Intervista al ministro degli Affari Europei
Parla Foti: "La pace non può essere la resa dell'Ucraina. Schlein cambi la legge elettorale con Meloni"
"Il piano Trump è una piattaforma robusta ma va migliorato, L'Italia non sarà esclusa dai negoziati sull'Ucraina. Salvini? Vota gli aiuti a Zelensky. Le dimissioni di Garofani? Ognuno fa le valutazioni opportune. Siamo leali con mattarella". Parla il ministro degli Affari Europei
Dice che l’unica pace per l’Ucraina è la “pace giusta e duratura”, “che la pace non può essere la resa dell’Ucraina”, che nessuno escluderà l’Italia dai negoziati, “nessuno”. Aggiunge che l’Europa sarà da supporto al piano di Trump “che ha una piattaforma robusta”. Parla al Foglio, Tommaso Foti, il ministro per gli Affari europei, Pnrr per le politiche di Coesione, il ministro verticale di FdI. Salvini, l’Ucraina, le armi? “Lavoriamo alla pace, obiettivo comune. Salvini ha sempre votato e sostenuto l’Ucraina. Il centrodestra non si spacca. E’ compatto”. La nuova legge elettorale? “Non vogliamo cambiarla perché abbiamo paura di perdere le prossime elezioni ma per offrire la stabilità. Se Schlein vuole davvero governare dovrebbe votare insieme a noi”. Il caso Garofani? “Archiviato. Chiuso. Nessuno attacco a Mattarella”. Le dimissioni di Garofani? “Ognuno fa le valutazioni che ritiene opportune”.
Gli chiediamo se ci sia un assedio di FdI a Mattarella e Foti risponde: “Basta con le fanfaronate, i retroscena da messa in scena”. Parliamo con Foti dopo la notizia che Kyiv avrebbe accettato la bozza americana e dopo la riunione di Meloni con la coalizione dei Volenterosi alla quale ha partecipato anche il segretario di stato Marco Rubio. La premier ha fatto sapere di “apprezzare il processo negoziale avviato a Ginevra su impulso americano”, ma ha ribadito “la necessità di solide garanzie di sicurezza condivise tra le due sponde dell’Atlantico. Domandiamo al ministro se siamo vicini alla pace o alla resa dell’Ucraina e Foti spiega che “la pace è pace quando è sottoscritta. Sentivamo parlare di 28 punti, adesso di 19. Non vorrei che a furia di dare i numeri si finisse solo per fare confusione”. Spiega che l’Italia con Meloni ha chiarito già quali siano le condizioni necessarie. Foti parla della “questione dei territori”, dell’esercito ucraino, e del ruolo che deve avere l’Europa. Ministro, che idea ha del piano Trump, ed è vero che i Volenterosi (Francia, Germania, Inghilterra) vogliono escludere l’Italia dai negoziati? Foti cita la telefonata di Meloni e il premier finlandese Stubb con Trump. Dice Foti: “E’ la prova che siamo protagonisti. Aggiungo che si sta riprendendo l’idea iniziale di Meloni sulle garanzie ucraine”. Si riferisce alla proposta Meloni di uno scudo per l’Ucraina sul modello dell’articolo 5 Nato. Non si infastidisce ma vorrebbe mettere fine alle speculazioni, poi, con garbo, prosegue: “L’idea che ci siano paesi europei contro altri paesi europei è un’interpretazione sbagliata. L’Europa sta lavorando unita allo stesso obiettivo. Non fa il controcanto a Trump. Il metodo di lavoro è un altro: si prende in esame il piano americano e si migliora”. Parla delle conseguenze e del futuro allargamento dell’Unione. Continua il ministro: “Per l’Europa si pone il tema dell’allargamento ai Balcani occidentali (in primis: Albania, Montenegro), Ucraina e Moldavia”. Gli giriamo uno dei rimproveri che l’opposizione rivolge a Meloni. E’ vero che state sul filo? Che per non scontentare Trump, il governo sta a malincuore con i paesi Volenterosi? Insomma, è vero che tenete il piede in due scarpe? Foti ripete che Meloni “è pragmatica, che le interessa solo l’obiettivo. Lei punta solo a quello, altri dell’opposizione nostrana preferiscono dare aria alla bocca”. Mentre conversiamo, al Copasir si parla del pacchetto di armi da inviare all’Ucraina e non si esclude che il voto in Parlamento possa essere anticipato prima di gennaio. Chiediamo a Foti se lo preoccupa il Salvini dopo la sbornia veneta, il successo, ma il ministro ricorda che la Lega ha sempre votato in sintonia, “compatta”. Dice che “il problema mi sembra che resti a sinistra. Se è vero, come è vero, che la politica estera ha un riflesso sulla politica interna, nelle politiche di governo, ebbene, se guardo con occhio distaccato, mi sembra che il campo largo è il campo dei desideri e non riesce a fare scelte. Per parafrasare Battiato: la sinistra cerca un centro di gravità permanente”. Passiamo a parlare di politica interna, del voto veneto, della legge elettorale e Foti con semplicità dice: “Non confondiamo le elezioni regionali con le politiche. Non commettiamo questo errore. Alla fine di questa stagione di elezioni tutto è rimasto così come era. La destra e la sinistra hanno conservato le regioni che governavano”. E il voto di FdI, in Veneto? “In Veneto FdI raddoppia e passa dal 9 al 18 per cento. Stessa cosa in Campania dove, a dirla tutta, la sinistra scende dall’80 per cento al 60 per cento rispetto al 2020. Mi preoccupa piuttosto un dato significativo e marcato, e ripeto, marcato, e intendo l’astensionismo”.
Le regionali sono per Foti, con rispetto, delle “elezioni amministrative allargate” e per una volta riconosce che l’election day è forse una via per arginare il dato dell’astensione, anche se, precisa, “serviva l’accordo di tutti i governatori”. Sorridendo aggiunge: “Sento analisi di dotti che dicono: con Meloni in campo cambia tutto. Non ci vuole un dotto, è un’analisi elementare”. Da ieri si parla di legge elettorale e Foti pensa che “leggi elettorali instabili hanno fatto nascere il governo gialloverde”. Ecco perché, per il ministro, “Schlein dovrebbe votare il cambio di legge. Se il Pd vuole stabilità di governo, dovrebbe modificarla. Se l’intenzione non è battere ma abbattere l’avversario, allora il discorso muta”. Finiamo con Garofani, le incomprensioni. La polemica nasce dalla nota del capogruppo di FdI, Bignami, il deputato che ha sostituito Foti alla Camera. Il ministro difende Bignami “perché Garofani poteva, come del resto ha poi fatto al Corriere, confermare o smentire i fatti. Li ha confermati. Bignami ha posto solo un problema con nome e cognome. FdI non ha mai tirato in ballo Mattarella”. L’unica cosa che vuole dire, prima di salutare, è “basta fanfaronate, non lasciamo che i retroscena diventino messe in scena. Nessuno mette in discussione la lealtà di Mattarella ma non si metta in dubbio neppure quella di Meloni verso Mattarella”.