Il caso

Cosa accade ora che la Lega minaccia di negare (sul serio) gli aiuti a Kyiv

Redazione

Mattarella riunisce il Consiglio supremo della difesa, mentre il 2 dicembre Crosetto presenta il nuovo pacchetto di aiuti. Non è qui che si rischia lo strappo. Ma sul decreto per autorizzare gli invii di armi nel 2026. Meloni punta a ritardarne il voto, convinta che la polemica di Salvini possa rientrare. Il ruolo di Azione, Iv e Pd

Fino a poco tempo fa quando si chiedeva a Giorgia Meloni o Antonio Tajani - come a qualsiasi altro esponente di FdI e Forza Italia - delle intemperanze di Matteo Salvini e della Lega sull'Ucraina, la risposta che si riceveva era sempre la stessa: "La Lega ha sempre votato gli aiuti militari a Kyiv". Della serie, le chiacchiere stanno a zero: Salvini e i suoi possono dire quel che vogliono, ma, quando si tratta di votare, e cioè di essere seri, anche loro tengono la linea filo ucraina del governo. Eppure, proprio negli ultimi giorni qualcosa sembra stia cambiando. Il segretario leghista ha cominciato a far capire il cambio di linea. "Stanno emergendo gli scandali che coinvolgono il governo ucraino, non vorrei che con i soldi di lavoratori e pensionati italiani si andasse ad alimentare la corruzione. L'invio di altre armi non risolverà il problema", ha detto alla fine della scorsa settimana, giocando in maniera pericolosa sulle recenti inchieste sulla corruzione in Ucraina. Altri esponenti del Carroccio hanno inteso il via libera di Salvini e hanno cominciato a chiarire di non essere più disposti a votare il sostegno militare italiano all'Ucraina. Questa mattina, anche il governatore uscente del Veneto Luca Zaia lo ha detto chiaramente: "Sono contrario all'invio di armi a Kyiv, serve la diplomazia, non le bombe".

E pensare che proprio ieri il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, da Berlino, ammoniva su come: "La guerra di aggressione è un crimine". Oggi, presieduto da Mattarella, si riunisce il Consiglio supremo di Difesa per l’esame dell’evoluzione dei conflitti in corso e delle iniziative di pace, con particolare riferimento proprio all’Ucraina e alle minacce ibride che derivano dalla dimensione cognitiva del conflitto con la Russia.

Una cosa è certa: se uno strappo leghista ci sarà, non è destinato a verificarsi presto.

Il prossimo 2 dicembre il ministro della Difesa Guido Crosetto presenterà al Copasir, il dodicesimo pacchetto di aiuti militari che l'Italia è pronta a inviare a Kyiv. L'approvazione del nuovo pacchetto però non prevede nessun voto: né in Parlamento, né in consiglio dei ministri e, dunque, non potrà in nessun modo certificare lo strappo leghista. Infatti, sin dall'inizio dell'invasione russa dell'Ucraina nel 2022, gli aiuti militari inviati dall'Italia seguono una procedura lineare. Ogni anno, con una singola votazione, il Parlamento autorizza – all'interno di un decreto quadro – l'invio di armi a Kyiv. È poi un decreto interministeriale (e che dunque non deve passare né alle Camere, né in Cdm)  – firmato da Difesa, Esteri ed Economia – a determinare i singoli pacchetti di aiuti. Il suo contenuto resta secretato, ma il ministro della Difesa informa il Parlamento proprio attraverso il Copasir.

Se non sui pacchetti, dunque, è nella fase di rinnovo dell'autorizzazione all'invio di armi che potrebbe invece consumarsi lo strappo. Già in queste settimane il ministero della Difesa lavora al decreto di proroga dell'autorizzazione per il 2026. Ma proprio per evitare sorprese da parte del Carroccio, è improbabile che questo decreto arrivi in Parlamento prima del nuovo anno, nonostante la pressione di una parte dell'opposizione.

Anche per questo, Giorgia Meloni ha invitato i suoi a non replicare alle uscite di Salvini e degli altri leghisti sulle armi. Da un lato bisogna evitare la polemica interna al centrodestra a una settimana dal voto regionale in Campania, Puglia e Veneto. Dall'altra, la convinzione è che, da qui al momento del voto sulla nuova autorizzazione, Salvini possa essere tornato a più miti consigli. Anche se questo non avvenisse, comunque non dovrebbe mancare una maggioranza parlamentare per l'invio di armi a Kyiv: Azione, Iv e un pezzo maggioritario di Pd, infatti, sono pronti a votare con FdI e Forza Italia per la nuova autorizzazione. 

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