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Cosa dice la manovra sull'identità del governo Meloni

Claudio Cerasa

Quattro “p” possono aiutarci a fare chiarezza sulla legge di bilancio: Prudenza, Piazze, punizioni, Pnrr

È stata la settimana dalla manovra, anche questa, e alla fine della giostra si può dire che la quarta legge di bilancio approvata dal governo Meloni, la penultima, prima delle elezioni, è una legge che ci dice qualcosa di interessante su quella che è l'identità del governo Meloni. Quattro “p” possono aiutarci a fare chiarezza: Prudenza, Piazze, punizioni, Pnrr. La “p” di prudenza è quella più importante ed è la vera cifra in fondo dei tre anni di governo: deficit sotto controllo (sotto il tre per cento), percorso di recupero sul debito, pragmatismo, altra “p”, sulle partite più importanti, come il posizionamento europeo e come la politica estera (le “p” si stanno moltiplicando) La “p” di piazza è altrettanto importante perché attraverso la manovra il governo ha certificato sì la sua distanza dalla Cgil (che chissà se come ogni anno organizzerà il suo sciopero generale) ma ha cementificato i rapporti con la Cisl (premi produttività) e riallacciato quelli con la Uil (aumento della contrattazione decentrata), e alla luce di questi equilibri chissà che le prossime manifestazioni e i prossimi scioperi siano poco unitari, con i sindacati divisi. La terza “p”, quella delle punizioni, indica coloro che il governo ha scelto di trasformare in nemici del popolo, come le piattaforme di affitti online, come le banche, via tasse extra, e il moralismo attraverso le tasse è un elemento cruciale di questo governo. La quarta “p”, quella del Pnrr, è la “p” che conta, perché una manovra magra (18 miliardi) la si giustifica anche con i 198 miliardi del piano europeo, se non fosse però che in tre anni (2022-2025) l'Italia ha speso 100 miliardi e dovrà provare a spendere altrettanti nel 2026 e che anche questo treno europeo rischia di essere sprecato. Quattro “p” per un'identità. Ne mancherebbe un'altra di “p”: progetti, intesi come creatività. Ma su questo punto la strada da percorrere per il governo è ancora lunga.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.