Il racconto
I "pizzicotti" di Meloni e Giorgetti alle banche ma è "pax" anche con Unicredit. La partita Generali per stabilizzare il "sistema"
Il contributo delle banche, gli appelli del ministro che chiede gli istituti di "aiutare le imprese" (in rivolta) anticipano la stagione nuova della finanza. I volti apprezzati dal governo come Del Fante, Micillo, Palermo. Lo snodo Generali
Non date credito. Le tensioni fra banche e governo sono solo “pizzicotti”. Il rapporto di Meloni con le banche è d’Intesa e c’è una “pace” anche con Unicredit. Sta maturando una collaborazione destinata a cambiare il sistema finanziario italiano, stabilizzarlo, e che porterà a ulteriore ribalta figure nuove. Si tratta di Matteo Del Fante, ad di Poste, Mauro Micillo di Intesa Sanpaolo, Fabrizio Palermo, ad di Acea, Nicola Maione, presidente di Mps. Dice Meloni in queste ore che “per la prima volta una manovra viene finanziata grazie al contributo degli istituti di credito”. Giancarlo Giorgetti, alla Giornata del risparmio, ha dichiarato che le banche “sono nelle condizioni migliori per sostenere l’economia”. Chiede, da ministro, di allargare il credito alle imprese, ma in cambio offre stabilità, il nuovo Testo unico della Finanza (scritto dal sottosegretario Federico Freni) e nuove norme per le fondazioni. A destra il pizzicotto ha il posto dello schiaffo.
La contesa governo e banche? A Palazzo Chigi è ora definita “guerricciola”. Il rapporto con Unicredit? “Buono” perché “non c’è mai stato astio da parte nostra” e il contributo delle banche è “la prova che non c’è nessun istinto di punire. Possiamo parlare di pax”. A distanza di due anni dalla norma sugli extraprofitti, era l’estate del 2023, si è arrivati a un contributo che nasce dall’accordo tra Abi (costruito dal direttore generale Rottigni, manager di Intesa Sanpaolo) e il viceministro Maurizio Leo. Spiegano dal governo che anche con Unicredit “non c’è mai stata una questione personale”. La banca guidata da Andrea Orcel, protagonista del risiko bancario (si è concluso con la scalala di Mps a Mediobanca) è un istituto che ha bisogno del sostegno italiano per finalizzare l’operazione Commerzbank in Germania. In pieno risiko, la maggioranza ha criticato Unicredit che ha come presidente Pier Carlo Padoan, ex ministro del Pd. E’ convinzione di FdI che anche a Unicredit soffierà presto del vento nuovo, quel vento che soffia da Roma a Trieste. E’ appena cambiata la guida di Mediobanca (l’assemblea dei soci ha nominato Vittorio Grilli presidente e Alessandro Melzi d’Eril come ad) e potrebbe un giorno cambiare la guida di Generali, il portafoglio del debito pubblico italiano. Mps ha conquistato Mediobanca (la chiave che apre Generali) e per gli azionisti di Mps, Caltagirone e Delfin, sarà più facile imprimere una svolta.
E’ idea di Meloni, di Giovanbattista Fazzolari e Giorgetti che un governo è sovrano solo se riesce a controllare il proprio debito pubblico. La manovra, l’ordine dei conti, i “pizzicotti” di Giorgetti servono a mettere al sicuro i conti pubblici e a garantire che nessuna forza esterna, di matrice finanziaria, possa un giorno minacciare l’esecutivo. Il rapporto speciale di Meloni è con Carlo Messina, ad di Intesa. Sia Intesa Sanpaolo come del resto Unicredit rivendicano oggi le loro operazioni nel sociale, a sostegno delle imprese italiane, del paese. Rispondono agli appelli di Giorgetti che continua a chiedere alle “banche di fare le banche”, di tornare “alla loro vocazione”, sostenere l’industria (che sta contestando la manovra). Unicredit, nel 2024, ha supportato Tim e Kkr nell’acquisizione di 22 miliardi di euro delle attività di telefonia fissa e ha appena partecipato al salvataggio di Banca Progetto. Da quando si è insediato il governo Meloni si ragiona di “grande riassestamento del sistema bancario”. Meloni dice bene quello che Salvini sta dicendo male per un bisogno di propaganda. Dietro agli attacchi di Salvini c’è l’idea che una delle categorie più disprezzate sia quella dei banchieri e che attaccarli porti consenso. Il responsabile economico di Forza Italia, Maurizio Casasco, spiega al Foglio che “Forza Italia ha scelto la credibilità. Forza Italia non difende le banche, difende l’idea che banche sane prestano denaro alle imprese, le imprese producono Pil e il Pil fa volare il paese”.
L’egemonia di una certa finanza milanese si è esaurita. I nuovi manager apprezzati dal governo, dal mondo che ha scommesso su Meloni, sono Del Fante, ad di Poste e Palermo, ad di Acea. Sono figure ritenute adatte a prendere un giorno il comando di Generali (ma l’ad di Poste e il direttore generale Giuseppe Lasco hanno tutta l’intenzione di continuare il loro lavoro, rivoluzionare Tim. Due giorni fa, alla domanda “disponibile a quarto mandato?”, Del Fante ha risposto: by definition). A Mps una banca salvata dal lavoro di Luigi Lovaglio si ragiona sul profilo di Mauro Micillo, responsabile della divisione Imi Corporate di Intesa Sanpaolo. Meloni si fa forte di una stabilità che ha permesso agli istituti di credito di accumulare profitto, ma le banche italiane hanno compreso che l’esperienza di Meloni è destinata a continuare.
Giorgetti è l’addetto ai pizzicotti e il suo sottosegretario Freni è l’arbitro individuato a sostituire Paolo Savona a Consob. Giorgetti ha dichiarato, ieri, “che si fa fatica a comprendere come l’andamento del credito rimanga debole, soprattutto nella sua componente a lungo termine, e sia ancora in diminuzione verso le imprese più piccole”. Un altro “pizzicotto” di Giorgetti riguarda la necessità di avere più filiali bancarie sul territorio capaci di valutare al meglio il merito creditizio delle imprese”. Orcel, ad di Unicredit, dà merito al governo Meloni che, dice, è “il più stabile d’Europa. Abbiamo visto un flusso di investimenti da parte degli Stati Uniti e dall’estero sull'Ue e sull'Italia che non vedevamo da tempo”. Tre anni fa il governo Meloni spaventava i mercati dopo tre anni l’Italia è il rifugio dei capitali. I pregiudizi hanno perso credito.