La protesta degli Ncc a Roma nel marzo del 2024 (foto LaPresse)

concorrenza

Lezioni della Consulta (e di Occhiuto) al governo nemico della concorrenza

Carlo Stagnaro

La Corte Costituzionale ha bocciato, perché “sproporzionati”, i vincoli imposti dal ministro Matteo Salvini agli Ncc. Questa sentenza, come ha rimarcato Occhiuto, non è dunque a favore degli Ncc, ma dei cittadini, i quali ne sono i beneficiari ultimi

La Corte Costituzionale ha bocciato, perché “sproporzionati”, i vincoli imposti dal ministro Matteo Salvini agli Ncc, che erano stati voluti per proteggere i taxi. In particolare, i giudici hanno falciato l’obbligo di attendere venti minuti o rientrare in rimessa tra una corsa e la successiva; il divieto di stipulare contratti di durata con intermediari quali alberghi e tour operator; e l’obbligo di compilare il foglio di servizio elettronico attraverso l’app predisposta dal ministero dei Trasporti. In sostanza, secondo la Corte queste previsioni non rientrano nell’ambito della tutela della concorrenza, dove la competenza è statale, ma in quello del trasporto pubblico locale, che è di pertinenza regionale. Quindi, la decisione si fonda sulla ripartizione dei poteri tra i differenti livelli di governo. Se questo è il grimaldello formale, alla base dello scontro c’è una però questione sostanziale, che si legge in controluce anche nella stessa sentenza. Il ricorso su cui si sono pronunciati i giudici costituzionali era stato promosso dalla Calabria – una regione in cui la qualità delle infrastrutture e dei servizi di trasporto è precaria, per usare un eufemismo – al fine migliorare la mobilità interna, anche alla luce della crescente domanda turistica. Per farlo, il presidente Roberto Occhiuto, tra l’altro da poco trionfalmente rieletto, aveva correttamente deciso di puntare sulla concorrenza e l’ampliamento dell’offerta, che hanno necessariamente gli Ncc per protagonisti.

 

Ha commentato Occhiuto: “Sugli Ncc la Calabria vince una battaglia storica, che abbiamo combattuto nell’interesse collettivo, a favore dei consumatori per avere servizi più efficienti, per la libertà di impresa. Perdono le corporazioni e perde la logica protezionistica”. La pronuncia della Corte arriva a valle di un complesso contenzioso, che aveva visto il governo stesso impugnare le leggi calabresi finalizzate a rilasciare nuove licenze e utilizzare gli Ncc per “garantire una mobilità adeguata” a turisti e residenti. In altri termini, la Corte ha bacchettato il governo, che non può invocare la competenza sulla materia concorrenziale per regolamentare in senso opposto, ampliando irragionevolmente le tutele a favore di una categoria protetta (i tassisti). Il Mit non era intervenuto nel senso di garantire pari trattamento e preservare le peculiarità di Ncc e tassisti (in particolare la facoltà di questi ultimi di rivolgersi a una clientela indifferenziata). Aveva, al contrario, introdotto dei vincoli tecnici del tutto irragionevoli e, pertanto, inutilmente e ingiustificatamente punitivi, da un lato, verso gli Ncc stessi e, dall’altro, verso le prerogative delle regioni.

 

Questa sentenza, come ha rimarcato Occhiuto, non è dunque a favore degli Ncc, ma dei cittadini, i quali ne sono i beneficiari ultimi. La decisione apre un duplice paradosso politico. In primo luogo, espone ancora una volta quanto sia vuoto lo slogan con cui Giorgia Meloni ha chiesto, ormai tre anni fa, la fiducia alle Camere: “non disturbare chi ha voglia di fare”. Invece, in questo come in altri casi, l’esecutivo promuove norme che hanno non solo l’effetto, ma addirittura l’obiettivo esplicito di ingabbiare proprio chi avrebbe voglia di fare (gli Ncc), con buona pace dei consumatori. Ma è ancora più stridente il contrasto in casa della Lega: a dispetto di quella parte della Lega che ancora oggi rivendica la battaglia per l’autonomia, come fanno tra gli altri Attilio Fontana, Luca Zaia e Roberto Calderoli, il Carroccio difende un’imposizione centralista in una questione che attiene strettamente lo sviluppo territoriale. Le caratteristiche tenuamente federaliste dell’ordinamento italiano vengono così difese dalla più povera (in termini di Pil pro capite) delle regioni meridionali. Il vero vincitore in questo braccio di ferro, quindi, è Occhiuto, il quale – nel difendere i diritti dei calabresi – difende i diritti di tutti. E dimostra che una regione può crescere solo allargando le maglie della regolamentazione e valorizzando, davvero, la voglia di fare dei suoi imprenditori e dei suoi lavoratori.

Di più su questi argomenti: