
Ansa
La sinistra e Gaza
La protesta per la Palestina corre fuori dal Parlamento. E Pd, M5s e Avs devono inseguire
Il fronte progressista scavalcato dalle forze extraparlamentari nelle piazze per Gaza. Il sondaggista Gigliuto: "Gli attuali leader non sono percepiti come capipopolo". Usb intanto annuncia nuove mobilitazioni. Marta Collot, portavoce di Potere al popolo: "Il centrosinistra è ipocrita, non è credibile"
Quando la premier Giorgia Meloni accusa il fronte progressista – Pd, M5s e Avs – e la Cgil di Landini, di strumentalizzare la situazione a Gaza per colpire il suo governo, non ha forse tutti i torti. Se non altro è quello che pensano in molti anche nella sinistra radicale, quella che organizza da mesi manifestazioni per la Palestina e che ha portato in piazza oltre 500 mila persone. Se n’è avuta una prova, un’altra volta, due giorni fa davanti a Montecitorio in occasione del presidio in solidarietà alla Global flotilla. L’intervento della sindacalista della Cgil è stato contestato al grido di “venduti, venduti”. La protesta corre insomma al di fuori dei canali parlamentari e istituzionali della sinistra, che oggi si ritrova a inseguire. “E’ anche una questione di credibilità”, gongola Marta Collot, portavoce di Potere al popolo.
Nello stesso sit-in in cui la Cgil è stata fischiata le bandiere dei partiti erano poche, nonostante fossero numerosi i parlamentari d’opposizione presenti, anche di prima fascia. D’altra parte, solo qualche giorno prima si era avuta una dimostrazione chiara di chi in questa fase guida la mobilitazione per Gaza: lo sciopero indetto da Usb, insieme ad altre forze di base, ha portato in piazza centinaia di migliaia di persone. Un successo reso ancora più evidente nel confronto con l’iniziativa di Landini del venerdì precedente, che ha avuto un’eco molto minore. Ieri inoltre a Taranto i militanti dell’Usb hanno bloccato il transito di una nave che trasporta petrolio, destinato all’aviazione israeliana. Qualcosa di simile è accaduto negli scali di Ravenna, Livorno e Genova nei giorni scorsi. Azioni di boicottaggio (che si legano ai prossimi presidi permanenti annunciati in 100 città e all’idea di un altro sciopero generale (“a sorpresa”) che hanno trovato sponda nelle università fino a incrociare un sentimento politico e sociale, sempre più diffuso (e non solo a sinistra) per la Palestina.
Marta Collot lo spiega così: “C’è stata una risposta trasversale e popolare, che ha intercettato la necessità delle persone di organizzarsi per fare qualcosa di concreto, al di là dei proclami. E poi c’è anche un dato di credibilità, rispetto agli altri soggetti in campo”. Il riferimento è al centrosinistra. “Provano a giocarsi la partita in modo strumentale, ipocrita. I partiti che oggi fanno i barricaderi sono gli stessi che hanno votato per il riarmo o sono a favore della Difesa europea. E se oggi parlano di genocidio lo si deve anche alla battaglia che noi portiamo avanti da due anni”, dice ancora Collot. Che ne ha anche per Avs: “Sono alleati di un partito guerrafondaio come il Pd. La credibilità va sostanziata dai fatti”. Il successo dello sciopero di lunedì, conclude la portavoce di Potere al popolo, “deriva dalla radicalità, dalla chiarezza delle nostre posizioni e delle nostre richieste”.
Non è questa tuttavia l’unica chiave di lettura. Il sondaggista Livio Gigliuto, presidente dell’Istituto Piepoli parte da una premessa: “I due terzi degli italiani sono a favore del riconoscimento della Palestina”. Ed è un sostegno trasversale. “Gli elettori di maggioranza e opposizione sono per la maggior parte schierati più a favore dei palestinesi che di Israele. Se la politica prova a dividersi su Gaza non segue l’elettorato”. Il livello dello scontro politico tuttavia continua ad alzarsi. E’ forse per questo che alle iniziative della sinistra istituzionale molti cittadini hanno preferito quelle organizzate dalle realtà al di fuori del Parlamento? “C’è una quota extraparlamentare, che si definisce anti sistema e non si riconosce in nessun partito. Parliamo comunque di una percentuale molto marginale”. Il sondaggista nota inoltre come “gli attuali leader non siano percepiti come capi popolo, come soggetti che ti portano in piazza. E poi, la gran parte della gente era lì a manifestare per la causa palestinese, sposando questa battaglia al di là dei partiti, di Conte o Schlein”. Gigliuto infine rileva come la mobilitazione di lunedì, sebbene indetta da sigle politiche, non fosse percepita nel racconto dominante come legata alle bandiere dei tradizionali partiti. “Ma piuttosto come una manifestazione verticale sulla questione Gaza, meno intrecciata al dibattito politico. In questo senso è riuscita a intercettare le istanze di chi è sceso in piazza”. Il risultato sono state piazze piene in molte città italiane, oltre 500 mila manifestanti e qualche disordine.
In particolare a Milano, dove gruppi antagonisti, facinorosi e cosiddetti “maranza” si sono mischiati scatenando una guerriglia con la polizia – e ingenti danni – nel tentativo di bloccare la stazione. Quando a giugno il fronte progressista organizzò una importante manifestazione unitaria per Gaza – con numeri non più replicati – la vigilia fu segnata da timori di scontri e infiltrazioni. I partiti riuscirono a canalizzare il malcontento, non ci furono episodi di violenza o antisemitismo. Un rischio che inevitabilmente cresce quando le forze in Parlamento non riescono a rappresentare il dissenso.