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altro che spallata

Dopo Ricci, nelle Marche il Pd esplode: veleni ed espulsioni. Il caso Mastrovincenzo

Ruggiero Montenegro

La commissione di garanzia espelle Mastrovincenzo, dem che si era candidato nella civica di Ricci (in accordo con il Pd). La difesa della segretaria regionale Bomprezzi: "Una decisione tecnica". Poi convoca una direzione per rimediare. Partito locale in subbuglio 

Adesso corrono ai ripari. Si convocano direzioni, ci si attacca ai tecnicismi. Ma il danno è fatto e l’immagine del Pd Marche è quella di un partito nel caos, dopo che Antonio Mastrovincenzo – personalità di spicco dei dem locali – è stato espulso dal partito. Il motivo? Si era candidato nella lista civica a sostegno di Matteo Ricci. La sua colpa è stata probabilmente quella di essere eletto. Alessia Morani ha definito la vicenda “vergognosa”, “imbarazzante”, “penosa”. Qualcuno, sul territorio, parla di regolamento di conti – altro che testardamente unitari. Il pasticcio però non nasce oggi, risale al 28 giugno. A Mastrovincenzo, che nella scorsa legislatura è stato presidente del Consiglio regionale, viene negato un terzo mandato (mentre almeno in un altro caso è stato concesso). L’assemblea decide che Mastrovincenzo, riformista in area Delrio, non correrà con il Pd, ma si trova una soluzione. Ricci – che oggi lo difende da Bruxelles e invita il Pd a rimediare – lo schiera nella sua lista personale.

 

L’accordo prevede anche che Mastrovincenzo rientri poi nel gruppo dem. Il gruppo dirigente approva. Alla base della decisione dei vertici regionali tuttavia ci sarebbe stato in realtà un altro timore: Mastrovincenzo avrebbe complicato l’elezione di altri big locali ad Ancona, racconta chi ha seguito la vicenda da vicino. Come quella della segretaria regionale Chantal Bonprezzi – definita anche la “Schlein delle Marche” quando vinse un po’ a sorpresa le sue primarie nel 2023 – che alla fine non è stata eletta.

Quanto all’espulsione di Mastrovincenzo, Bonprezzi si è difesa parlando prima di un “ruolo tecnico” della Commissione di garanzia. E poi, dopo attacchi e richieste di dimissioni, convocando una direzione regionale per ricomporre il quadro. Ma forse è già tardi. Nei piani di Schlein dalle Marche doveva arrivare la prima spallata a Meloni. Un mese dopo resta un partito in subbuglio. E molti veleni.

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