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Il racconto
Meloni di "veto". Altra crepa con Tajani sul voto Ue. La freddezza di Marina Berlusconi. Il ponte di Franceschini
Attacca Schlein e Conte ma mette a disagio Forza Italia sul meccanismo di voto europeo che voleva superare il Cavaliere. Dalla legge elettorale alla manovra. Il Pd cerca la sponda di Tajani
Cribbio! Meloni si è iscritta a “Forza veto”. Si apre un’altra crepa con Forza Italia, con sir Tony Tajani, assente, in trasferta a Londra. Marina Berlusconi è fredda sulla manovra. Meloni parla al Senato e dice che la sua idea di Europa non prevede il voto a maggioranza. “Non torno indietro”. E’ per il veto, quello che usa Orban per fermare l’Ucraina. Non vuole superare il dogma dell’unanimità (il sogno del Cav. buonanima) e attacca le “maggioranze bizzarre” europee. Lorenzo Guerini, il Cautissimo del Pd, reagisce: “Così l’Europa finisce, si paralizza”. E’ tornata Meloni versione “Ue, mo te corco”.
Parla come Oriana Fallaci, la Rabbia, l’orgoglio e Meloni. Schlein? “Gravissime le sue parole. Così governerete sulle macerie”. Conte? “Aumentò le spese militari e ora dice mettete i fiori nei vostri cannoni”. Ecco il suo pamphlet: “Io non voglio un’Italia subalterna. L’Italia è dove merita di stare. In serie A”; “io lavoro per l’Occidente”; “quando Putin attacca con i droni non è solo l’Europa sotto attacco ma tutto l’Occidente”; “in questi anni l’Europa non ha fatto la sua parte”. Ce l’ha con le legge sul clima, il green deal, alla fine ce l’ha pure con Claudio Borghi della Lega che si permette di dire in Aula che non possiamo sostenere l’Ucraina e usare i soldi Safe togliendoli alla sanità italiana. Meloni per poco non gli rade, con le sue unghie, i basettoni. Marcello Pera, il filosofo, l’ex presidente del Senato, è per assegnarle la lode per la dissertazione iniziale: “Contenuti di Meloni ineccepibili, linea obbligata, tono adeguato, fermo e rassicurante”. Carlo Calenda esce dall’Aula e fa sapere ai giornali che vota insieme al governo. Povera sinistra. Francesco Boccia, il Bravo di Schlein, spiega che solo il Pd viene processato, solo al Pd viene rimproverato di votare in politica estera in maniera diversa dal M5s, “salvo dimenticare gli anni in cui Meloni votava separata da Forza Italia e Lega”. Per ben 13 volte, Meloni, era Meloni del 2014, ha votato diversamente da Berlusconi e Salvini. Solo che adesso comanda Meloni e Calenda fra un anno e mezzo è il naturale successore di Adolfo Urso. Il suo Fred Buscaglione, Fabrizio Alfano, il portavoce gaucho della premier, è convinto che il governo entrerà nel guinnes dei primati, cinque anni, cinque. I giornalisti chiedono al gaucho del viaggio di Meloni in Egitto, del primo novembre, “chi vi portate al Cairo?”, e il gaucho garantisce che l’Italia ha tutto quello che serve, “anche le mummie”. Se Meloni avesse la sua ironia, non dieci, ma forse governerebbe anche quindici.
Manca Matteo Renzi, che è il drappo rosso di Meloni, ma al suo posto ci sono Enrico Borghi (che chiede delle big tech: “Ha letto cosa pensa Marina Berlusconi?) c’è Lella Paita che alza il livello del dibattito: “Dobbiamo dire, a sinistra, che la tregua di Trump è buona è giusta”. Alessandra Maiorino, la senatrice 5s del “prezzolato” a Tajani, si sente in dovere di abbassarlo e aggiorna il registro. dà della “cheerleader di Trump” alla presidenta. E’ l’opposizione come la sogna Meloni tanto da chiudere al Senato rivolta a Maiorino: “Mi dica qual è il cinismo: usare la sofferenza della politica estera”. L’unico saggio dei 5s, Ettore Licheri, un sardo onesto, libero, che Conte vuole nominare suo vice, lo confessa: “Al momento Meloni è immarcabile. È come Messi quando giocava nel Barcellona. Fa reparto da sola. E diciamo anche che in Campania si rischia. Non è la cavalcata delle valchirie”. Si sentono al governo così immarcabili che il ministro Luca Ciriani, al question time, risponde all’interrogazione di Iv con un “la domanda è pleonastica”. Non è vero che non abbiamo bisogni di eroi. Ogni giorno ne avremmo bisogno. Meloni è l’eroe della destra e si carica il lavoro che fanno, male, gli altri ministri del suo governo. Mette una toppa, difende la sua squadra. Non dice “non funziona nulla” e fa sentire necessario anche l’ultimo dei miserabili. Abbiamo bisogno di eroi e la sinistra ne ha uno. E’ Dario Franceschini e fa scendere le lacrime quando parla, con quella sua voce lentissima, sofferente, quando si ferma e cerca la parola esatta, tenace, lucida, quando difende Schlein e dice a Meloni che è vero, “avete la stabilità inedita”, una stabilità che “è arrivata, purtroppo con voi” ma cara presidente, “più passeranno i mesi e più inevitabilmente troverà bivi in cui sarà costretta a decidere quale strada, o con Trump o con l’ Europa”. E’ Franceschini che ha il coraggio di dirle, con la calma di chi vede la vita scorrere, impietosa, che “vi accontentate dei buffetti di Trump, dei posti in seconda fila”. Vede come i vecchi ciechi di Omero il disagio di Forza Italia, perché, continua Franceschini: “I partiti suoi alleati sono, uno, moderato europeista, anche se un po' timido, l'altro sovranista e antieuropeista”. Tajani è contro la legge elettorale che sogna Meloni e Meloni gli ha mandato a dire “guarda che a perderci siamo noi di FdI e a guadagnare è Forza Italia”. Pensa Meloni che il suo sole illumina l’intera coalizione, che chi vota “Meloni premier” regala un po’ di caldo anche a Tajani e Salvini. Sta cambiando qualcosa a Milano, dalla parti di Fininvest. Tajani ha sempre dichiarato “basta con il diritto di veto in Europa”. Il vicepresidente della Camera, Giorgio Mulè, ricorda che “superare il diritto di veto in Europa fa parte della nostra elica genetica. La posizione deve essere chiara. Il tuo sì sia sì, il tuo no, no. Il di più appartiene al demonio”. Marina Berlusconi non vuole commentare la manovra e significa che non le piace. La Calipso di Franceschini è Tajani.
