 
                Cesare Salvi nel 2009 (foto LaPresse)
La riforma della Giustizia
Ddl Nordio "in linea con il garantismo ex Pci-Pds”. Cesare Salvi pronto a votare "sì"
"Con la separazione delle carriere”, dice l'ex ministro, “si dà un seguito alla modifica dell'articolo 111 della Costituzione che, nel 1999, ha introdotto il principio del ‘giusto processo'.
In occasione del referendum sulla responsabilità civile dei magistrati "l’allora Pci adottò una posizione favorevole, nonostante l’ostilità di gran parte della magistratura. Un elemento di garantismo, insomma, fa parte e dovrebbe far parte del Dna della sinistra. L’allarmismo mi pare fuori posto”.
Voterebbe “sì”, Cesare Salvi, ex ministro del Lavoro ed ex senatore Pci-Pds-Ds, al referendum confermativo sul ddl Nordio che introduce la separazione delle carriere dei magistrati, approvato ieri in Senato in via definitiva, sullo sfondo di una grande polarizzazione del campo politico. Per Salvi, giurista, la riforma si inserisce in un alveo garantista in cui si è mossa, in passato, anche la sinistra: “Con la separazione delle carriere, come viene chiamata semplificando”, dice, “si dà un seguito a una riforma molto importante: la modifica dell’articolo 111 della Costituzione che, nel 1999, ha introdotto il principio del ‘giusto processo’, basato sul contraddittorio tra le parti e sulla presenza di un giudice terzo e imparziale. Allora ero capogruppo del Pds; quella proposta recava la mia firma. Ecco, mi sembra che, in sostanza, questa riforma risponda alla stessa logica, distinguendo la posizione del pm – che è parte nel processo – da quella del giudice – che è terzo e imparziale”. In un’altra precedente occasione, ricorda Salvi, “a proposito del referendum sulla responsabilità civile dei magistrati, l’allora Pci adottò una posizione favorevole, nonostante l’ostilità di gran parte della magistratura. Un elemento di garantismo, insomma, a mio avviso, fa parte e dovrebbe far parte del Dna della sinistra. Del resto questa riforma è chiara nel ribadire l’autonomia e l’indipendenza sia della magistratura giudicante sia di quella requirente. L’allarmismo mi pare fuori posto”.
Forse si pensa di scontentare una parte dell’elettorato o degli alleati? “Capisco che il modo in cui la riforma è stata portata avanti, senza confronto, possa aver suscitato ostilità, ma ho sentito addirittura dire che oggi si sta realizzando il piano di Licio Gelli. Non diciamo stupidaggini. Nel piano della P2 era prevista la sottoposizione del pm al controllo del Ministro della giustizia e del Csm a quello del Parlamento. Nel testo odierno non c’è nulla di tutto questo. Anzi, ripeto: il principio dell’indipendenza viene ribadito”. Anche sul principio del sorteggio le critiche sono molte, ma Salvi non condivide neanche quelle. “Il Csm, secondo la Costituzione, ha funzioni prevalentemente amministrative. Tutti i magistrati, quindi, a mio avviso, avrebbero la competenza per decidere in seno a quell’organismo, visto che nella loro attività ordinaria si occupano di questioni molto più complesse: un pm può arrestare una persona; un giudice può decidere su controversie di valore miliardario. Quello del Csm, insomma, mi pare l’unico caso adatto al vecchio slogan di Beppe Grillo dell’‘uno vale uno’. Certo, per un organo politico non potrebbe valere questo ragionamento, ma il Csm non è un organo politico. Oltretutto, la motivazione alla base della riforma mi pare abbia un certo fondamento: evitare che si verifichi un’eccessiva influenza delle correnti”. L’idea del sorteggio, dice Salvi, “non esce certo dal nulla, ma si inserisce in una lunga tradizione democratica: ne parlavano Aristotele e Montesquieu, e nella democrazia ateniese il consiglio dei Cinquecento era eletto tramite sorteggio. Spostandoci in epoca più vicina, ai tempi della Bicamerale il sorteggio fu proposto da Natale D’Amico, parlamentare di centrosinistra in area Lamberto Dini. Ricorrere a questo metodo può essere opinabile, ma non mi sembra scandaloso”. Siamo di fronte a una novità nel sistema italiano, forse è questo che spaventa? “Capisco le perplessità”, dice Salvi, “ma non vedo motivi di obiezione tali da mettere in discussione il valore di una riforma che non ha niente di straordinario: in fondo, già con la legge Cartabia, che il centrosinistra ha votato, si prevedeva una separazione di fatto delle carriere, visto che dopo alcuni anni il magistrato doveva fare una scelta. Dovrà farla prima”. Il consiglio dell’ex ministro a sostenitori e avversari del ddl è questo: “Si valuti ora il testo presente, si faccia uno sforzo per depoliticizzare. Questa non è né la grande riforma che risolve tutti i problemi della giustizia italiana – che purtroppo, come sappiamo, sono ben altri – né un attacco alla democrazia. Si resti nel merito, altrimenti tutto diventa sterile esercizio di ultra-contrapposizione e scazzottata continua”.
 
                             
                 
                                