San Francesco Mania. "Basta appropriazioni del santo per fini politici", dice padre Francesco Piloni

Ginevra Leganza

In Parlamento votano (quasi) tutti la proposta per il ripristino della festività nazionale del 4 ottobre. E tutti, dal la maggioranza al Pd ai 5 Stelle, vogliono appropriarsi del santo

Roma. Più che un miracolo, una mania. Libri, saggi, documentari. Commoventi proposte di legge. Sotto il cingolo e sotto il saio c’è un emiciclo. Sicché tutti votano, in Parlamento, la proposta di legge di Maurizio Lupi per il ripristino del 4 ottobre festa nazionale (fa eccezione, naturalmente, il neo repubblicano illuminista Carlo Calenda). 


L’appropriazione del Santo di Assisi supera così ogni steccato politico. Piace alla destra patriota, piace alla sinistra ambientalista, piace al centro cattolico e nondimeno chimerico. Ma alt. Perché se anche gli uomini di Giuseppe Conte, più degli altri, s’ammantano ora di grigio-cinerino (e spiegano d’aver votato la proposta “con la maggioranza ipocrita” perché proprio il Movimento 5 stelle nacque il 4 ottobre 2009), c’è chi da Assisi non gradisce. “I 5 stelle francescani? San Francesco se la ride”, dice al Foglio padre Francesco Piloni che dei Frati Minori di Umbria e Sardegna è ministro provinciale e dunque responsabile del luogo più sacro della famiglia francescana: la chiesetta della Porziuncola nella Basilica di Santa Maria degli Angeli. “Sono appropriazioni indebite e insensate che stravolgono il messaggio del Santo. Ma San Francesco, appunto, resta libero”


Libero e non patrono dei Fratelli bensì d’Italia. Libero e dunque svincolato dal Partito democratico che nel fondatore dell’ordine – e inventore del presepe – vuol vedere il santo pacioccone amico dei poveri ipso facto migranti. Libero, soprattutto, da chi lo reclama a sé come i pentastellati che nell’arco costituzionale si sentono i più vicini – nacquero francescani e morirono gesuiti, Grillo dixit. 


“Libero da spot politici che non c’entrano niente con la libertà assoluta di San Francesco”, ribadisce il “custode” del santuario di Assisi dove l’uomo si convertì e divenne santo. “Che qualcuno, nella politica italiana, si definisca ‘francescano’, appropriandosi indebitamente della sua santità, è sintomatico…”. Di cosa? “Del bisogno di avere con sé un testimone”. Che forse manca? “Sicuramente la politica ha bisogno di adulti credibili. Ma San Francesco non è il patrono di un partito o di un movimento. E’ importante ribadire la libertà totale di chi ha dato alla vita il senso della restituzione e non del possesso. Perciò mi viene da ridere quando un’ideologia politica viene piegata al suo insegnamento e se ne appropria”. In questo il pauperismo ha gioco più facile, forse. “Ma San Francesco è riuscito a tenere insieme una lettura orizzontale del mondo con un orizzonte verticale. Con i valori del cielo e del Vangelo”. 


Tuttavia non è solo la politica ad affatturarsi del mistico e poeta. I più importanti divulgatori italiani, da Aldo Cazzullo a Alessandro Barbero, sono prossimi in libreria con due saggi. Roberto Benigni ha scritto un libro sul Cantico delle creature. Il poeta Davide Rondoni si cimenta in un “faccia a faccia” dal titolo “La ferita, la letizia”. Il due ottobre, poi, a Palazzo Chigi, ci sarà una conferenza per il centenario. “E’ una vivacità che esiste ancora”. E della proposta di festa nazionale, cosa pensa? “Ha messo d’accordo tutti, o quasi. Noto che nasce nell’ambito dell'ottavo centenario della morte. E’ una proposta che ha senso, certo. Ma solo se la piega non è partitica, lo ripeto. Solo se al centro mettiamo lo sguardo di San Francesco”. E ci svestiamo quindi del saio, presumendo stia bene su tutto.

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