L'intervista

Gaia Tortora: "La sinistra contro la separazione delle carriere mi fa tristezza"

Ginevra Leganza

La giornalista di La7, figlia di Enzo Tortora: "La separazione delle carriere è una battaglia progressista, che la sinistra consegna alla destra. Il dibattito? Di basso livello. La politicizzazione? Un errore. I cartelli dell'opposizione in Senato? Sembrava l'Asilo Mariuccia"

“La sinistra che espone cartelli con la scritta ‘No ai pieni poteri’ mi fa tristezza”, dice Gaia Tortora. “L’Aula è come sempre un Asilo Mariuccia – aggiunge – e la sinistra mi fa una tristezza infinita”. La giornalista di La7, figlia di Enzo Tortora, si spiega, tra lo sconforto e il raccapriccio: “Io non sono un cartello”. Così dice al Foglio.


 L’opposizione, al di là delle sfumature, tende a pensare che la riforma della giustizia del governo Meloni arrischierà il regime democratico. Separazione delle carriere e simulacri fascisti: che effetto le fa? “Io ho toccato con mano, insieme a mio padre, il livello di violenza del potere giudiziario che non risponde di nulla. Ecco, questo sistema, semmai,  è il contrario della democrazia. E’ facile scrivere un cartello, con una frasetta infantile. Ma io non sono una frasetta”.

I pieni poteri sono quelli dei pm che possono mandare in carcere un cittadino senza prove? “Sì, è così. Ciò detto, questa non è la ‘riforma della giustizia’, ma la riforma di una sua parte. Non è la soluzione definitiva a tanti problemi, ma è un passo in avanti di un lungo cammino. E questo va riconosciuto al ministro  Nordio”. Lei, però, ha scelto di non far parte del comitato per il sì. Perché? “Perché io sono un comitato esistente. Sono il comitato di me stessa. E credo sia la cosa più bella. Me l’hanno chiesto in parecchi, in realtà. Ma preferisco essere libera di andare dove desidero, quando lo desidero. Di dire quello che credo o di  non dire niente se il livello del dibattito resta quello di adesso: basso”. Cosa la inorridisce del dibattito? “La politicizzazione e la polarizzazione dello scontro”. A tal proposito, la separazione delle carriere, se ci sarà, si legherà indissolubilmente al governo Meloni. Sarà un successo della prima premier donna, di destra. E tuttavia non è storicamente un obiettivo della sua parte politica, questo. “Ecco. Il dibattito è fuorviante perché i riferimenti della separazione sono appunto Pisapia e Vassalli. Non proprio due estremisti neri. L’opera del ministro Nordio è meritoria, certo, ma è  l’esito di un cammino iniziato nel 1988. E non, dopo, con Silvio Berlusconi...nessuno in Forza Italia si offenda”. 


La sinistra italiana sta consegnando una battaglia di civiltà all’avversario? “Sì. Il referendum sulla disciplina della responsabilità civile dei magistrati ci fu nell’87, in seguito alla vicenda di mio padre. Io  posso anche comprendere la politicizzazione in virtù di una strategia politica, ma in questo caso non ha senso. E penso che neppure il centrodestra dovrebbe politicizzare il referendum”. 


A cominciare da Matteo Renzi, ex premier ed ex fervente sostenitore della separazione, è straniante che alcuni esponenti cosiddetti riformisti  ora la  boicottino. O no? “Cosa posso dire se non che la sinistra la butta in caciara sempre? Basterebbe ricordare la storia per destrutturare lo scontro che si sta apparecchiando. E se poi il refrain è quello per il quale la separazione delle carriere non risolve di un centimetro i problemi della giustizia, si è del tutto fuori fuoco”. Perché? “Perché, come ho detto, questa non è la riforma della giustizia, bensì di una sua piccola ma fondamentale parte”. La controprova del fatto che non è, per sua natura, una riforma di destra (ma trasversale) è forse nel “sì” di non pochi uomini di sinistra e nel “no” di Nicola Gratteri che non oserebbe definirsi tale… “Voteranno sì Goffredo Bettini, Stefano Ceccanti. E poi Sabino Cassese che non so dove si colloca, e che non colloco perché non ho la sindrome di  Travaglio. Questo solo per dire che se si restasse nel merito si capirebbe che non ci sono allarmi democratici o anticostituzionali. La Costituzione e l’articolo 104 garantiscono l’indipendenza della magistratura”. 


Suo padre Enzo Tortora avrebbe fatto parte del comitato per il sì? “Quando ho detto che io stessa sono un comitato vivente, un po’ scherzavo. Ma  non troppo. Mio padre è suo malgrado un comitato. Io sono libera e liberale  come lui. Libero, liberale e poi  radicale. Perché i radicali sono stati gli unici a offrirgli la possibilità di portare avanti la sua battaglia”.