L'editoriale del direttore

Cerchi invano un vero pacifista, finché non arrivi al Quirinale

Claudio Cerasa

I pro Pal hanno ammainato le loro bandiere, non si vedono manifestazioni di solidarietà al Sudan, o proteste contro massacri non attribuibili all’occidente. E’ Mattarella, invece, che celebra la pace vera, come risultato della libertà, difesa anche con le armi

Meno pro Bal, più pro Mat. A volte i puntini bisogna saperli unire. E quando i puntini sono lì di fronte a noi, così chiari, metterli insieme, uno dopo l’altro, non dovrebbe essere così difficile. E i puntini, ancora una volta, se messi insieme uno accanto all’altro, ci costringono a porgerci una domanda tanto difficile quanto elementare: esattamente, che cosa vuol dire oggi essere pacifisti? Ci si era illusi, per un periodo, per qualche ora, di avere di fronte a noi una schiera di pacifisti mossi da buone intenzioni, parliamo dei tempi gloriosi della flotilla. Pacifisti, così ci era sembrato di capire, che avevano a cuore il destino dei palestinesi, il loro futuro, e che, così ci era stato detto, non scendevano in piazza per portare acqua al mulino dell’antisionismo, ma scendevano in piazza solo per combattere contro tutti gli aguzzini del popolo di Gaza, solo per far sì che lo sventolio della bandiera palestinese potesse contribuire a isolare i nemici della famosa autodeterminazione palestinese. I pacifisti pro Pal, però, nonostante le molte rassicurazioni ricevute, hanno smesso di sventolare le bandiere proprio nel momento stesso in cui la pace, a Gaza, è diventata reale, e proprio quando il futuro dello stato palestinese è stato messo nelle mani di Hamas: non appena vi toglierete di mezzo – è il succo del piano Trump – sarà possibile fare passi in avanti per rendere credibile la prospettiva di due popoli e due stati. Il pacifismo, lo abbiamo detto, in versione pro Bal (nel senso di balle) ha smesso di conquistare le piazze nel momento stesso in cui è risultato evidente che il futuro della Palestina passa dalla battaglia contro Hamas, e pur con tutta la buona volontà del mondo è difficile non considerare oggi quella forma di adesione alla causa palestinese come qualcosa di più simile a una battaglia pro Bal (nel senso di balle) che a una battaglia pro Pal (nel senso di Palestina).

 

Abbiamo dunque provato a guardarci in giro, cercando disperatamente qualche pacifista desideroso di spendere un briciolo di attenzione per i cristiani massacrati dagli islamisti in Africa (i pacifisti di sinistra si sono fatti rubare anche la battaglia contro Boko Haram da Trump). E abbiamo cercato con interesse qualche scuola o qualche università occupata in solidarietà con il Sudan (ma se i massacri non sono attribuibili all’occidente, i pacifisti occidentali non sanno cosa scrivere nei propri hashtag: dal fiume al mare, gli islamisti integralisti non devono sgozzare, non è melodico come il canto più famoso). E dunque, disperati, abbiamo cercato di trovare qualche pacifista indignato contro l’Europa guerrafondaia, qualcuno pronto a organizzare manifestazioni, seminari, occupazioni per difendere la nostra libertà. Ma anche di fronte ai continui sconfinamenti dei droni russi nei nostri cieli (martedì scorso chiuso anche l’aeroporto di Bruxelles, ma ormai gli sconfinamenti sono all’ordine del giorno) il pacifismo più impegnato non ha trovato il giusto slogan per mostrare la sua contrarietà contro le “esondazioni” russe (ma potete scommettere che non appena verrà inviato a Bruxelles il nuovo piano della difesa da parte dei paesi membri, le voci di protesta dei pacifisti torneranno a farsi sentire).

 

Dunque, sconsolati, ci siamo chiesti se esista un amico della pace, un pacifista vero, che possa essere considerato oggi come un vero amico della pace, e non un complice del pacifismo cialtrone e pro Bal, e la risposta alla nostra domanda si è materializzata qualche giorno fa, martedì sera per la precisione, quando il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, God Bless, ha inviato al ministro Guido Crosetto un messaggio di poche righe in occasione della Festa delle forze armate. Un messaggio forte, verrebbe da dire non a caso cancellato da buona parte dei giornali. Due passaggi. “La Giornata dell’Unità nazionale e delle Forze armate che oggi celebriamo è momento di ricordo e di espressione della riconoscenza del paese per quanto i cittadini in uniforme fecero, combattendo per fare dell’Italia una Nazione indipendente e libera, ispirata a valori democratici e di pace”. Secondo passaggio: “Il pericolo di allargamento del sanguinoso conflitto scatenato dall’aggressione all’Ucraina da parte della Federazione Russa impone grande attenzione e un impegnativo sforzo di adattamento dello strumento militare, per la creazione di una comune forza di difesa europea che, in stretta cooperazione con l’Alleanza Atlantica, sia strumento di sicurezza per l’Italia e l’Europa”. Mattarella, dunque, celebra la pace non come rinuncia al conflitto, ma come risultato della libertà difesa con le armi. Respinge implicitamente l’idea che la pace si ottenga smettendo di armarsi. Definisce la difesa non come una parentesi della guerra, ma come una condizione della pace. E ricorda quanto difendere oggi l’Ucraina sia essenziale per difendere i valori democratici dell’Italia, e dell’Europa, e quanto dunque riarmarsi, con un “impegnativo sforzo di adattamento dello strumento militare” e con la “creazione di una comune forza di difesa europea”, sia l’essenza vera del pacifismo pragmatico e non demagogico. Messaggio semplice. Essere pacifisti modello pro Ban (nel senso di bandierine) e modello pro Bal (nel senso di balle) significa essere pronti non a  difendere la pace, ma a creare le condizioni per altre guerre. Voler rafforzare la nostra difesa, con le armi, con i soldi, con la forza, significa creare argini contro le escalation e gli sconfinamenti dei paesi canaglia. Se i pacifisti italiani hanno intenzione di non disperdere le proprie energie e di muovere passi per difendere la pace, piuttosto che accusare l’occidente che si difende dovrebbero iniziare a capire quanto sia pericoloso per la nostra libertà trasformare gli aggrediti in aggressori e gli aggressori in aggrediti. Meno pro Bal (nel senso di balle). Più pro Mat (nel senso di Mattarella).

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.