il pronunciamento

Perché il verdetto della Corte dei Conti che blocca il Ponte sullo Stretto è debole e sospetto

Sergio Soave

Un'infrastruttura bloccata per mancanza di firme e imprecisioni, con una tempistica che lascia perplessi, a ridosso della riforma della Giustizia. Le reazioni di Meloni e Salvini sono difficili da contraddire

Il verdetto della Corte dei conti che rifiuta la bollinatura dello stanziamento per il ponte sullo Stretto di Messina è motivata con argomenti assai deboli, che fanno riferimento alla mancanza di firme su alcuni documenti o all’imprecisione di altri. Si tratta di problemi che non sembrano difficili da risolvere in un clima di leale collaborazione tra organismi dello stato, clima inutilmente invocato più volte dal presidente Sergio Mattarella, sarebbero già stati superati da tempo. Anche la tempistica, assai rallentata delle deliberazioni, cui si aggiunge l’incredibile necessità di attendere un mese per conoscere le motivazioni, lascia perplessi. Il sospetto che si tratti di una azione dettata da una volontà dilatoria è assai fondato. Per questo le reazioni nette del governo e del ministro competente, Matteo Salvini appaiono questa volta giustificate.

 

Quando l’opposizione denuncia l’attentato alla “democrazia” dimentica che la base della democrazia è il primato della rappresentanza politica, non quello delle tergiversazioni delle magistrature, in questo caso contabili. Un’opera di dimensioni ragguardevoli, destinata a mutare la situazione del Mezzogiorno, è una decisione politica, legittima e responsabile, che può essere avversata da altre e avverse considerazioni politiche, non rallentata o impedita da artifici contabili. Questa volta Salvini ha ragione, deve essere sostenuto nello sforzo di portare a compimento una decisione democraticamente assunta. Perdere tempo, con effetti inevitabili sull’aggravio dei costi, è la conseguenza della manovra della Corte dei conti, a danno non del governo ma degli interessi dello stato.

Non è chiaro se la ragione che ha spinto la magistratura contabile in questa direzione sia la partecipazione alla generale battaglia (impropria) della magistratura contro la riforma Nordio o la volontà di affermare in modo esasperato il proprio protagonismo: in ogni caso si tratterebbe di motivazioni improprie e contrastanti con la funzione propria dell’organismo. Rendere più lenta, difficile e costosa l’attuazione di una decisione del Parlamento non è certo una funzione di una magistratura che dovrebbe vigilare contro gli sprechi, non provocarli.

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