 
                Pietro Ciucci (Ansa)
il colloquio
Ciucci, ad Stretto di Messina: “Sul Ponte andiamo avanti. Dalla Corte dei conti interpretazioni sbagliate”
"Nessuna battaglia", dice l'amministratore delegato. Ma restano molte perplessità sulla pronuncia dei giudici: "Mi aspettavo una risposta positiva. Riteniamo di aver rispettato le procedure. Ora sono curioso di leggere le motivazioni. Le grandi opere toccano equilibri consolidati, per questo è difficile realizzarle"
Pietro Ciucci, l’ad della società Stretto di Messina, lo premette: “Non è una battaglia”. Ma certo, la pronuncia della Corte dei Conti non poteva lasciarlo indifferente. “Sono rimasto sorpreso. Ma ora sono anche curioso di leggere la sentenza e capirne le ragioni”, dice al Foglio l’ad che ieri ha partecipato al vertice di Palazzo Chigi con Giorgia Meloni e Matteo Salvini. “Il Ponte andrà avanti. Sono fiducioso”.
Quanto alla sentenza però, ammette Ciucci, le aspettative erano altre: “Mi aspettavo una risposta positiva. Riteniamo di aver rispettato le procedure, con un’attenzione particolare all’aspetto ambientale. I magistrati ci hanno anche richiesto alcuni chiarimenti a cui abbiamo risposto con dovizia di dettagli”. Eppure non è bastato. Secondo la Corte le criticità sono molteplici. “I rilievi sollevati dai giudici – dice Ciucci – toccano una ventina di punti, ma alcuni di questi riguardano aspetti procedurali minori, non sufficienti a giustificare la sentenza”. Altri sono tuttavia più rilevanti. Per esempio la cosiddetta delibera Iropi, quella che definisce il Ponte come opera urgente e di necessità dello stato. “Sotto il profilo ambientale – sottolinea l’ad – la società Stretto di Messina ha rispettato tutte le procedure di valutazione e le norme europee. Abbiamo coinvolto la presidenza del Consiglio, che ha approvato il documento Iropi e tutta la documentazione. I pareri positivi sono stati trasmessi il 10 giugno all’Europa, così come previsto. Successivamente l’Ue ci ha anche chiesto altre informazioni, che abbiamo puntualmente fornito. Tanto è vero che a metà ottobre la stessa Commissione definiva ‘costruttivo’ il dialogo tra Roma e Bruxelles”.
L’altra criticità che ha portato allo stop della delibera Cipess fa riferimento all’aumento dei costi, più del 50 per cento rispetto al 2006. Una variazione che avrebbe dovuto portare a una nuova gara d’appalto. “Sbagliando, a mio parere, si mette a confronto il valore del contratto del 2006, circa quattro miliardi, con quello attuale che vale dieci miliardi e mezzo”. Quale sarebbe l’errore? “Quel limite del 50 per cento, richiamato dalle norme europee, riguarda le varianti per i lavori e non gli incrementi del prezzo dei materiali. L’aumento che ci viene contestato concerne per la quasi totalità quest’ultimo aspetto”. L’ad fa notare quindi come il costo dei materiali sia salito notevolmente negli ultimi anni. “Se confrontiamo il listino applicato da Anas o Rfi nel 2019-20 con quello post Covid, si vedrà una crescita media che va oltre il 50 per cento. Vuol dire che la gran parte delle infrastrutture in corso di realizzazione è fuori legge? Evidentemente non può essere questa l’interpretazione corretta. E poi le nostre modifiche sono state approvate con il progetto definitivo del 2011, prima dell’intervento della direttiva europea del 2014. Le leggi non si applicano in maniera retroattiva”.
Secondo il governo, i magistrati contabili non hanno applicato criteri esclusivamente tecnici, parlando di “invasione di campo” da parte delle toghe. La pensa così anche Ciucci? “Ho massimo rispetto della Corte. Non c’è una battaglia in corso, stiamo portando avanti un progetto che avrà ricadute eccezionali, sia economiche, sia sociali”, risponde l’ad ricordando le 10 mila richieste di lavoro pervenute al contraente generale del progetto, Eurolink-Webuild, in sole 48 ore. “Sono convinto – prosegue – che i giudici abbiano agito sul piano tecnico e legale. E su questo siamo certi di chiarire e andare avanti con l’opera, in accordo con quanto deciderà il governo. Per il resto aspettiamo le motivazioni, che arriveranno entro 30 giorni. Mi auguro anche prima”.
Di certo il progetto subirà qualche rallentamento, Salvini dice che i lavori partiranno a febbraio 2026. Una stima attendibile? “E’ una prospettiva ragionevole, considerando anche che in un progetto come questo sono coinvolti molti soggetti con ruoli differenti”.
In Italia, e questo va al di là del Ponte, le infrastrutture sono difficili da realizzare oppure hanno tempi lunghissimi. Perché? “Pensi alla cosiddetta sindrome Nymbi. Quando si toccano equilibri consolidati, lo status quo, si incontrano sempre molte resistenze. E’ successo col Mose e con l’autostrada del Sole, opere rivoluzionarie ma contestate. Poi ci possono essere tecnici e professori che si sentono trascurati, perché non coinvolti, che preferiscono opporsi. E’ la somma di tante situazioni diverse”. E la politica ha delle responsabilità? “Chiaramente il Ponte – conclude Ciucci – ha anche una valenza politica, i meccanismi tra maggioranza e opposizione si riflettono purtroppo sulle opere. E i commenti sprezzanti che abbiamo ricevuto nelle ultime ore lo confermano”.
 
                             
                                