sul libero consenso (vagliata dal leghista Ostellari), Accellerazione sul premierato. Bonelli: "La sinistra che vuole governare non deve temere una legge elettorale nuova"
Voi vi fidereste di Salvini? Meloni non si fida e ha le prove. Schlein la sfida: “Pronta a confrontarmi con lei ad Atreju”. Meloni si protegge. Ha chiesto di calendarizzare il premierato a gennaio e vuole modificare la legge elettorale per evitare la “palude”. Si dice in FdI: “Con la Lega tutto è inverosimile ma nulla è impossibile. Anche un altro governo Draghi”. Salvini prima ha sabotato l’accordo Meloni-Schlein (sul libero consenso) poi ha spiegato che il testo è scritto male. Sapete chi ha seguìto il testo? Il sottosegretario alla Giustizia, il leghista Ostellari. Meloni comincia a temere il pareggio elettorale e con il pareggio Salvini può “tradire”.
E’ vero che per la destra adesso la legge sul consenso è scritta male, una “boldrinata”, ma è il testo che ha seguito un sottosegretario alla Giustizia, leghista, e ricevuto il vaglio del ministro Carlo Nordio. Dopo il Veneto, Salvini si è affrettato a precisare che vuole rispettare i patti in Lombardia al punto da dire che “se FdI avrà candidati all’altezza sarò ben felice di accogliere la loro proposta”. Poche ora prima, i giovani leghisti hanno affisso uno striscione sotto il Pirellone: “Il Veneto ha indicato la via, ora alla Lega la Lombardia”. Sono i giovani della Lega, si dirà, ma i giovani della Lega, in Lega, rispondono sempre al segretario. Salvini è doppio e Meloni lo conosce sin da quando gli aveva garantito: “Non voto Mattarella” salvo poi votare Mattarella. Sul libero consenso, che è stato sabotato, al Senato, dopo un’intesa politica Meloni-Schlein, si è sentita una senatrice leghista, e non si fa il nome volutamente, dire: “E’ arrivato l’ordine dall’alto”. Per una volta, Schlein si è giocata bene questo scivolone e ha puntato tutto su “pacta sunt servanda”. Ha veicolato l’idea che il governo non mantiene la parola, la stretta di mano e Meloni, sulla parola, la lealtà, ha costruito tutta la sua fortuna. Salvini è rinato e non tanto, e solo, per il Veneto. In Lega sono rimasti a bocca aperta perché in Puglia erano convinti di non “superare lo sbarramento”. Sta raccontando che a non volere la lista Zaia è stata Meloni e non certo lui. Sentite che dice Stefano Candiani: “In Veneto, Meloni si è sabotata da sola. Autolesionismo. E’ stata lei a impedire la lista Zaia, se Zaia avesse avuto una sua lista avrebbe drenato voti per la sua lista e la Lega…”. Si sta complicando il cammino di governo e il rapporto con Mattarella, per quanto se ne dica, è compromesso. La manovra è difficile. In un vertice a Palazzo Chigi si sarebbe trovata l’intesa sugli emendamenti. Resta quello sull’oro di Bankitalia. La corsa all’oro, alle riserve auree, è un rifugio e cela la necessità di mettere mano ai lingotti. Già Mario Draghi, in una lettera che fece epoca, prese per semplicioni due europarlamentari, un leghista e uno del M5s, che volevano il tesooorrro come Gollum del Signore degli Anelli. Bankitalia rimane in silenzio ma Meloni dovrebbe preoccuparsi di questo silenzio rispettoso. Anche l’altra misura della manovra, l’emendamento che serviva a far affiorare l’oro, di fatto è sub iudice perché lo fa affiorare ma dimezzando la tassa. Il risultato è che si genera anche un buco nel bilancio. Modificare il sistema elettorale serve a prepararsi. Il Salvini che dice che non si occupa di legge elettorale è pronto a dire sì al proporzionale con soglie mobili: chi raggiunge il 45 per cento ha un premio dell’otto per cento mentre chi raggiunge il 50 per cento ha un premio del cinque. Spiega Riccardo Magi di Più Europa: “La Legge Acerbo era meno truffaldina di quella che propone la destra. Questa legge serve soltanto ai segretari di partito che potranno continuare a scegliere chi candidare”. E’ un paradosso ma Meloni è la più grande alleata di Schlein. Non è preoccupata di perdere ma di pareggiare e che Dario Franceschini si inventi un’operazione di palazzo. La frase di Meloni è: “Il peggio che possa accadere non è perdere le elezioni ma finire nella palude”. La palude equivale ai governi tecnici, di salute pubblica, esecutivi incompatibili con la natura di FdI. La prima a desiderare la candidatura di Schlein a presidente del Consiglio è Meloni. L’accelerazione sul premierato, da discutere a gennaio, è solo un modo per mettere pressione a Schlein. Dice Angelo Bonelli che “una coalizione forte di centrosinistra potrebbe anche accettare il cambio della legge elettorale, dimostrare che vuole governare, di non avere paura”. L’indiscrezione fatta filtrare dal Pd, la disponibilità di Schlein a duellare con Meloni è la prima mossa politica di Schlein per imporsi, per arginare Conte. Dopo il rifiuto di Schlein di un mese fa, FdI ha chiamato Conte che stava per confermare la data, andare ad Atreju. Meloni teme la palude e Salvini, Schlein teme e Conte e le colline del campo largo. La legge elettorale finirà per essere il loro l’anello di fidanzamento.