Foto ANSA
Meraviglie democratiche
Come i cacicchi hanno salvato il Pd dai flop dei giovani di Schlein, che dovevano rottamare i cacicchi
Niente seggi per i membri più freschi del Pd, che alla fine servono per i festival dell’inclusione, per i salotti televisivi, per gli assalti a Emanuele Fiano all’università di Bergamo e per farsi battere dai sistemi territoriali che la storia ha reso eterni come le piante grasse in appartamento
Per vincere deve farsi portare da quelli che vuole perdere. Ed è così che Ella, cioè Elly, vince con i cacicchi ma è clamorosamente sconfitta quando presenta i suoi giovani. Il che non è un ossimoro, è una linea politica. Schlein, con piglio rinnovatore, aveva promesso tre anni fa di “azzerare capibastone e cacicchi vari”, di liquidare le rendite di posizione. E poi, qualche settimana fa, ha detto: “Giovani, invadeteci!”. Così, dopo la ventitreenne Mia Diop, ha presentato alle regionali in Veneto la ventisettenne padovana Virginia Libero, sua pupilla, segretaria dei giovani democratici, punta di lancia del nuovo corso, pro Pal, radicale, in kefiah e in Adidas. Solo che ieri Virginia Libero, nome da romanzo resistenziale, destino da scrutinio periferico, non è stata eletta in Veneto. Non è entrata in Consiglio regionale. Zero. Non è bastato l’apparire ogni settimana in tv in prima serata su La7, non è bastato che lo staff della Schlein le desse visibilità normalmente riservata ai parlamentari e agli ex ministri. Non sono servite nemmeno le interviste sulla – badate bene – “linfa vitale” del nuovo Pd. In pratica è come dire che ieri il simbolo del rinnovamento è stato rimosso con lo sgrassatore.
Invece i cacicchi, quelli veri, trionfano ovunque. Vincenzo De Luca in Campania, Antonio Decaro in Puglia. Quelli che Schlein appena eletta segretaria voleva mangiare e che invece l’hanno invitata a cena, col tovagliolo sulle ginocchia. Così Don Enzo le ha consegnato la Campania, ha preso Roberto Fico – candidato leggero come un foglio protocollo – e l’ha trasformato in governatore, a forza di apparato, comitati e pedagogia brusca. Don Antonio invece si è fatto presidente della Puglia con novecentodiciannovemilaseicentossessantacinque voti. I vecchi non basta mangiarli, bisogna digerirli, diceva Bufalino. E qui siamo ancora al reflusso.
Insomma da una parte ci sono quelli coi dodici mandamenti, le tessere, i pacchetti-voto che odorano di sottobosco e dall’altra ci sono i puri, i freschi, i trentenni col curriculum in pdf e il cuore in formato .zip che dicono “fermeremo il genocidio di Gaza”. Risultato: i primi portano i seggi, i secondi portano via le sedie. Totò, che non era Bufalino, diceva che “i giovani sono buoni per tante cose e spesso neanche per quelle”. Mentre Ella, cioè Elly, che non è certo Totò, ma nemmeno Bufalino, diceva invece: “Adesso basta capibastone e basta archeologia partitica”. Ma la politica, come il parquet di una sezione, scricchiola sempre nello stesso punto: quando si passa dalle parole alle preferenze. Nel Pd i giovani servono per i festival dell’inclusione, per i salotti televisivi, per gli assalti a Emanuele Fiano all’università di Bergamo e per farsi battere dai sistemi territoriali che la storia ha reso eterni come le piante grasse in appartamento. Sicché il dramma vero, alla fine, non è che Schlein abbia perso con i suoi. Il dramma è che per vincere deve farsi prestare i voti da quelli contro cui voleva combattere nei congressi, nei manifesti e nei sogni armocromatici. Mangiare i cacicchi? Slogan magnifico. Solo che il problema non è ingoiarli. Il problema è, appunto, digerirli. E finora, dal Nazareno, si sentono soltanto rumori intestinali.