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Il “colpo doppio” di Schlein con Bersani in Fondazione Demo
Preoccupata per le primarie, da una parte la segretaria vuole evitare che gli ex Articolo 1 votino Conte nei gazebo. Dall’altra, visto che in Toscana Giani difficilmente le farà il favore di sostenerla senza se e senza ma, la leader si vuole assicurare almeno il voto degli emiliani
Elly Schlein ha in animo di cambiare la guida della Fondazione Demo, la fondazione del Pd. E non perché abbia dei problemi nei confronti di Nicola Zingaretti, che attualmente la dirige. Piuttosto perché l’ex segretario dem ora è capogruppo del partito al Parlamento europeo e quindi molto impegnato tra Bruxelles e Strasburgo. Il nome che la leader ha in mente per il prossimo presidente della fondazione è quello di Pier Luigi Bersani. E c’è un motivo se Schlein punta proprio su di lui. Anzi, di motivi, a dire il vero, ce ne sono ben due. Da una parte la segretaria del Partito democratico, ragionando già sulle eventuali primarie che si dovrebbero tenere per scegliere il candidato premier del campo largo, teme che gli ex Articolo 1 possano essere tentati di votare Giuseppe Conte nei gazebo. E’ il leader dei 5 stelle, infatti, il vero competitor della segretaria. Con Bersani, Schlein spera di arginare eventuali fuoriuscite di consensi di Articolo 1 verso l’ex presidente del Consiglio. Dall’altra Schlein sta puntando molto sull’Emilia-Romagna, sempre in funzione delle prossime primarie (semmai ci saranno).
Emiliani sono alcuni suoi fedelissimi nei posti chiave ed emiliano, come è noto, è anche Bersani. Ed è l’Emilia-Romagna (oltre alla Toscana) la regione che mobilita un maggior numero di elettori al voto nei gazebo. Visto che in Toscana Eugenio Giani difficilmente le farà il favore di sostenerla senza se e senza ma, Schlein si vuole assicurare almeno il voto dell’Emilia-Romagna. Sperando che anche il presidente della regione le dia una mano. Ma anche se il presidente di quella regione, Michele De Pascale (che non era presente al comizio della leader per la chiusura della festa dell’Unità) non dovesse impegnarsi troppo a convogliare consensi a favore della segretaria, Schlein non si troverebbe spiazzata, avrebbe dalla sua un pezzo di partito emiliano e un leader che, pur anziano, come Bersani, gode ancora di un grande consenso presso il popolo del Partito democratico.
Alcuni parlamentari del Pd si sono assai stupiti dell’attacco ad alzo zero della segretaria Elly Schlein contro lo spot elettorale di Giorgia Meloni, ospite di Mara Venier su Rai 1. La leader del Partito democratico critica duramente la presidente del Consiglio ogni volta che può. Ma questa occasione era stata organizzata anche dall’Anci che, notoriamente non è vicina al centrodestra. L’Associazione nazionale dei comuni italiani è tra i protagonisti dell’iniziativa intitolata “il pranzo della domenica” alla quale la premier ha preso parte e che è stata pubblicizzata, previo accordo, dalla tv di stato. I più maligni tra i dirigenti dem sostengono che Schlein non si sia curata di questo perché, tutto sommato, far finire nel mirino anche il sindaco di Napoli, nonché presidente dell’Anci, Gaetano Manfredi, non le dispiace affatto. La segretaria, convinta com’è che più di uno nel centrosinistra voglia farle le scarpe come candidata premier delle opposizioni, ha individuato un possibile avversario anche nel primo cittadino del capoluogo partenopeo. Senza contare il fatto che Manfredi è anche in più che ottimi rapporti con Giuseppe Conte. E’ stato lui che ha convinto il leader del M5s a candidare Roberto Fico, tanto per dirne una. E al momento delle primarie, se anche non fosse in gara per la candidatura, il sindaco di Napoli chi aiuterebbe? La segretaria del Pd o il suo ex presidente del Consiglio? Bella domanda. Dicono che il tortellino magico di Schlein tema che Manfredi darebbe una mano a Conte. Quindi colpirlo, anche se di striscio, sullo spot in tv, non rappresentava un gran problema…
C’è una frase, pronunciata sabato mattina alla riunione di Energia popolare da Stefano Bonaccini, che ha fatto andare su tutte le furie l’ala più riformista di quella corrente. E’ stato quando il presidente del Pd ha detto: “Ci sono i riformisti di popolo e ci sono i riformisti di palazzo”. L’arrabbiatura è dovuta alla velata minaccia contenuta in quell’affermazione. Infatti quello che intendeva veramente dire Bonaccini è traducibile più o meno così: voi Guerini, Picierno, Quartapelle, Sensi, provate pure a mettere in piedi un’altra area, tanto dai territori non vi seguirà nessuno perché quelli stanno con me, voi siete leader senza voti.
