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Passeggiate romane
Il fastidio per il M5s e i dubbi crescenti su Elly. Quanti crucci nel Pd
La leader dem è rimasta senza le Marche e ora rischia attacchi non solo dai riformisti, ma anche da alcune correnti a lei alleate, i cui leader mirano a condizionarla più da vicino. Mentre a Bruxelles gli europarlamentare temono di rimanere emarginati dalle decisioni che si prenderanno a Roma
Il congresso anticipato del Partito democratico, che la segretaria Elly Schlein aveva in animo di fare ancora una settimana fa è un’ipotesi ormai archiviata. Il risultato delle elezioni regionali nelle Marche è stato quello che è stato. La leader dem era veramente convinta di farcela e credeva sul serio che bastasse insistere su un tema che desta emozioni profonde, come quello delle sofferenze palestinesi, per mobilitare l’elettorato di centrosinistra, anzi, di sinistra, per poter vincere la contesa con il centrodestra. Le assise adesso sarebbero un rischio che la segretaria non può permettersi di correre, perché i suoi avversari interni affilano le armi in vista del dopo regionali. Il ritornello che si rincorre di Pd in Pd è sempre lo stesso: “Elly ha esaurito la spinta propulsiva” e ora la leader teme che qualcuno possa presentarle il conto e si rende conto che, pur non essendoci allo stato delle cose una candidatura alternativa, è meglio per lei soprassedere perché il pericolo è quello di finire sotto scacco delle mai morte correnti. E non si sta parlando solo dei riformisti ma delle aree che sostengono Schlein, che l’hanno supportata, e i cui leader vorrebbero ora, se non commissariare la segretaria, quanto meno metterla sotto la loro ala. Ipotesi, questa, a cui Schlein finora è sempre sfuggita.
Certo, non si può dire. Almeno non ufficialmente e non al Nazareno, ma un certo fastidio per l’alleato Cinque stelle cominciano a provarlo anche i dirigenti più vicini a Elly Schlein. Insomma, il fatto che quando non c’è un candidato del movimento il popolo pentastellato non vada a votare è una cosa che non viene apprezzata. E preoccupa anche un altro aspetto di questa questione. Ossia il dato degli ultimi sondaggi che danno invece il M5s in ascesa in Campania, lì dove il Pd era fortissimo con Vincenzo De Luca. “Ci manca solo che i Cinque stelle ci sorpassino alle prossime regionali”, commenta amaro un autorevole esponente dem.
Un tempo per i politici italiani andare a Bruxelles a fare gli europarlamentari era un pacchia. Stipendio, benefit e prebende assicurati, in più anche la certezza di una legislatura che non si interrompeva ogni due per tre come invece accadeva nel nostro Paese tempo addietro. Adesso, invece, il mandato all’Europarlamento non è più in voga. Non nel Pd, comunque. Matteo Ricci ha cercato di scappare e non ci è riuscito. Antonio Decaro ha fatto lo stesso ma lui si dà per scontato che abbia maggior successo. Ma anche quelli che non hanno una candidatura italiana attraverso la quale spiccare il volo da Bruxelles vorrebbero tanto andarsene. Raccontano che siano in fermento in diversi nel gruppo del Partito democratico guidato da Nicola Zingaretti. Dicono, per esempio, che sia Sandro Ruotolo che Alessandro Zan, ma anche Cecilia Strada, siano già stufi di restare a Bruxelles. Pensano che la politica Si decida a Roma e temono di rimanere emarginati dalle decisioni che Elly Schlein andrà prendendo di qui in avanti. E hanno paura che restando lassù perdano il treno delle prossime elezioni politiche, visto che in Italia il Parlamento si rinnoverà prima che in Europa. Perciò vorrebbero tornare prima del voto del 2027. Come? Questo al momento non è dato saperlo ma tra Bruxelles e Strasburgo non si parla d’altro.