Verso il referendum

Sì da sinistra alla riforma della giustizia. Parla Claudia Mancina

Marianna Rizzini

La filosofa ed ex deputata del Pds difende la riforma Nordio: “Non tocca l’indipendenza dei magistrati. È un errore opporvisi solo perché arriva da questo governo. Peccato per il dibattito polarizzato”

Un “sì” convinto alla riforma della giustizia firmata Nordio, quello pronunciato (da sinistra) da Claudia Mancina, filosofa, storica ed ex deputata per il Pds e i Ds. Siamo di fronte a una riforma che spaventa anche chi, nella sinistra garantista, da sempre ha espresso posizione favorevole alla separazione delle carriere, perché? “Purtroppo, come sempre”, dice Mancina, “la discussione viene travolta dal conflitto politico. E se, in generale,  per qualsiasi argomento, questo atteggiamento è dannoso, in particolare lo è su una questione come quella in esame, allo stesso tempo tecnica ma dotata di una forte valenza politica e morale. Ricordo che il tema è da sempre presente nella tradizione garantista della sinistra, quella cui fa riferimento, per esempio, Cesare Salvi quando parla di Aldo Tortorella”. “La separazione delle carriere”, dice Mancina, “deriva in modo inevitabile dalla riforma del processo penale fatta da Giuliano Vassalli, il famoso codice Vassalli, e dalla riforma dell’articolo 111 della Costituzione in cui si parla di terzietà del giudice. Se il giudice è terzo, non può essere fratello gemello del pm”. C’è chi però da sinistra dice: sono sempre stato garantista ma voto no, perché in questo modo si toglie indipendenza alla magistratura. “E’ un argomento assolutamente privo di fondamento”, dice Mancina: “Non c’entra nulla l’indipendenza della magistratura con la separazione delle carriere. L’aspetto importante è che vengano separati i due Csm, che ce ne sia uno per i pm e uno per i giudici”. Eppure si insiste molto su questo punto, tra gli oppositori. “L’indipendenza della magistratura, ripeto, non c’entra. Anzi: nel testo della legge viene riaffermata. Sento emergere, in certe posizioni, a sinistra, il discorso: ‘Di questo passo il pm finirà sotto il potere del governo’. Ma non ha senso. Come si fa dirlo? Tra l’altro, nelle grandi democrazie europee, l’unico caso di subordinazione dei pm al governo è in Francia. Trovo si usino argomenti inconsistenti e tirati per i capelli”. C’è un motivo scatenante? “Credo la vera questione non sia tanto la paura di una perdita di indipendenza”, dice Mancina, “quanto la difficoltà di accettare una riforma fatta da questo governo. Certo, avrei preferito che la riforma l’avesse fatta la sinistra e c’è un aspetto che non mi convince, il sorteggio, ma non è così rilevante da gettare ombra sull’intera riforma”. Dispiace invece  a Mancina che – sia dal lato della maggioranza sia da quello dell’opposizione — non ci sia stato alcun tentativo di collaborare. “Questo tipo di riforma andrebbe fatta lavorando insieme”, dice citando l’esempio della riforma dell’articolo 111, fatta con consenso bipartisan. “Sarebbe stato un bene procedere così anche questa volta. Ho sentito dire, inoltre, con sgomento, che si fa la riforma per avere pieni poteri. Beh, che confusione. Peccato che il dibattito sia così polarizzato; spero che, con il tempo, gli argomenti di merito possano emergere”. Punto importante, per Mancina, “il ribadire che la discussione  sulla separazione delle carriere non soltanto è nata nella parte garantista della sinistra, ma era presente in una delle mozioni congressuali del Pd, nel 2019, la mozione Martina”. Tra i firmatari di allora c’è però chi dice: c’era già la legge Cartabia. “La Cartabia”, dice Mancina, “risolve quasi totalmente il passaggio da una carriera all’altra, ma per quanto riguarda il Csm si dovrebbe ragionare in una prospettiva più ampia. E vorrei ricordare che si stanno pronunciando per il sì, a sinistra, esponenti di diversa provenienza: Salvi, Petruccioli, Bettini. Fronte ampio”.

  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.