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Il racconto
Meloni e il ponte con Schlein: "Vota insieme a noi su Gaza. Ferma la Flotilla". Trattativa anche sulla legge elettorale
Si incontrano a Lamezia prima dei comizi. La premier e Tajani cercano di coinvolgere l'opposizione sul piano Trump. Sullo sfondo la possibile intesa anche sulla legge elettorale "il Porcellinum". Donzelli (FdI). "Coinvolgiamo l'opposizione"
Meloni come Silvio Berlusconi: “Non è la rabbia che ci muove ma l’amore”. Pace. Si accelera, si cambia la legge elettorale. Niente Veneto (ancora) per Salvini. La premier parla da Lamezia Terme, a sostegno di Roberto Occhiuto, lancia appelli a Schlein: “La gente non è stupida, non crede a chi dice ‘Vota il Pd nelle Marche e avrai lo stato di Palestina’. Sul piano di pace mi rivolgo all’opposizione: votiamo compatti. La pace non arriva se Landini convoca lo sciopero generale”. E’ Effetto Marche. Dice Giovanni Donzelli di FdI al Foglio: “La legge elettorale si farà ed è nostra intenzione parlare con l’opposizione”. C’è la volontà, c’è la stretta di mano, ieri, all’aeroporto di Lamezia, fra Schlein e Meloni, ma c’è anche, al di là della contesa, durissima, il tentativo di collaborazione. Meloni ha promesso a Schlein, prima di salutarla: “Ti tengo aggiornata”. Le ha chiesto di usare parole per fermare l’avanzata della Flotilla. Poi è momento Pasolini.
Dice Meloni da Lamezia: “Anche oggi le nostre forze dell’ordine devono perdere tempo con questi figli di papà dei centri sociali che stanno creando problemi all’Università La Sapienza”. Tra i tanti effetti prodotti della vittoria nelle Marche? Uno. Le regole del gioco. Nuova legge elettorale. Viene definita, per semplicità, “Porcellinum” e non è altro che un Porcellum delicato, affettato dalla Corte costituzionale, la legge per avere stabilità, per vincere le prossime elezioni. Proporzionale puro, liste bloccate corte, premio di maggioranza al 40 per cento per arrivare al 55, distribuito su scala regionale, anche al Senato. Sbarramento al tre per cento. E non dispiace a Schlein. Di fatto non si avrebbero preferenze ma sempre un listino bloccato, piccolo, una lista corta di quattro nomi. Si continua a mantenere il controllo sugli eletti. La novità è che il Veneto fa parte dell’intero pacchetto, della “compensazione” per la Lega e per Salvini. Lombardia e Veneto non sono solo regioni. Sono il dazio che Salvini paga, una compensazione per conservare un presidente al nord, l’alleanza, un ruolo nel prossimo governo ma soprattutto per accettare il nuovo Porcellinum. Dicono in Lega: “Se cambia la legge elettorale viene decimata tutta la classe dirigente lombarda. Nella scorsa distribuzione dei collegi uninominali la Lega era già sovradimensionata. Meloni ha lasciato a Salvini i seggi del nord”. Si ripete da settimane che il Veneto andrà a Salvini, ad Alberto Stefani, ma ieri, l’annuncio, almeno sul palco di Lamezia Terme, non è arrivato. Si è invece presentato il solito Salvini, vannax, vannacciano: “Ci sono ancora troppi irregolari (ah, Piantedosi, santo!) e a loro dico: torna al tuo paese, cancelliamo il diritto di stare in Italia”. Ragiona FdI: “Nelle Marche la Lega non è crollata come sperava la sinistra, con Meloni non ci sarà mai un Vannacci capo popolo”. Nel dossier di partito, la nota informativa, si scrive: “Per la prima volta nella storia il centrodestra vince due volte di fila in una regione tradizionalmente rossa, con FdI primo partito nella regione”. Nel dossier si parla anche di “strumentalizzazione a fini elettorali della tragedia di Gaza”. E’ quanto scandisce poco dopo Meloni dal palco: “La gente ha capito che la mossa della sinistra era disperata”. Critica il “cinismo di chi sfrutta la tragedia per ragranellare qualche voto”. La frase che ripete la premier è: “Basta inciuci e alchimie di palazzo” e avanti con le riforme come premierato e giustizia per estirpare la “malapianta della giustizia politicizzata”. La Calabria? Meloni proclama: finisce il commissariamento di stato sulla sanità. Mentre si scrive c’è l’annuncio di Israele di entrare in azione contro la Flotilla. Domani Tajani in Aula. Meloni anticipa, con una nota: “Con il piano di Trump si è aperta una speranza che poggia su un equilibrio fragile, che in molti sarebbero felici di far saltare. Temo che un pretesto possa essere dato dalla Flotilla di forzare il blocco. Anche per questo deve fermarsi ora. E’ il tempo della serietà e della responsabilità”. Nel Pd, Filippo Sensi, come Delrio, lo dice: “Se si voterà in Parlamento sul Piano di pace sul medioriente mi auguro che si mettano da parte, le naturali, ovvie contrarietà, tra maggioranza e opposizione, si faccia uno sforzo di unità”. Lo segue anche Giorgio Gori. Ora c’è la foto di Lamezia Terme. Pace per Gaza, legge elettorale futura. Si collabora o no?