Il racconto
Meloni di stabilità: verso la riconferma degli ad di Eni, Enel, Terna, Leonardo. Crescono i nuovi Descalzi
A marzo scadono i vertici della "quattro sorelle", le partecipate di stato e la premier punta a sostituire solo le presidenze. In Eni avanza la nuova generazione Descalzi
Sa già cosa vuole fare: confermare. Confermare chi ha scelto a inizio legislatura, confermare i manager che hanno dimostrato lealtà, affidabilità, ottenuto “risultati eccellenti”. Meloni vuole confermare gli amministratori delegati delle società partecipate. A primavera del 2026 andranno in scadenza i vertici e Meloni è pronta a rinnovare per la quinta volta il mandato di Claudio Descalzi, il Siddharta dell’Eni. Si va verso la “bonizzazione” del suo mandato. Si fa riferimento a Giuseppe Bono, lo storico manager di Fincantieri rimasto alla guida per ben vent’anni. Descalzi guida l’Eni dal 2014, quattro mandati. Meloni vuole rendere plastico il suo concetto di “stabilità” e preparare la calce per il Meloni II.
Ha detto Sabino Cassese: “In Italia servono quarant’anni di Meloni, quaranta. Finiti i quaranta, la sinistra potrà rinascere”. In attesa dei quaranta, si preparano i dieci anni Meloni e si preparano già da marzo. Scadranno allora i mandati di Descalzi all’Eni, Flavio Cattaneo all’Enel, Roberto Cingolani a Leonardo e Giuseppina Di Foggia a Terna. Saranno le seconde nomine del governo Meloni e a gestirle saranno ancora Fazzolari, Giorgetti oltre ovviamente la premier. L’ultima parola è di Meloni e la sua parola è “stabilità”. Meloni non ha mai accettato un rimpasto di governo per mostrare ai mercati la solidità italiana. E’ convinta che anche nelle partecipate servano mandati longevi, come servirebbe un mandato lungo in Rai. L’Eni è speciale. E’ la madre di tutte le partecipate.
I nuovi Descalzi saranno un giorno gli allievi di Descalzi e sono almeno quattro. L’ad di Eni è sempre stato definito da Palazzo Chigi “affidabile” (così come Cingolani). In questi anni sono proseguite le operazioni di “globalizzazione” dell’Eni. Il 3 novembre è stata finalizzata un’intesa con Petronas, un piano d’investimenti in Indonesia e Malesia che vale 15 miliardi di dollari. Nell’ultimo anno l’Eni si è organizzata. Da due direttori generali si è passati a tre. Sono Giuseppe Ricci, Francesco Gattei e Guido Brusco. Ricci ha mantenuto il ruolo strategico sul piano di trasformazione industriale in Italia. Gattei ha il ruolo di Cfo e chief transition officer ma anche il comando su Enilive (si occupa di produzione biocarburanti e di servizi per la mobilità) ed Eni Plenitude (integra la produzione di energia elettrica e mobilità elettrica rinnovabile) le due società dove sono già entrati investitori esteri. Gattei ha preso parte delle competenze di Giuseppe Ricci che però mantiene il ruolo strategico sul piano trasformazione industriale degli asset di Eni in Italia.
Il terzo, il manager più rampante, è Guido Brusco e guida la struttura Global Natural Resources, la struttura che ha le leve e le competenze tecniche per la gestione del core businnes di Eni (esplorazione e produzione oil&gas). E' Brusco il manager dei grandi accordi esteri in Algeria, Usa, Emirati, Petronas. Sono tutti allievi di Descalzi come è allievo di Descalzi anche l’ad di Saipem, Alessandro Puliti. Sono quattro e un giorno, come Descalzi, Siddharta, potranno praticare l’ascesi. Le sole tessere che Meloni è disponibile a modificare sono le presidenze delle “quattro sorelle”. Il presidente di Eni è un servitore dello stato, l’ex comandante generale della Gdf. A scadenza di mandato si prevede l’avvicendamento e in Eni si ragiona su tre figure: Luca Zaia, Giovanni Caravelli direttore Aise o Vincenzo Gesmundo, il segretario generale di Coldiretti. Anche Meloni come Pannella pensa che “la durata è la forma delle cose”.