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l'editoriale del direttore
Il complottismo creativo del governo e il campo letargo dell'opposizione
Alla maggioranza che vede nemici ovunque, tranne che al suo interno (citofonare Salvini sulle armi all’Ucraina), serve un bagno di realtà. Tanto più che per l’opposizione occorre ribaltare un vecchio slogan: se ci fosse, non bisognerebbe inventarla
Una delle pubblicità più riuscite e più famose degli anni Novanta recitava uno slogan rimasto per anni nella testa di molti italiani, e che ci aiuta a capire qualcosa di più sulla situazione politica attuale. Nei suoi tratti di serietà e, soprattutto, di surrealtà. Lo slogan venne elaborato per lanciare la prima Panda, quando a funzionare in verità non erano solo gli slogan ma anche le case automobilistiche, e quello slogan faceva così: “Se non ci fosse, bisognerebbe inventarla”. Lo slogan della Panda torna utile oggi, in tempi di Finanziaria, in tempi di scontri politici farlocchi, in tempi di complottismi creativi, dopo aver osservato con interesse, per qualche giorno, la qualità del dibattito politico attorno alla legge di Bilancio.
L’opposizione fa il suo mestiere, ovvero fa di tutto per opporsi al governo, anche giocando sporco. Ha cercato di strumentalizzare tre audizioni sulla manovra fatte da Istat, Banca d’Italia e Ufficio parlamentare di bilancio. Audizioni che altro non facevano che segnalare l’ovvio: in un sistema fiscale progressivo chi guadagna di più riceve naturalmente uno sconto maggiore in euro ma minore in proporzione al reddito, e chi guadagna un pochino di più in termini assoluti guadagna qualcosa in più quando un governo introduce benefici sui redditi medio-bassi. L’opposizione, si diceva, fa il suo mestiere, anche quando usa in modo strumentale le audizioni sulla manovra. Chi invece non fa il suo mestiere, verrebbe da dire, è il governo, che pur sapendo perfettamente che né l’Istat, né Bankitalia, né l’Upb hanno “massacrato” la maggioranza, come ha sostenuto il ministro Giancarlo Giorgetti, ha accettato di prendere per buona l’idea che contro il governo vi sia un insieme di soggetti minacciosi e desiderosi di indebolire l’esecutivo. Si tratta, naturalmente, di una simpatica barzelletta, alla quale non possiamo non aggiungere l’altrettanto simpatica barzelletta di un ministro delle Infrastrutture, nonché vicepremier, di nome Matteo Salvini: molto duro sull’immigrazione illegale, molto duro sulle politiche europee sull’immigrazione, molto duro sui grandi rischi che correrebbe l’Italia su questo fronte, ignorando il fatto, forse, che al governo si trova proprio il partito guidato da Matteo Salvini e che a sostenere le politiche europee sull’immigrazione è il governo di cui fa parte Salvini, è il presidente del Consiglio sostenuto da Salvini, sono i due partiti con cui Salvini è alleato in Italia, Fratelli d’Italia e Forza Italia. Il complotto inesistente che la destra tende costantemente a evocare durante la sua azione di governo – le “élite di Bruxelles”, “i burocrati di Bankitalia”, “i tecnocrati dell’Istat”, “il partito dei vaccini”, “la casta delle banche” – ci dice molto su alcuni interessanti tic della nostra politica.
Il primo punto, naturalmente, riguarda il carattere irreversibile del complottista: se lo sei stato una volta, continuerai a esserlo per sempre, seppure in un modo diverso. La differenza tra il complottista che si trova all’opposizione e quello che si trova al governo non riguarda il tipo di linguaggio, che in fondo è sempre lo stesso (“l’Italia sotto attacco”, “la verità che non vi dicono”, “le fake news dei giornaloni”), ma un’altra cosa. Il complottista all’opposizione usa il complotto per spiegare perché non lo fanno arrivare al governo; quando invece arriva al governo usa il complottismo per spiegare perché non lo fanno governare come il complottista vorrebbe. Quando il complottista arriva al governo può capitare che abbia davvero dei nemici arcigni da cui difendersi. Ma in alcuni casi i nemici arcigni sono più frutto dell’immaginazione che della realtà. E quando i nemici arcigni fanno parte più dell’immaginazione che della realtà succede che il complottista, per connettersi sentimentalmente con il proprio elettorato tradito su alcune partite, ha bisogno di gonfiare il proprio motore narrativo a colpi di ingiustizie presunte, nemici strabordanti, tradimenti diffusi. Un complottista, come da altro famoso slogan, è per sempre, lo sappiamo, anche se poi il complottista che abusa del complottismo rischia di generare l’effetto al lupo al lupo: se tutto è un complotto, niente è un complotto. E se si evocano, per esempio, complotti della magistratura anche quando è evidente che non ci sono, i complotti veri – che esistono – non verranno più identificati come tali, se mai dovessero manifestarsi. Cosa che, in tempo di referendum sulla giustizia, non si può escludere accada. Ma il complottismo all’amatriciana del governo, per così dire, un complottismo che spesso serve a mascherare le scelte anticomplottiste fatte su altri ambiti, è il sintomo anche di un’altra questione più gustosa, che vale la pena approfondire. La destra di governo evoca nemici che non ci sono perché non ha avversari abbastanza temibili da poter attaccare. E se i nemici reali sono quelli che sono, i nemici da segnalare non possono che essere quelli farlocchi, a meno di non voler riconoscere ciò che non si può riconoscere: ovvero che gli unici avversari del governo oggi, non essendoci avversari veri, sono le forze che compongono la maggioranza (come testimoniato anche dalla oscena divisione del governo sull’Ucraina, con la Lega che sta dando il peggio di sé stessa delegando totalmente la sua identità all’agenda Vannacci, alla ricerca di un nuovo pretesto per sacrificare la difesa di Kyiv sull’altare della demagogia, trasformando alcune accuse di corruzione al governo ucraino in motivazioni valide per sospendere l’impegno italiano nella difesa di una democrazia aggredita: per la Lega, la presunzione di innocenza vale solo quando a essere indagato è un amico della Lega).
E se dunque al governo non riesce qualcosa, se la crescita è quella che è, se la produzione industriale è quella che è, se i salari sono quelli che sono, se la burocrazia è quella che è, la responsabilità dovrebbe ricadere unicamente sulle spalle del governo. I complotti evocati dalla maggioranza lasciano il tempo che trovano ma segnalano un problema per la democrazia italiana ancora più pericoloso della politica dei complotti: l’assenza di un’opposizione che possa essere considerata dalla maggioranza così minacciosa da indurla ad alzare l’asticella della propria azione di governo. Un tempo, ai tempi della prima Panda, si diceva che se non ci fosse bisognerebbe inventarla. Oggi, ai tempi del campo largo, sempre più in versione campo letargo, si potrebbe dire l’opposto: se ci fosse, semplicemente, non bisognerebbe inventarla.