Foto Esa, via Ansa
Editoriali
Draghi e l'Europeismo possibile a Oviedo
In Spagna, l'ex presidente del Consiglio definisce il “federalismo pragmatico” di cui necessita l’Europa
A Oviedo, dove ha ricevuto il Premio Princesa de Asturias, Mario Draghi ha detto che l’Europa deve smettere di fingere di essere unita per paura di scoprire quanto è divisa. E che non servono nuovi sogni ma nuovi comportamenti, non una riforma dei trattati ma una riforma del carattere politico del continente. Ha chiamato questa idea “federalismo pragmatico”: una rivoluzione culturale. Significa costruire alleanze tra chi vuole agire, e smettere di aspettare chi non vuole o non può. Significa che Francia, Germania e Italia possono sviluppare insieme una difesa comune o una politica condivisa per i semiconduttori, senza dover aspettare il via libera di 27 governi. Che i paesi più avanti nella transizione energetica possono mettere in comune le infrastrutture per ridurre i costi.
Nel discorso di Draghi c’è la convinzione che l’europeismo, per sopravvivere, debba tornare a essere una pratica, non un sentimento. Non è “più Europa” come formula rituale, ma “più risultati europei” come metodo. Una lezione che Draghi ha imparato sul campo: l’Europa si salva solo quando funziona. E per farlo ha bisogno di velocità e di scala, non di unanimismo; di cooperazione concreta, non di burocrazia condivisa. Il suo europeismo è laico, tecnico, ma non freddo. È l’idea che la politica serva a far accadere le cose, non a giustificarne l’assenza. In un tempo in cui molti invocano la sovranità nazionale come rifugio, ricorda che l’unica sovranità possibile è quella dell’efficacia. Un europeismo che non chiede fiducia per ciò che promette, ma per ciò che realizza. Un’Europa che non ha bisogno di grandi parole o di tutti gli stati, ma di risultati misurabili: un piano energetico comune, un fondo per la difesa, un sistema industriale capace di competere con Stati Uniti e Cina. È la versione adulta del sogno europeo: “Tutti coloro che vogliono unirsi potrebbero farlo, mentre chi cerca di bloccare i progressi non potrebbe più trattenere gli altri”. Draghi non parla di ideali: parla di lavori in corso. E per l’Europa, oggi, è la forma più credibile di speranza.