Il vicepresidente della Commissione europea Raffaele Fitto con il direttore del Foglio Claudio Cerasa alla Festa dell'Ottimismo (foto Ansa)
Un futuro da balena bianca per la destra italiana
Come costruire anche a destra un argine contro gli antieuropeisti e i filoputiniani. Parla il commissario Fitto
Confini del presente e confini del futuro. Perimetri da superare e perimetri da non superare. Argini da mantenere e argini da abbattere. E una domanda, come unico filo conduttore: che strada farà la destra italiana? Più Europa o meno Europa? Più balena nera o più balena bianca?
Abbiamo incontrato Raffaele Fitto alla festa del Foglio, qualche giorno fa, e in una lunga chiacchierata con il commissario europeo per la Coesione, e vicepresidente della Commissione europea, abbiamo cercato di ragionare attorno a un tema ancora oggi difficile da decifrare: cosa vuol dire essere conservatori? E qual è la linea sottile tra essere conservatori che guardano all’Europa e conservatori che invece l’Europa la minacciano?
La nostra conversazione con Fitto parte da un dettaglio. Da un dettaglio presente nel curriculum inviato un anno fa dall’ex ministro alla Commissione europea: la sua vecchia appartenenza alla Democrazia cristiana. Domanda semplice: quanto è importante per la destra moderna e post sovranista italiana avere dentro un po’ di Democrazia cristiana? E soprattutto, è questa la strada necessaria per la destra del futuro? Fitto sorride, capisce dove lo vogliamo portare e la mette così. “Se ci riferiamo alla Democrazia cristiana come a una storia, una tradizione, un impegno collegato ai valori fondanti dell’occidente, alla capacità di costruire punti di mediazione e di interlocuzione tra uno sviluppo vero, una libertà del mercato e una giustizia sociale che sia però adeguata, penso che questo riferimento sia di grande attualità. In questi tempi si parla molto di difesa, lo sappiamo, e la difesa comune europea era una grande idea di un grande statista come De Gasperi. Temi come questi, secondo me, devono rappresentare innanzitutto dei punti di riferimento valoriali, oltre che operativi nelle prospettive. Ecco, in questa dimensione sono convinto che questo riferimento, alla Dc, e questo pezzo di percorso politico, soprattutto dal punto di vista della formazione, sia molto importante”.
Domanda inevitabile: il partito di cui Raffaele Fitto fa parte, cioè Fratelli d’Italia, ricorda o no, oggi, la Democrazia cristiana?
“Sono fasi della politica e della storia completamente differenti, sistemi elettorali completamente diversi, quindi io non farei dei paragoni. Dico che c’è un blocco sociale che ha bisogno di una rappresentanza di un certo tipo e che in questo momento il centrodestra italiano, se andiamo a fare una lettura anche dei flussi elettorali, certamente ha rappresentato per questo blocco sociale un punto di riferimento essenziale. Quindi bisogna lavorare in questa direzione. Io penso che l’evoluzione e il percorso che si sta facendo da anni sia molto importante a livello europeo e internazionale. Secondo il mio punto di vista questo percorso può diventare ancor più efficace e può anche andare a consolidare princìpi, valori e anche dare una prospettiva di sviluppo ancora più importante per quest’area politica”.
Negli ultimi anni Raffaele Fitto ha avuto un ruolo importante, di cerniera, tra quelle che sono le varie sfumature delle destre europee. E’ stato grazie a Raffaele Fitto che Fratelli d’Italia è entrato nel gruppo europeo Ecr. Sarà Raffaele Fitto a svolgere il ruolo di cerniera anche per provare a far avvicinare il partito guidato a Giorgia Meloni un po’ di più al Ppe magari facendolo allontanare ancora di più dai Patrioti anti europeisti?
“E’ importante ricordare quello che è accaduto negli ultimi anni e io ricordo con piacere il fatto che sono stato il primo parlamentare europeo italiano ad aver aderito al gruppo dei conservatori europei. Io ho avuto anche l’onore di guidare quel gruppo nella scorsa legislatura, un gruppo complesso, perché ci sono delle appartenenze nazionali differenti, che ha svolto un ruolo molto importante a livello europeo. La differenza sta tra un approccio negativo e distruttivo e un approccio invece costruttivo finalizzato a cambiare le cose. Ecco, io penso che un centrodestra moderno debba puntare a questo. L’esperienza dei conservatori in Europa, con la leadership di Giorgia Meloni, ha rappresentato questo significativo impegno in questi anni e mi piace sottolinearlo con alcuni elementi che fotografano la situazione allontanando anche qualche critica strumentale. Da ministro degli Affari europei ricordo molto bene quanto sia stato cruciale che la prima missione del governo Meloni sia stata a Bruxelles per incontrare i vertici delle istituzioni europee. Questo non vuol dire condividere uno schema politico che tradizionalmente ha governato a livello europeo. Vuol dire che ci si pone in modo intelligente per avere la possibilità di cambiare alcuni aspetti, di far prevalere valori e obiettivi che rappresentano una parte politica. In questo contesto il dialogo con il Partito popolare europeo è molto importante, lo abbiamo strutturato negli anni. Io penso che il dialogo con queste forze politiche possa e debba continuare anche in un contesto come quello italiano dove c’è una collocazione delle forze politiche di governo in quest’ambito del centrodestra”.
Fitto ci gira un po’ attorno ma il senso è chiaro: un po’ più verso il Ppe, un po’ più lontani dai Patrioti. Proviamo a incalzarlo ancora: quanto è pericoloso e irresponsabile oggi giocare con l’euroscetticismo?
“Lo dico facendo un po’ anche uno sforzo rispetto alla carica che ricopro: il ruolo di commissario suggerisce di non entrare mai nei dettagli e nelle valutazioni di carattere più politico, però penso che sia importante ribadire come invece proprio da questo angolo di prospettiva sia fondamentale in questo momento essere appieno nel progetto europeo, valorizzarne in modo specifico gli obiettivi, rafforzarlo e anche creare le condizioni per modificarlo e innovarlo rispetto ad alcuni limiti che ci sono. Io penso che ci siano tutte le condizioni perché in questo contesto si possa svolgere un ruolo da protagonisti: l’essere conservatori consente un approccio chiaro affinché la tutela dell’interesse nazionale avvenga all’interno di un contesto europeo. Penso che questo sia il giusto equilibrio e che sia la linea di marcia che deve essere portata avanti”.
L’europeismo modello Fitto negli ultimi anni ha avuto un ruolo anche in altre partite cruciali. Fitto ha contribuito a far avvicinare la destra un tempo sovranista, e un tempo innamorata dei dazi, al mercato, al commercio internazionale, alla globalizzazione, ed è stata anche grazie alla mediazione di Fitto se in questi anni la destra meloniana ha cambiato posizione su due dossier significativi, passando dall’essere pro dazi all’essere contro i dazi e per il mercato. Prima il Ceta, l’accordo di libero scambio con il Canada, e poi il Mercosur, l’accordo di libero scambio con il Sud America. Com’è avvenuta questa trasformazione?
“Il Ceta io lo ricordo perché ero al Parlamento europeo, l’ho votato e l’ho sostenuto. All’epoca non era molto popolare sostenere quel tipo di accordo, eppure ha portato dei numeri e delle grandi opportunità: si tratta di avere la giusta postura rispetto allo scenario nuovo di fronte al quale ci troviamo. Il tema dei dazi: senza entrare nel merito della scelta, mi piace sottolineare un dato. La Commissione europea ha chiuso un accordo sui dazi. Sicuramente sarebbe stato meglio non averli, certo, ma avendo i dazi, la Commissione ha chiuso in assoluto uno dei migliori accordi a livello mondiale. E’ un accordo che va ancora implementato, che va ancora migliorato, però alle condizioni date questo mi sembra che sia un elemento importante. A questo aggiungo che la risposta più corretta è quello di aprire, a noi, i mercati. La Commissione europea e l’Europa oggi hanno due strade obbligate: la prima è proseguire su un lavoro che punti a rafforzare il mercato interno, riducendo e superando i limiti e i problemi del mercato interno, perché questo può dare una grande risposta in termini di crescita economica e di rafforzamento della prospettiva europea. La seconda, al tempo stesso, è “aprirsi” ai mercati, e in questa fase il Mercosur ne è una dimostrazione. Nei mesi scorsi siamo stati in India, la Commissione europea ha incontrato il governo indiano. La considero una scelta importante non solamente dal punto di vista economico e commerciale, ma anche dal punto di vista geopolitico, perché non è un caso che questo lavoro così importante si stia sviluppando a livello internazionale tra la Commissione europea e le democrazie dei paesi con i quali si sottoscrivono questi accordi. Quindi anche qui c’è un filone valoriale, che è molto importante da sottolineare e che può rappresentare una delle garanzie anche rispetto all’efficacia e al raggiungimento di questi risultati. Quindi la strada deve essere questa e il percorso non può che essere quello di un rafforzamento di questi accordi. In Italia questo tema diventa ancor più decisivo. Un paese esportatore come l’Italia, un paese che ha le sue potenzialità su questo terreno con il made in Italy, che rappresenta una grandissima opportunità a livello internazionale, deve proseguire su questa strada perché può essere un elemento che veramente dà una ulteriore risposta concreta e positiva”. Trump, dopo il piano di pace per il medio oriente, si presenta come un uomo di pace. Possiamo dire però che quando trasferiamo il trumpismo sull’economia il suo essere un uomo di pace diciamo che non è esattamente lo specchio della realtà. Come possono l’Italia e l’Europa difendersi senza timidezza, anche nei prossimi mesi, dall’anti pacifismo trumpiano sui temi economici? “Penso – dice ancora Fitto – che il dialogo con gli Stati Uniti sia fondamentale a prescindere. Non entro nelle dinamiche politiche. Rappresentare a uso politico il rapporto con gli Stati Uniti è un errore: con le amministrazioni americane l’Europa non può che andare d’accordo. La valutazione va fatta a livello generale e in particolare in questo caso bisogna avere il giusto approccio, e dal punto di vista internazionale mi sembra che arrivino dei risultati molto rilevanti. Bisogna cogliere queste opportunità per proseguire sul fronte ucraino nella stessa modalità, perché l’Europa ha bisogno di procedere su quel fronte con piena sintonia, con un supporto dell’Amministrazione americana, per giungere a una soluzione anche in quel teatro, che è molto più complesso in questo momento. Però penso che sia altrettanto importante avere la giusta postura. Il tema dei dazi lo testimonia: l’Europa non ha accolto con entusiasmo questo tipo di scelta, però ha avuto un approccio corretto: si è posta come interlocutrice, ha trattato, ha discusso, ha trovato le giuste soluzioni. Lo voglio sottolineare perché il dibattito sembra andare nella direzione in cui si dice solo ‘sei a favore o contro i dazi?’. E’ chiaro che noi non vorremmo i dazi, ma nel momento in cui l’Amministrazione americana ha deciso di fare questa scelta, giusta o sbagliata che sia, l’Europa si è posta nel modo corretto e ha trovato un accordo positivo. In questo contesto l’allargamento ad altri mercati e il rafforzamento del mercato interno rappresentano altre importanti risposte per cercare di rafforzare anche il progetto, la presenza e la prospettiva dell’Europa”.
Questa Commissione ha al centro della sua agenda un’altra questione fondamentale, e cioè la difesa dei confini della nostra democrazia. In questo caso i confini delle nostre democrazie corrispondono, almeno dal nostro punto di vista, ai confini dell’Ucraina. Che cosa direbbe Raffaele Fitto a chi oggi ancora non riconosce l’importanza della difesa dei confini dell’Ucraina e la credibilità della minaccia russa anche per i confini europei?
“Parto dagli episodi delle ultime settimane: non penso che quello che è accaduto in diversi paesi europei, a livello di sconfinamenti, possa essere sottovalutato. Tra le mie competenze c’è anche quella della politica di coesione, che corrisponde a un terzo del bilancio della Commissione e che ha come obiettivo importante quello di ridurre le disparità tra i territori. Ho il compito di predisporre, a fine anno, il Patto per le regioni dell’est europeo, le regioni dei paesi di frontiera. Ho visitato la Finlandia, l’Estonia, la Lituania, la Lettonia, la Polonia. Ho visitato le loro capitali per gli incontri con i governi, ho avuto anche la possibilità di andare al confine, di toccare con mano la situazione. C’è un tema valoriale e generale: quello non è un confine finlandese, lituano, lettone, quello è il confine europeo. E se noi abbiamo questo approccio, conseguentemente abbiamo l’approccio corretto nell’esprimere in modo molto chiaro che è inimmaginabile avere, in questi casi, una postura differente, e che l’azione di sostegno a questi territori e all’Ucraina è fondamentale perché stiamo giocando la partita sul futuro dei valori europei. Difendiamo anche quelli che sono dei princìpi costituenti del progetto europeo e apriamo una prospettiva nella quale è inevitabile e decisivo che ogni paese europeo condivida questo percorso. Io penso che su questo non ci possa essere alcun dubbio, quindi al di là delle posizioni mi sembra che la realtà sia inevitabilmente molto più chiara di qualsiasi opinione”.
Ma a proposito di confini: è o non è un paradosso e un cortocircuito mica male il fatto che la Commissione di cui fa parte Fitto venga sostenuta dal principale partito d’opposizione del governo, ovvero il Pd, e non dal principale partito alleato del più grande partito di governo, ovvero la Lega?
“E’ una domanda assolutamente pertinente con un angolo visuale nazionale, ma se noi abbiamo l’angolo visuale europeo le cose cambiano. Pensiamo che in Europa il rapporto tra Commissione e Parlamento sia analogo a quello che i governi degli stati membri hanno con il loro Parlamento, che è costante. In Europa non è così. Sono stato parlamentare per diverse legislature, noi abbiamo un Parlamento che, in questa legislatura, è molto più complesso rispetto alle precedenti legislature anche dal punto di vista della definizione degli accordi: le maggioranze si costituiscono in modo molto differente a seconda dei temi. Quindi non c’è questo rapporto immediato. Detto questo, abbiamo oggi un lavoro che la Commissione porta avanti e che è articolato con il Parlamento e con il Consiglio. Non lo dico in difesa della Commissione, ma quando dobbiamo rappresentare l’Europa negativamente l’Europa è la Commissione, ma l’Europa non è solo la Commissione europea. L’Europa è la Commissione, è il Consiglio, è l’Europarlamento. Quindi il ragionamento è molto più ampio e non c’è alcuna difficoltà in questo senso, sia perché sui dossier si sono formate e si formano maggioranze differenti, sia perché ci sono approcci diversi. Penso che sia decisivo e importante mantenere una presenza rilevante in questo senso. Il governo italiano ha indicato la mia persona all’unanimità, io ne sono stato e ne sono tuttora onorato. Tutti hanno indicato un commissario all’interno della Commissione. Il lavoro che portiamo avanti è un lavoro europeo e per quanto mi riguarda, non lo dico per forma o per circostanza, ma perché ne sono profondamente convinto, avendo giurato a livello europeo, io rappresento in questo momento i 27 stati membri. Quindi penso che sia corretto mantenere saldi i princìpi, i valori, gli obiettivi che a livello europeo dobbiamo portare avanti anche soprattutto nel rapporto con tutti gli stati membri, anche con l’Italia”.
l'editoriale del direttore