Ansa
tempi duri
Scoppole per Salvini. Dalla legge Fornero fino a rimbrotti di Meloni: il leader leghista fa i conti con la realtà
Del Piano casa si sono perse le tracce, su difesa e sanità la Lega viene smentita dalla premier. Nei rivoli della Manovra il leader del Carroccio vede svanire i suoi cavalli di battaglia. E pure Vannacci ormai si è messo di traverso
Annuncia emendamenti e promette battaglia in Parlamento, perché sa che per ora con la Manovra è andata male. Per dire: il suo dicastero, il ministero dei Trasporti, è quello più colpito dai tagli e dovrà rinunciare a oltre 520 milioni di euro nei prossimi anni. Pure Roberto Vannacci, il suo vice, ultimamente gli è andato di traverso. Il suo partito mugugna e il fronte del nord lo accusa. Per Matteo Salvini, insomma, non sono giorni facilissimi.
Dopo mesi di annunci e promesse adesso deve fare i conti con la realtà. E non è esattamente quella che avrebbe voluto il fu Capitano. Per la legge di Bilancio Palazzo Chigi (con il ministro Giorgetti) ha scelto – e rivendicato – la linea della prudenza. Un tempo Salvini avrebbe detto austerità brutta e cattiva, e l’avrebbe combattuta. Ma oggi è al governo e deve prendersi anche i rimbrotti della premier Giorgia Meloni. Così, nei rivoli della finanziaria il vicepremier leghista vede ridimensionarsi o svanire i suoi cavalli di battaglia. Si salva forse soltanto la nuova pace fiscale, la rottamazione delle cartelle. Ma i piani erano altri.
L’abolizione della Fornero? Anche questa volta, sarà per un’altra volta. Due giorni fa in Senato Stefano Patuanelli, il capogruppo M5s, se la rideva di gusto intervenendo dal suo scranno. Spernacchiava Salvini, e non per caso. In campagna elettorale, il capo del Carroccio aveva annunciato: “Se tra un anno non avremo abolito la Fornero, siete tutti autorizzati a spernacchiare”. Ecco fatto. Nella stessa seduta, Claudio Borghi, l’economista (no a tutto) di via Bellerio, denunciava che in manovra ci sono i soldi per la difesa, per il riarmo tanto osteggiato, ma non quelli per la sanità. La posizione che Salvini sostiene da mesi, tra Roma e Bruxelles, annunciando barricate evidentemente non irresistibili. E’ stata Meloni stessa a spiegare a Borghi: “Non è così, come lei sa, vista la legge di Bilancio, abbiamo aumentato i fondi per la sanità”. Alla Camera invece Stefano Candiani se la prendeva con le sanzioni alla Russia: ebbene il Consiglio europeo ha dato ieri il via libera al nuovo pacchetto di misure contro il Cremlino, e lo ha fatto anche con il sostegno del governo italiano. Un pochino meglio è andata con l’aumento delle tasse sugli affitti brevi: la norma è stata rivista, ammorbidita, e riguarderà “soltanto” chi si affida alle piatteforme. Ma Salvini (in compagnia di Antonio Tajani) quella tassa non la voleva proprio e promette che “sarà cancellata”.
C’è poi il piano Casa, fortemente voluto dal ministro dei Trasporti. Meloni l’ha ringraziato per il lavoro svolto, ma nella manovra non c’è traccia di stanziamenti che vanno in questa direzione. Tanto che ieri Salvini stesso ha dovuto ammettere: “Un Piano Casa serio ha bisogno di finanziamenti seri, senza questi non posso farlo”. Se ne riparlerà un’altra volta, Giorgetti permettendo. Non resta allora che tassare le banche e gli extraprofitti, una norma che il fu Capitano vuole intestarsi a tutti costi. Ne parla ogni giorno, alzando il tiro. Ecco l’ultima: “Più le banche si lamentano, più presentiamo emendamenti per aumentare il prelievo. Ogni lamentela porterà a un 1 per cento di Irap in più”.
Lo dice anche in forza del mandato ricevuto all’ultimo Consiglio federale. Lo stesso del processo (in contumacia) a Vannacci, quando da via Bellerio è arrivato una sorta di ultimatum ai Team del generale. Per placare i malumori del partito ma anche per frenare lo slancio tutto, troppo, ideologico del vicesegretario al contrario. Solo che Vannacci ha risposto picche e ha già fatto sapere che “va avanti”, che i suoi continueranno a candidarsi. E che dei diktat leghisti (e di Salvini) se ne frega.