l'equipaggio

La Nave dei folli. Catalogo di varia umanità a bordo della Flotilla

Ginevra Leganza

Cecilia Strada, offesa col Pd per averle preferito Annalisa Corrardo, attivisti queer, finti fotoreporter e attiviste francesi contro la vendita di pinne da squalo. Chi c'è e chi non c'è sulle barche dirette a Gaza 

Lo spirito eroicomico, da Aramata Brancaleone, s’è fatto diluviano. Sessanta navi, quarantaquattro paesi, cinque convogli. Dodici membri del comitato direttivo che in principio – prima delle dimissioni di Greta Thunberg – erano tredici. La flottiglia è diventata una flotta vera. I membri registrati sono quindicimila. E alle soglie di Gaza, adesso, c’è chi la chiama persino Nave dei folli.

Tra i risentiti, con il clima peso e la satira che declina in dramma, pare ci sia ora Cecilia Strada, offesissima con il Partito democratico – così  raccontano da Bruxelles – per averle  preferito l’eurodem Annalisa Corrado (che, contrariamente al decreto-Flotilla, avrebbe optato per la soluzione del Vaticano: offrire aiuti attraverso Cipro e non attentare all’incolumità degli equipaggi). Regine parlamentari a parte, tra i nostri pazzi di corte spicca invece Niccolò Celesti, non parlamentare bensì fotografo a bordo della nave Snap che motteggia il cardinale Pizzaballa: “Quel Mezzaballa!”. Pare che Celesti, comunque, non abbia mai fatto il corso per imbarcarsi. E che per accreditarsi, a fine agosto, si sia presentato come fotoreporter al seguito di Francesca Del Vecchio de La Stampa. La quale, però, ha raccontato di non averlo mai visto. Mai in vita sua. (Promemoria: Del Vecchio è la giornalista espulsa anzitempo dalla missione perché ritenuta dagli attivisti “pericolosa”. All’incirca come accadeva sulle navi dei folli medievali dove i battellieri gettavano per mare i passeggeri scomodi prima del previsto). 


Ed ecco. A bordo delle sessanta navi – coordinate da Maghreb Sumud Flotilla, Freedom Flotilla Coalition e Global Movement to Gaza – non ci si sale per caso. Il curriculum è tutto. L’Italia del Campo largo conta diciotto navi dai nomi premonitori – o si spera apotropaici – quali Karma, Luna Bark, Mango, MiaMia… E sempre dall’Italia, oltre ad Arturo Scotto del Pd e Marco Croatti del Movimento 5 Stelle, si punta molto sul volto impavido di Benedetta Scuderi detta Benni, europarlamentare Avs, già sulla rampa del talk show retequattrista e strenua oppositrice degli aiuti a Cipro: “Vogliamo rompere il blocco e consentire anche ad altri soccorsi di arrivare” (se il Pd  tentenna dopo il richiamo del Quirinale, e Giuseppe Conte attende, chissà che i pesci piccoli di Avs non trovino nel sangue freddo un booster per i punti percentuali).


 Il curriculum, comunque, è tutto. Perciò tra i cugini francesi, a bordo della nave Life Support gestita in questo caso da Emergency, brilla l’omologa (di Scuderi) Emma Fourreau, eurodeputata della France Insoumise da sempre impegnata nella protezione degli ecosistemi marini. Venticinquenne già fondatrice di Sang Océan, Fourreau si oppone in Francia al commercio delle pinne di squalo. E se invece la Spagna – oltre agli attori Eduardo Fernandez e Ester Exposito – punta tutto sull’ex sindaca di Barcellona Ada Colau, il convoglio tunisino, dal canto suo, è affascinante in modo particolare. L’Islam si è qui dovuto opporre all’attivismo intersezionale di Saif Ayadi: uomo-queer che al coordinatore musulmano Khaled Boujemâa non è piaciuto tanto. A dire il vero, non gli è piaciuto affatto. Al punto che non potendolo gettare per mare (com’è accaduto ai giornalisti scomodi) Khaled ha ben pensato di scendere lui, dalla nave, e andarsene. 


I venti e le correnti, del resto, non spirano solo tra poppa e prua. Ma pure tra i folli a bordo. Dove il sospetto, la paranoia, il sentore sinistro e le inconciliabili visioni del mondo danno già un senso di tempesta perfetta. Per quanto, anche questa,  la chiamino Invicibile Armata.

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