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L'editoriale del direttore
Trump è una tragedia per Meloni
I conflitti non governati, con effetti sull’Italia. La guerra commerciale, con conseguenze sul nostro pil. E il prossimo guaio: profughi in arrivo in Europa a causa dei tagli all’Unhcr. Storie di una sciagura e di amicizie senza risultati
La tragedia di Trump, per il mondo libero, è un problema niente male, non solo per tutti quelli che Trump lo hanno visto arrivare, come si direbbe oggi, ma anche per tutti quelli che Trump, pur vedendolo arrivare, non si sono mai preoccupati più di tanto, e che anzi, sotto sotto, pensavano che la minaccia arancione sarebbe stata un pericolo a parole e un po’ meno nei fatti. Tra i teorici della possibile normalizzazione di Trump, o se volete della possibile melonizzazione di Donald, ove per melonizzazione si intende quella particolare alchimia politica attraverso la quale un politico eletto con l’idea di fare A si ritrova coerentemente a governare seguendo l’idea B, vi è stata a lungo Giorgia Meloni, portata in ogni dove da Trump su un palmo di mano, ed è da mesi che la premier italiana cerca disperatamente e generosamente di convincere i suoi interlocutori, e forse anche se stessa, della necessità di giudicare Trump non per le cose che dice ma per le cose che fa. Arrivati a questo punto della storia possiamo dire che l’esperimento meloniano non ha funzionato bene e anzi, al contrario delle attese, quello che ha fatto finora è stato persino peggiore rispetto a quello che aveva promesso.
E ad accorgersene, del disastro trumpiano, non sono solo i paesi guidati da leader mai stati amici ma anche quelli guidati da leader tuttora amici. Il presidente del Consiglio Giorgia Meloni, tanto per non fare nomi, da mesi, in silenzio, senza poterlo dire apertamente, osserva sempre con maggiore preoccupazione l’azione del teoricamente amico Trump, non solo rispetto a quelli che sono gli effetti delle sue politiche in giro per il mondo – il presidente americano, come è noto, aveva promesso di chiudere le guerre nel giro di quarantotto ore, sono passati 248 giorni e le guerre non sono mai state così incerte come oggi: la Russia, da quando Trump è alla Casa Bianca, ha iniziato a portare le sue incursioni militari anche in giro per l’Europa, e ieri persino in Alaska, dove gli Stati Uniti sono stati costretti a schierare quattro F-16 per intercettare bombardieri russi che avevano sconfinato nello spazio aereo americano, e dall’altra parte l’assedio di Israele a Gaza non è mai stato così violento da quando Trump è alla Casa Bianca, con prospettive di pace che se sono presenti sono tenute ben nascoste dai protagonisti della guerra.
Il disordine che Trump ha contribuito a generare in giro per il mondo ha un riflesso anche sull’Italia, naturalmente, ma arrivati a questo punto della storia bisogna provare a entrare nella testa di Meloni, anche mettendo insieme qualche notizia, per capire le ragioni della disperazione della premier, quando sente nominare Trump. Trump ha creato problemi all’Italia per via della sua guerra commerciale all’Europa, ed essendo l’Italia il secondo paese per esportazioni dell’Europa la guerra commerciale è soprattutto una guerra all’Italia. Trump ha creato problemi all’Italia per via della spinta a dover investire nelle spese militari con urgenza, ed essendo l’Italia un paese particolarmente inadempiente rispetto ai target Nato si capisce che le richieste fatte alla Nato sono prima di tutto richieste fatte all’Italia. Trump ha creato problemi all’Italia per via degli effetti generati dai disordini commerciali creati in giro per il mondo e non ci vuole molto a capire che mettere sotto stress l’economia europea da parte di Trump significa mettere sotto stress l’economia di paesi a crescita debole come è l’Italia che da due trimestri registra una crescita vicina allo zero.
Trump ha creato problemi all’Italia per via dell’approccio scelto nei confronti dell’Ucraina, approccio che nelle ultime quarantotto ore è cambiato in attesa che cambi di nuovo, e non ci vuole molto a capire cosa significhi per un paese che ha sempre avuto qualche difficoltà a parlare del proprio impegno a difesa dell’Ucraina non poter escludere un intervento militare a difesa dell’Ucraina del futuro: non dentro l’Ucraina, ma ai suoi confini. Trump ha prodotto molti cortocircuiti nel governo Meloni, quasi infiniti, e la stessa presidente del Consiglio non può non essersi accorta che la sua amicizia con Trump ha finora portato lo stesso numero di titoli che l’Inter ha incassato lo scorso anno, zeru. Ma il cortocircuito più importante è forse quello che ancora non si vede ed è un cortocircuito mille volte più clamoroso di quello a cui è stato costretto il governo con la flottilla: scortare le ong nel Mediterraneo dopo aver teorizzato a lungo la loro pericolosità. Il cortocircuito riguarda un dettaglio sottovalutato dell’agenda Trump che ha a che fare con la battaglia che forse sta più a cuore ai trumpiani italiani: l’immigrazione.
Trump, come sapete, ha colpito l’Unhcr, l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, con tagli drastici: ha sospeso i finanziamenti esteri, ha ridotto i contributi americani che coprivano il 40 per cento del bilancio e ha smantellato UsAid, l’agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale, lasciando senza fondi milioni di rifugiati in Africa e nel Sahel. I campi profughi ora, come sanno alla Farnesina e come sanno i servizi italiani, rischiano il collasso, con conseguenze dirette per l’Italia: più instabilità significa più flussi migratori verso il Mediterraneo. E se dovessero esserci più flussi migratori nei prossimi mesi diretti verso l’Italia, i trumpiani all’amatriciana avrebbero di fronte a sé una realtà difficile da negare: più Trump cercherà di declinare il suo populismo più sarà un guaio per tutti, compresi i paesi guidati da leader coccolati dal presidente americano, che in attesa di raccogliere qualche frutto di questa amicizia al momento non possono fare altro che disperarsi per dover fare i conti con una tragedia di nome Trump. Make delirio great again.