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l'intervista
Arianna Meloni: “Abbiamo tenuto i conti in ordine e difeso la libertà”
Ucraina, Palestina, Europa, giustizia. La sorella della premier racconta le svolte di tre anni di governo e attacca: "Mentre i principali interlocutori in medio oriente firmavano l’accordo di pace, in Aula l’opposizione si rifiutava di votare la mozione"
Roma. “Le principali agenzie di rating ci promuovono”, dice Arianna Meloni. “La presidente della Bce Lagarde ci indica come modello”, aggiunge. E tre anni dopo il giuramento della presidente del Consiglio, per la responsabile della segreteria politica e sorella della premier è questo l’unico governo in grado di lavorare per la pace a Gaza, di contrastare Putin, di tenere i conti in ordine, e di riformare la giustizia. “Perché il referendum non sarà un test su Giorgia”. Arianna Meloni vuole ribadirlo: “La politica è una cosa seria. Non si può adattare la propria visione agli interessi di partito o alla ricerca di visibilità”. Pensa in particolare alla politica estera, vero asset della sorella minore. “Sia sull’Ucraina sia su Gaza noi abbiamo sempre mantenuto la stessa posizione. Abbiamo chiaro chi è l’aggredito e chi l’aggressore, e siamo la nazione che ha contribuito maggiormente a inviare aiuti umanitari nella Striscia. In Parlamento invece assistiamo a un paradosso”. Quale? “Quello per cui la sinistra è diventata più fondamentalista di Hamas”. Addirittura. “Sì, perché mentre i principali interlocutori in medio oriente firmavano l’accordo di pace, in Aula l’opposizione si rifiutava di votare la mozione. Paradossale, non trova?”.
Vuole dire che i veri fascisti sono loro? “Guardi, il punto è che noi non abbiamo mai paura di difendere le nostre idee, in qualsiasi piazza. Anche al fianco dell’opposizione, se serve. Ieri, per esempio, siamo scesi in piazza a sostegno di Ranucci per il vile e schifoso atto intimidatorio, in difesa della libertà di stampa. Al contrario, fa spesso tristezza che la sinistra non sia mai in grado di condannare in modo unanime violenti e teppisti”. Gli squadristi sono altri. “Noi non sentiamo mai una parola di condanna contro chi mette a ferro e fuoco le città con la scusa di una manifestazione per la pace o contro chi brucia i fantocci della Meloni. O quando un leader di un sindacato di sinistra si mette a dare della cortigiana a una donna”.
E’ possibile che in questo gioco di paradossi la sinistra sia diventata persino meno europeista di voi? Siete diventati europeisti, voi? “L’Italia è un interlocutore in grado di conferire all’Europa stessa un altro peso specifico nello scenario globale, oggi. Molte delle nostre proposte sono considerate vincenti in Ue, a partire dal nuovo approccio alla questione migratoria, grazie al quale gli sbarchi sono calati del 29 per cento e i rimpatri sono cresciuti del 52. Ma se parliamo di Europa penso ancora al cambio di paradigma introdotto dal Piano Mattei. Europa e Africa possono crescere insieme, cooperando. Ma mi permetta di dire che c’è di più”. Dica. “Uno dei successi più importanti è aver fatto ripartire l’Italia, che era piegata dall’assistenzialismo e buttava i soldi dalla finestra. Abbiamo rimesso i conti in ordine, l’economia è ripartita, l’occupazione è a livelli record, compresa quella femminile. Crescono i contratti stabili e hanno ricominciato a crescere i salari. Quando questo governo si è insediato lo spread era oltre 200 punti base, oggi è stabile attorno agli 80”. E questo ha rafforzato Giorgia in Europa? “La presidente della Bce Lagarde ci indica come modello. Il rigore nei conti ci ha permesso di investire 17,5 miliardi in più sul fondo sanitario, aumentare lo stipendio degli insegnanti, assumere più personale nelle forze dell’ordine”.
Ma c’è comunque un agguato dietro l’angolo: il referendum. Sarà un plebiscito su sua sorella? Renzi fu abbattuto da un referendum. “No, io non credo che il referendum sarà interpretato così. La riforma della giustizia è un’occasione storica per liberare la magistratura dalla politica e i magistrati dalle correnti politicizzate. Esponenti dell’opposizione sono d’accordo, seppure non hanno il coraggio di ammetterlo pubblicamente. Così come è d’accordo buona parte dell’Anm. Gli italiani aspettano da decenni”.
