
Meno uno. Ruffini non fa la spalla di Silvia Salis e diserta la Leopolda
L'ex capo dell'Agenzia delle entrate ha fatto sapere che non ci sarà al convegno del 3 ottobre. Franceschini lo sponsorizza, Prodi lo incoraggia. Ma lui niente: non vuole mettersi dietro la sindaca di Genova, astro nascente convocato da Renzi a inaugurare la Casa riformista
Dal "Più uno", titolo del suo libro, al "meno uno". Ernesto Maria Ruffini ha fatto sapere che non ci sarà alla Leopolda del 3 ottobre. Ha rifiutato l'invito. È certissimo. Non vuole mettersi dietro Silvia Salis, astro nascente convocato da Matteo Renzi a inaugurare la Casa riformista. Ernesto Maria Ruffini, con tutti quei cognomi, non fa il numero due di nessuno. Non fa la spalla. Nemmeno di Gaetano Manfredi. Nemmeno di Alessandro Onorato. Lui fa il protagonista. Sempre.
Una voce vicina racconta: “Ruffini non vuole fare il capo della Casa riformista. Vuole fare il capo di tutto”. E un’altra ancora, assai ironica e di Italia viva: “Egli non si spiega perché Guterres non si sia ancora dimesso lasciandogli l’Onu”. Malizie.
Eppure non è la terza gamba che perde un tassello, se ne farà una ragione. È forse piuttosto la sproporzione irresistibile tra l’assenza di un voto reale e la certezza di un destino planetario. Già in passato qualcuno aveva notato questo scarto. Più che un ingresso in politica, la sofferenza di un uomo convinto che la politica gli spetti come vocazione naturale, anche quando forse non c’è nessuno disposto a seguirlo tra gli elettori. Ma chissà.
Ora Dario Franceschini lo sponsorizza, Romano Prodi lo incoraggia. Pare che entrambi gli abbiano detto: vacci alla Leopolda. Gli hanno pure telefonato. Ma lui niente. Agli amici dice: “La Salis è brava, ma non ha esperienza. È appena uscita dal Coni, fa da pochi mesi la sindaca di Genova… e che fa ora? Si mette a parlare di politica estera?”.
È la scena tipica. Ruffini che guarda il palco della Leopolda, la Casa riformista e la terza gamba del centrosinistra, come fossero un oratorio di quartiere, inadatto alla sua statura. Non lo interessa. A lui interessa il mondo. Non il seggio, ma il seggio permanente. Non la platea, ma la platea globale. Non la leadership del centro, ma il posto di Elly Schlein a capo della coalizione. Tuttavia dal “Più uno” al “meno uno” è un attimo.