Il caso

Meloni doppietta e testamento. Dopo le Marche via libera alla Lega in Veneto in cambio della Lombardia

Simone Canettieri

La premier punta alla riconferma di Acquaroli e Occhiuto. Trattative con Salvini per mettere nella nota che confermerà il dopo Zaia alla Liga il prossimo riequilibrio al nord 

Veni, vidi, vici. Convinta che ogni elezione regionale abbia la sua pena, Giorgia Meloni procede a piccoli passi. Intanto punta a portare a casa il 2-0. A confermare cioè le Marche con il “fratello” Francesco Acquaroli,  lunedì,  e poi la settimana dopo blindare la Calabria con l’azzurro Roberto Occhiuto. La prima sfida è quella più sentita per la premier: rischia di essere l’unico avamposto di questa tornata sopra a cui potrà issare la Fiamma. I sondaggi, seppur ballerini per definizione, la tranquillizzano. Nelle Marche potrebbe compiersi per Meloni la massima di Giulio Cesare: la leader in questa regione si è presentata due volte (piccolo record) e forse lunedì c’è chi dice che potrebbe presentarsi in caso di successo ad Ancona. La mattina è attesa al Global Summit del World Travel & Tourism Council,  organizzato dalla ministra Daniela Santanchè. L’ipotesi di un blitz per quanto complicato circola in Parlamento, ma le quotazioni sono, forse per scaramanzia, in ribasso. Martedì se Acquaroli sarà succeduto a se stesso, con il sorriso dei giorni migliori la premier sarà in Calabria, a Lamezia, per il comizio dei leader del centrodestra per Occhiuto. Dopo cinque giorni l’ultima parola spetterà alle urne: Meloni accarezza la doppietta.  


E’ questo il miglior viatico per sbloccare il Veneto, il tormentone dei tormentoni che ha appassionato gli amanti del genere. Chi sarà il nuovo candidato governatore dopo Luca Zaia? Toccherà ancora alla Lega o sarà il turno di Fratelli d’Italia in versione benvenuti al nord-est? Se non ci saranno sorprese, con un atto di generosità politica, Meloni è pronta a confermare la regione al Carroccio, anzi alla Liga. A patto che nel comunicato ufficiale sia ribadito che questa scelta rientra in un prossimo riequilibrio dei partiti del centrodestra nelle regioni del nord. In poche parole la leader vorrebbe mettere nero su bianco – in una sorta di testamento politico – che la Lombardia finirà a FdI. L’idea è di usare una formula vaga senza citare la parola Lombardia, ma lasciandola intendere, per evitare che Matteo Salvini incassato il Veneto si trovi subito a sedare un’altra rivolta, questa volta tra i lumbard. L’escamotage gira da qualche giorno, ma si è deciso di rinviare tutto a dopo le regionali e soprattutto a dopo Pontida. L’idea dello scambio,  sebbene iper ventilato in ogni angolo del Transatlantico, avrebbe turbato la festa della Lega e quindi l’appuntamento clou di Salvini. Capito perché Meloni procede per piccoli passi? Così piccoli, ma indispensabili che alla fine dovrà anche scegliere i candidati governatori in Campania e Puglia, sfide date per perse (o molto in salita) sulle quali regna ancora una cappa di misteri, con nomi bruciati sui giornali che durano lo spazio di un mattino e senza nessun politico che alla fine voglia immolarsi. Il via libera alla Lega in Veneto (con Alberto Stefani) si porterà dietro anche gli ultimi due tasselli del puzzle mancante.

 

Sullo sfondo, con Meloni che potrebbe portare a casa solo la riconferma di un feudo che già annoverava, si insinua con forza il derby strisciante fra Lega e Forza Italia per la medaglia d’argento. Nelle Marche il primo assaggio di questo derby. Cinque anni fa, ma era un altro mondo, il partito di Salvini prese il 22, 4 per cento, primo della coalizione, mentre quello di Berlusconi arrivò al 5,9. Due anni dopo alle politiche, sempre nelle Marche, alla Camera il Carroccio precipitò al 7,9 tallonato dagli azzurri al 6,8.  Un vantaggio di circa un punto confermato anche alle ultime europee  con la Lega all’8,19 e  FI al 7.  In queste ore gli uomini di Antonio Tajani sognano il colpaccio. E cioè il sorpasso. Il coordinatore azzurro in questa regione è il deputato Francesco Battistoni, braccio destro del ministro degli Esteri, con le idee chiarissime sul risultato da portare a casa. Ma l’importante per tutti, a partire da Meloni, è che in queste due settimane si concretizzi il 2-0. Il resto sono (quasi) dettagli.                     

  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.