Ansa
In nome della Cartabia
Viaggio tra i dem che nel 2019 dissero sì alla separazione delle carriere, ma oggi dicono no
"La separazione di fatto c'è già", dicono. "Noi immaginavamo una separazione delle carriere senza modifiche costituzionali, senza cioè stravolgere il Csm”, dice l'ex ministro Delrio, convinto che la riforma del centrodestra “sia una legge bandiera che però può alterare il ruolo dei pm e gli equilibri costituzionali”. Parlano anche Alfieri, Orfini, De Maria, Valente e Berruto
Voteranno “no” a questa riforma della giustizia, con alcune eccezioni, gran parte dei firmatari dem della mozione presentata nel 2019 da Maurizio Martina (già ministro dell’Agricoltura) per candidarsi alla segreteria del Pd, anche se proprio quella mozione, in tema di giustizia, conteneva un passaggio sulla separazione delle carriere (definita “ineludibile” per garantire la presenza nel processo di “un giudice terzo e imparziale”). Hanno cambiato idea o ci sono altri motivi? Abbiamo chiesto lumi ad alcuni di quei firmatari. Dice per esempio l’ex ministro dem Graziano Delrio: “La legge Cartabia è già intervenuta sulla materia, con il nostro voto favorevole; esiste quindi già una separazione di fatto delle funzioni. In ogni caso, noi immaginavamo una separazione delle carriere senza modifiche costituzionali, senza cioè stravolgere il Csm”. La convinzione di Delrio è che la riforma del centrodestra “sia una legge bandiera che però può alterare il ruolo dei pm e gli equilibri costituzionali”. Risultato: “E’ chiaro che non voterò sì”, dice l’ex ministro. Il deputato Andrea De Maria voterà “certamente no”. Nel 2019 ha sostenuto la candidatura di Maurizio Martina a segretario del Pd: “Lo feci per tante ragioni e sinceramente non in riferimento ai temi della giustizia, ritenendolo il più adatto a unire il Pd. E’ vero che, nella mozione che sosteneva la sua candidatura al congresso, c’erano anche proposte sulla riforma della giustizia, comunque molto diverse e di tutt’altro segno rispetto a quella approvate in Senato”. Ma, nel merito, De Maria ha cambiato idea? “Nel merito penso che una cosa sia la terzietà del giudice, valore fondamentale che va garantito anche con norme processuali (e il centrosinistra ha votato diverse riforme che affrontano questo tema); altra cosa è quello che ha fatto il centrodestra, mettendo mano alla Costituzione. Una separazione delle magistrature che non c’entra con il modello accusatorio, che vuole indebolire l’ordine giudiziario e, nei fatti, colpire l’autonomia della magistratura. Voterò e farò campagna per il no, senza alcun dubbio. Anche per tenere aperta, dopo che i ‘no’ avranno vinto, la prospettiva di interventi normativi rispettosi dei principi costituzionali, seri ed equilibrati”. Tra i firmatari della mozione c’era anche il deputato dem Matteo Orfini. E anche lui si opporrà nell’urna alla riforma Nordio e si oppone oggi anche alla narrazione sul cambio di posizione tra i dem: “L’argomento è molto utilizzato dalla destra”, dice Orfini, “ma è capzioso. Intanto perché, quando firmi una mozione, firmi un programma complessivo che prevede anche l’argomento giustizia. E poi: era sei anni fa, in mezzo c’è stata la riforma Cartabia – che dal nostro punto di vista ha risolto il problema”. Chi vi interpella dice: il problema della terzietà non era risolto. “Posizione legittima che però non condivido. Per noi quella soluzione di mediazione risolve. Punto. E il tema è ampiamente superato”. Anche per Alessandro Alfieri, senatore dem e coordinatore dell’area di minoranza interna “Energia popolare”, la Cartabia fa scudo: “Già oggi, grazie a quella legge, un magistrato nella sua carriera può fare un solo passaggio, in un distretto diverso. C’è già equilibrio tra accusa e difesa. Non condividiamo inoltre il raddoppio dei due Csm. Anche per questo voto no: nel momento in cui vai a sdoppiare, indebolisci complessivamente l’autonomia e l’indipendenza della magistratura. Per non parlare del sorteggio, che per risolvere il problema delle correnti fa peggio, introducendo il principio dell’uno vale uno. Mi sembra che questa riforma sia stata molto ideologizzata, e c’è un sottofondo legato all’idea di indebolire l’equilibrio tra i poteri. Lo vediamo anche dal combinato disposto delle altre riforme: premierato e autonomia differenziata”. Si dice “sulla linea del partito”, e quindi per il no, anche Mauro Berruto, già firmatario della mozione Martina, deputato e allenatore di pallavolo. La senatrice Valeria Valente, pur fermamente contraria alla riforma Nordio (“del resto”, dice, “i dati che abbiamo a disposizione ci parlano di un quaranta per cento di giudici che si discosta, nel giudizio, da quello che decide il pm”), vorrebbe gettare lo sguardo un po’ oltre: “Non dico che vada tutto bene, non dico che a volte alcuni pm non abbiano per così dire strabordato, ma non getterei la croce su tutti, tanto più che il pm cerca anche elementi a discolpa e non sono rari i casi in cui archivia. Ma la riforma Nordio, lungi dal risolvere un problema, lo ingigantisce. Il pm, infatti, non passa, come in altri paesi, sotto il potere esecutivo, ma sotto un Csm fatto tutto di pm”.
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