Verso il referendum
Dem per il "sì". La separazione delle carriere non è un attacco alla magistratura, dice Nannicini
L'ex sottosegretario alla Presidenza nel governo Renzi spiega perché non ha cambiato idea (a differenza di altri a sinistra)
No al complittismo e al "non così, ma". La riforma Nordio, dice, "“è il completamento logico della riforma Vassalli del 1989, che trasformò il processo penale in senso accusatorio. In quel modello, giudice e pubblico ministero devono avere ruoli distinti"
Si era augurato, Tommaso Nannicini, già senatore dem ed ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio nel governo Renzi, che la sinistra partecipasse alla riforma della giustizia senza evocare complotti massonici e senza cadere nel cosiddetto “noncosismo”, come diceva qualche mese fa, evocando la “nuova frontiera del trasformismo nel centrosinistra, soprattutto nel Pd: visto che devo giustificare i miei cambiamenti di linea per compiacere la leadership del momento, dico che il problema sta nei commi, nei cavilli attuativi, non nel principio generale. Il premierato? Ci sta, ma non così. La partecipazione dei lavoratori in azienda? Ci sta, ma non così”. Effetto collaterale: gran parte dei politici d’opposizione “sembrano maestrini con la matita blu più che legislatori”. Risultato: “fuga dalla sostanza dell’indirizzo politico e dalla domanda centrale: sul principio della separazione delle carriere siete d’accordo o no?”.
Oggi, a riforma approvata, con il referendum all’orizzonte, chiediamo a Nannicini di spiegare perché è rimasto della stessa idea, a differenza di altri nel centrosinistra. “La separazione delle carriere non è un attacco alla magistratura”, dice, “è il completamento logico della riforma Vassalli del 1989, che trasformò il processo penale in senso accusatorio. In quel modello, giudice e pubblico ministero devono avere ruoli distinti: il primo è terzo e imparziale, il secondo è una parte nel processo. Eppure, ancora oggi condividono concorsi, carriere e organi di autogoverno. E’ un cortocircuito che tradisce lo spirito della riforma”. Si parla di cultura della giurisdizione unitaria. “L’idea che giudici e pm appartengano a un unico corpo, interscambiabile”, dice Nannicini, “è difficile da conciliare con il principio del contraddittorio, che presuppone una distinzione netta tra chi giudica e chi accusa. Se sono colleghi, formati insieme, valutati insieme e gestiti dallo stesso consiglio, è inevitabile che resti almeno un’ombra di sospetto: che si assomiglino troppo, che condividano lo stesso linguaggio e le stesse priorità. Separare le carriere serve proprio a liberare il campo da questa ambiguità”. C’è però chi, da sinistra, teme l’indebolimento di uno dei tre poteri dello stato in favore di quello esecutivo. “Ci sono altre ragioni di merito per cui si può essere contro la riforma del governo. Ma le parole sono importanti: parlare di ‘attacco alla magistratura’ o addirittura ‘alla democrazia’ non ha senso”. Si arriva anche all’evocazione del complotto. “Ho letto persino che saremmo in pericolo perché la separazione delle carriere era prevista nel ‘Piano di rinascita democratica’ della P2 di Licio Gelli”, dice Nannicini, “ma che c’entra? La separazione delle carriere è una proposta sostenuta da decenni da giuristi, intellettuali e rappresentanti della società civile. Tutti piduisti? Si pensi alla mozione Martina alle primarie del Pd nel 2019, che proponeva la separazione delle carriere: fu votata dal 36 per cento degli iscritti e promossa da una parte significativa dell’attuale gruppo dirigente del Pd. Tutti piduisti anche loro? E poi, nel Piano Gelli c’era di tutto: anche il taglio dei parlamentari, che il Movimento 5 Stelle ha fortemente voluto e ottenuto. Nessuno li ha accusati di portare avanti piani massonici. Perché, allora, sollevare il sospetto solo sulla separazione delle carriere?”. Perché? “Forse perché mancano argomenti più solidi. E qui c’è un punto politico più generale: se vincerà il ‘no’, si sancirà di fatto che è impossibile cambiare la Costituzione se non attaccando la dignità della politica, come è avvenuto con il taglio orizzontale del Parlamento”.
Fratelli coltellini