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Ragazze d'Italia
Chi è Caterina Funel, la possibile prossima guida dei giovani meloniani
Non è una nuova arrivata post-liceo e, dicono, “conosce GN come le sue tasche”. Ha abitato alla Garbatella come la premier e milita in FdI da quando ha quattordici anni, specializzandosi nella gestione dei grandi eventi di partito, da Atreju in giù
Sul palco con Arianna Meloni, qualche giorno fa, nel corso di “Fenix”, la festa di Gioventù Nazionale, sedeva come intervistatrice una ragazza bionda, Caterina Funel, classe 1995, responsabile della segreteria amministrativa e dell’organizzazione di GN. Funel è la ragazza che molti (anche se non tutti), in FdI, vedrebbero come futura leader del settore giovanile, da anni guidato da Fabio Roscani, deputato, oggi trentacinquenne, e dunque vicino al limite d’età per la guida di un’organizzazione 18-35. Caterina non è una nuova arrivata post-liceo e, dicono, “conosce GN come le sue tasche”. E’ bionda come Giorgia Meloni, ha abitato alla Garbatella come la premier e milita in FdI da quando ha quattordici anni, specializzandosi nella gestione dei grandi eventi di partito, da Atreju in giù. E’ bionda come Giorgia, sì, ma non per questo il suo percorso è segnato (“di Meloni ne nasce una ogni cento anni”, scherza un osservatore, convinto che le ambizioni delle aspiranti front-woman in FdI debbano fare i conti con la “necessaria forza del carattere”).
In origine, però, Funel si è fatta strada come “underdog” a scuola, quando si sentiva fuori dal branco rispetto ai compagni di sinistra, sognando di poter tirare fuori un giorno la forza della sua eroina, la protagonista di “Hunger games”. “In un mondo filtrato e veloce”, dice per presentarsi online, “la violenza non può diventare moda. La mia storia inizia nel 2011 e oggi continua con l’impegno a guidare i giovani verso esempi positivi, lontani da bullismo, vandalismo e droga”. Racconta così il suo inizio: “Ho iniziato a fare politica nel 2011, a Garbatella, dopo che un attentato dei black block distrusse la casa di mio nonno, generale in pensione. Il giorno dopo, a scuola, sentii commenti di elogio per chi aveva messo a ferro e fuoco Roma. Mi ferì profondamente. Nella mia sezione ho imparato che la rabbia non serve: serve costruire”. Il suo pallino, dice chi la conosce, è il contrasto alla smania di apparire dei suoi coetanei, il cui disagio nel mondo “veloce, digitale e filtrato” dipende anche dalla facile tentazione di “anestetizzarsi”: va bene avere opinioni diverse, è il concetto, ma tutto è meglio del farsi gregario pur di ottenere un like.
