
Ansa
Tutti pazzi per il Viminale
“Meno male che al Viminale c'è Piantedosi e non...” (pensiero sotteso a FdI)
Non si fanno nomi, ma l'opinione corre tra Palazzo Chigi e nei meandri del partito di governo. E c’è chi accenderebbe un cero ripensando ai giorni in cui la lotta per il Viminale s’era fatta durissima e dalle parti della Lega s’era alzato un certo malumore
“Matteo Piantedosi ha dimostrato di essere un grande ministro dell’Interno”, dice il deputato meloniano Francesco Filini, definendo il titolare del Viminale “uomo concreto, puntuale, reattivo nel senso migliore del termine: venendo dalle forze dell’ordine, il ministro sa che cosa significhi tenere l’ordine pubblico”. E insomma, il film (distopico) è soltanto evocato, negli ambienti del partito di governo: e se al Viminale oggi, invece del composto Piantedosi, ex prefetto, sedesse qualcun altro, un ministro mediatico nel senso non migliore del termine? Se ci fosse, per esempio, qualcuno che, di fronte alle piazze per Gaza che sfuggono di mano, nelle loro frange estreme, persino alla sinistra che in piazza scende – invece di tacere, come fa il Piantedosi introvabile in questi giorni sugli schermi dei talk show – si mette a parlare, per non dire a urlare, a schermi unificati? E insomma, dentro Fratelli d’Italia, in questo momento, si tira un doppio sospiro di sollievo al pensiero di non doversi preoccupare – oltre che delle possibili degenerazioni di un clima già esacerbato in Italia e per mare, tra le onde solcate dalla Flotilla – anche delle possibili esondazioni verbali cui altri ministri e predecessori di Piantedosi avevano abituato l’opinione pubblica.
E certo non si fanno i nomi, men che meno si nomina Matteo Salvini, l’ex ministro dell’Interno e attuale vicepremier e ministro dei Trasporti che dal Viminale faceva sentire la sua voce in modo alquanto sonoro (sugli sbarchi e non solo). Non si fanno nomi, ma il pensiero corre, tra Palazzo e Parlamento e nei meandri del partito di governo: “Meno male che la scelta è stata questa”, dice un insider. E c’è chi volentieri accenderebbe un cero ripensando ai giorni del 2022 in cui la lotta per la conquista del Viminale s’era fatta durissima e dalle parti della Lega s’era alzato un certo malumore. Ma niente, alla fine il nome era stato fatto, e non era quello di Salvini: Piantedosi, dunque, fu. E Piantedosi è stato (ed è rimasto) anche quando, nel febbraio scorso, l’esperto di sicurezza informatica Andrea Stroppa, in qualità di referente italiano di Elon Musk, s’era messo a lanciare sondaggi social ai suoi molti follower, chiedendo quale ministro dell’Interno avesse gestito meglio la sicurezza negli ultimi anni, tra Piantedosi, Luciana Lamorgese, Matteo Salvini e Marco Minniti, con un’insistenza da cui traspariva un certo penchant per un eventuale ritorno di Salvini sulla poltrona in questione.
“Piantedosi ha una lunga esperienza da prefetto, e questo per un ministro dell’Interno è un valore aggiunto”, dice Filini, descrivendo il ministro come uomo “capace, in giorni a dir poco difficili, a Milano come a Roma, di tenere tutto sotto controllo e decidere al meglio”. Anche quando, questo è il concetto, durante i disordini, nel capoluogo lombardo, più di settanta agenti sono stati feriti da gruppi di infiltrati violenti (dai “maranza” in giù). Piantedosi osserva e monitora, in stretto contatto con il Quirinale, dicono, convinto com’è, “per fortuna”, pensano anche nel Pd, che l’ordine pubblico “non vada imposto ma mantenuto”, e che quindi si debba prevedere senza grancassa, e contenere, se possibile, per scongiurare il rischio che la singola testa calda passi ai fatti. Ed è allora triplo sospiro di sollievo presso il quartier generale di FdI, dove nessuno vuole immaginare lo scenario (distopico) di un Viminale condotto in questi giorni da un caterpillar. “Piantedosi è molto apprezzato nel partito”, dice il deputato Filini, mentre tra i meloniani aleggia sottotraccia un: “Pensa se lì ci fosse un altro...”.