Ansa

Presentazione ecumenica

“Al centro dell'aula”, libro-manifesto per un Casini quirinabile

Marianna Rizzini

Quarant’anni di carriera parlamentare per Casini e un amico-avversario come il presidente del Senato Ignazio La Russa che gli riconosce la capacità di dialogare oltre gli steccati. In sala, tra gli altri, Gianfranco Fini, Mario Monti, Gianni Letta, Dario Franceschini e i presidenti di Camera e Senato

“Al centro dell’aula”, nomen omen, pensano i convenuti alla presentazione dell’ultimo libro di Pierferdinando Casini, senatore indipendente eletto con il Pd, ex presidente della Camera, testimone e interprete della storia democristiana. “Al centro dell’aula – dalla prima Repubblica a oggi”: anche il sottotitolo dice tutto, come pure il fatto che il volume sia edito da Il Mulino, casa editrice storica della sinistra bolognese nella città del bolognese ex premier Romano Prodi, non a caso citato tra le pagine di Casini con tutto l’Ulivo, simbolo di un qualcosa che qualcuno (vedi alla voce Ernesto Maria Ruffini) oggi vorrebbe tanto rivedere nell’orto del Pd. Ed ecco Casini, in dialogo con lo storico Paolo Pombeni, pronto ad accogliere in sala i mondi avvicendatisi fin dal suo ingresso in Parlamento, nel 1983.

 

E in sala c’è chi allora c’era e chi, ammette strappando sorrisi il presidente leghista della Camera Lorenzo Fontana, allora aveva tre anni e Casini lo vedeva soltanto in tv. E ci sono, nelle prime file, le tre personalità che un Casini ecumenico, attento a sottolineare il suo essere voce di razionalità moderata, poi indicherà come gli uomini che rappresentano tre fasi della sua vita: il deputato, ex ministro e deus ex machina dem Dario Franceschini, con cui Casini ha condiviso gli esordi nebbiosi al casello autostradale di Ferrara,  giovani diccì accomunati dalla voglia di volantinare, seppure in due diverse correnti. E poi Gianfranco Fini, a cui lo lega, dice Casini, la “fase complicata” vissuta nei rapporti con Silvio Berlusconi. Infine, l’ex premier Mario Monti, l’uomo della fase indipendente. E’ un Casini che vanta estimatori diversissimi tra loro, quello che dà fondo ai ricordi di giovane democristiano e parla di Quirinale riferendosi a Oscar Luigi Scalfaro e Francesco Cossiga nel giorno in cui, a proposito di Colle odierno, non sono si sono ancora calmate le acque del caso Garofani.

 

Quarant’anni di carriera parlamentare per Casini, e un amico-avversario come il presidente del Senato Ignazio La Russa che gli riconosce la capacità di dialogare oltre gli steccati, davanti a un pubblico in cui sembrano disegnarsi i confini di un futuribile consenso tra centro della sinistra, centro della destra e centro-centro attorno al nome di Casini. Un Casini che si commuove quando saluta colui che definisce “custode” della storia dell’ex Pci-Pds-Ds, l’ex senatore e tesoriere Ugo Sposetti. Saluta anche l’ex sottosegretario e plenipotenziario degli anni berlusconiani Gianni Letta, Casini, mentre lungo le scale scendono il presidente della Siae e della Fondazione Cinema per Roma Salvo Nastasi e il manager Nicola Maccanico. Ci sono i renziani (la capogruppo al Senato Raffaella Paita) cui Casini rivolge il rammarico per la morte del fu Terzo Polo. Gongola, il senatore, quando La Russa dice che il suo Casini preferito era quello della Bicamerale di D’Alema. Poco dopo, lo stesso ex presidente della Camera, intervistato da Alessandra Sardoni e Massimo Franco, e introdotto dallo storico Pombeni, dirà che “in ogni avversario politico c’è un frammento di verità” (unica bestia nera della serata, la patrimoniale evocata da Elly Schlein).

 

E, a forza di sentirlo parlare citando Winston Churchill e S. Agostino, e discettando di bipolarismo trascinato dalle estreme e di legge elettorale – e a forza di sentir nominare l’Ucraina come punto imprescindibile della difesa dei valori dell’Occidente – beh, sembra quasi che Casini, alla domanda “dove va Casini?”, risponda senza davvero rispondere (ché, se potesse, forse, chissà, proprio un colle indicherebbe). 

Di più su questi argomenti:
  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.