Sergio Mattarella (foto LaPresse)

Il racconto

La verità di Mattarella: articoli, frasi inventate, una "lunga campagna per ferirlo". A Salvini non dispiace lo "scossone"

Carmelo Caruso

Gli amici del presidente parlano di un'ossessione per scoraggiarlo "ma non gli farà mai il regalo di dimettersi in anticipo". Per il leader leghista lo scontro con Mattarella è la prima buccia di banana di Meloni

Accerchiare e scoraggiare. Ferire. Gli amici di Mattarella iniziano a pensarlo: “E’ una lunga campagna contro il presidente. Una parola mai pronunciata, ‘scossone’, si trasforma in verità. Mattarella porterà fino alla fine il suo mandato. Non farà mai il regalo di dimettersi in anticipo. Mai”. Si cita un episodio doloroso. Due giorni dopo la morte della nipote di Mattarella, il giorno del funerale, viene pubblicato un articolo dal titolo “Case dello stato con vista Quirinale date in locazione a 100 euro al mese”. Serve come suggestione.


E’ l’11 settembre 2024, e lo stesso quotidiano del “caso Garofani” pubblica un articolo che collega il Colle con “l’affittopoli romana”. Sono, si legge, “appartamenti a due passi dagli uffici di Mattarella e il Demanio, che li possiede, ammette: ‘Non riusciamo a cacciare chi li abita’”. La domanda sottintesa, nel migliore dei casi è: come fa Mattarella a non sapere? Per settimane i cronisti lavorano sotto il Quirinale rivolgendo sempre la stessa domanda: “Avete visto dei funzionari del Quirinale entrare in quegli appartamenti?”. Si cerca un collaboratore di Mattarella, il caso, un collaboratore fumante. E’ da allora che si cerca. Da quel giorno, al Colle, parlano di “un’ossessione”, di quella che oggi sarebbe una “campagna contro il presidente”. L’ossessione prosegue dopo le perplessità di Mattarella sul sistema Starlink, i tweet di Andrea Stroppa, amico di Elon Musk. Mattarella tace ma quel giorno, quello del funerale della nipote, più di un collaboratore si chiede: perché pubblicarlo oggi, portare dolore su dolore a un uomo di 84 anni? Antonio Tajani ha dichiarato che la “vicenda è chiusa, rispetto per il capo dello stato” e Maurizio Gasparri ha difeso Garofani perché “poteva essere più cauto ma ha espresso solo la sua opinione”. Meloni ha dato ordine di fare silenzio, di non rilasciare interviste. Guido Crosetto si trova all’estero, in Qatar, ma deve esserci qualcosa se solo oggi esce fuori che lui e Garofani non si sono mai presi, che hanno  avuto frizioni sulle nomine del comparto Difesa. Forse per FdI sarà sufficiente. Chi conosce Crosetto, legge le sue interviste, non farà fatica a sapere cosa ne pensa dello “stupore” di Mattarella. Sono amici, la pensano allo stesso modo. Anche se non si è mai preso con Garofani, non è da Crosetto spiegare come si debba comportare a cena un collaboratore di Mattarella. E’ la destra che ha sempre teorizzato la carica attiva, la possibilità di esternare le proprie opinioni come fa del resto il presidente del Senato. E’ la vera ragione per cui anche Ignazio La Russa non ha gradito gli attacchi a Garofani. Vale quanto diceva Sciascia di un suo romanzo, Il Contesto, “ho cominciato a scriverlo per divertimento ma presto si è trasformato in qualcosa di terribilmente serio”. Cosa sarebbe accaduto se la mail recapitata al Giornale e alla Verità fosse stata pubblicata integralmente da entrambi i quotidiani? Si sarebbe rivelata una velina e avrebbe macchiato l’intera stampa d’area che crede in questo governo. E’ un servizio a Meloni o solo un modo, maldestro, per far dire all’opposizione che esiste la solita struttura delta, gamma o lambda? La parola “scossone”, ripetono al Quirinale, non è mai stata pronunciata, di certo, mai contro Meloni. “Scossone” viene utilizzato da chi scrive ma con sapienza viene agganciato alle parole di Garofani. E’ stata la reazione di Mattarella a cambiare la storia. Martedì sera, quando esplode la polemica e Meloni si trova a Padova, per il comizio a favore di Alberto Stefani, la premier confida che la reazione di Mattarella non era attesa. Non era prevista quell’intensità. Chi trova il buono nel male suggerisce che “il caso Garofani” copre la manovra, le pecette sull’oro (sono gli emendamenti segnalati da Lega e Forza Italia) il denaro che manca, un G20 che, spiegano, è ormai  un format esaurito. Meloni  vola oggi in Sudafrica per partecipare al G20, ma senza l’America di Trump. Sull’acquisto di armi con il meccanismo Purl da consegnare all’Ucraina, i saggi di Chigi spiegano che si è ancora alla fase di studio. Sono passati due giorni e Garofani, raccontano, è molto più che dispiaciuto. E’ membro della Consiglio supremo di Difesa. C’è la naturale preoccupazione che qualcuno abbia ascoltato altro, che sia stato seguito. Non voleva mettere in imbarazzo Mattarella. Continuano gli articoli sui collaboratori del presidente, la caccia al commensale che gli ha versato il vino, si cercano camerieri e, vedrete, che prest,  in questo “golpe degli anelli”, uscirà fuori Paragon (essere  intercettati è ormai come entrare al Rotary). Non lo dirà, ed è astuto a dissimularlo, ma Salvini è convinto che sia la prima buccia di banana su cui è scivolata Meloni. Il governo ha finora goduto di un’opposizione armocromista ma da adesso c’è un presidente che inizierà a collegare fatti ed episodi: articoli passati, parole inesistenti … Per paradosso la scalcagnata campagna del Pd contro Meloni al Colle si carica di significato. Ci voleva la Provvidenza. Uno scossone. Le primarie non servono più. Il naturale federatore del centrosinistra non può che essere Garofani.

  • Carmelo Caruso
  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio